UGUAGLIANZA Vò CERCANDO

Basterebbe un solo dato: il tasso di mortalità infantile che si registra a Cuba è inferiore a quello della media negli Stati Uniti. Cioè a dire, uno Stato che vive da mezzo secolo sottoposto a embargo commerciale, politicamente ed economicamente assediato, che ha vissuto periodi di crisi dovuti anche alla caduta di una delle potenze mondiali che lo sostenevano – vogliamo fare un paragone? Che ne sarebbe di Israele, sotto tutti i punti di vista: economico, militare, sociale; se domani gli Usa crollassero di colpo e, con essi, cessassero tutti i finanziamenti, gli aiuti e gli appoggi politici e diplomatici di cui Tel Aviv gode dal 1948? – messo a confronto con la nazione più ricca, nel complesso, del mondo, garantisce ai propri figli un’aspettativa di vita infradecennale mediamente superiore. Attenzione all’avverbio.

Mettiamo per un momento da parte il concetto di libertà, che in sé e per sé non significa un bel niente (oppure, parliamone per un breve inciso: un cittadino americano che vive in una roulotte nel Mid West, tagliato fuori dalla tutela sanitaria pubblica e che da un giorno all’altro rischia, perdendo il lavoro, che una finanziaria o una banca gli porti via quella miserabile catapecchia che chiama casa, è più libero di un cittadino cubano?). Il dato sulla mortalità infantile ci dice che l’economia cubana è più ricca di quella statunitense? Che le riserve auree di L’Avana sono superiori di quelle della Federal Reserve? Ovviamente no ed è proprio questo il punto focale: gli Stati Uniti sono, per forza di cose, incomparabilmente più ricchi di Cuba, con ciò intendendo che complessivamente producono e detengono una quota di ricchezza al cospetto della quale non vale neppure la pena, per un cubano, di provare a fare raffronti. Allora, come si spiega il dato terrificante sulla mortalità infantile? Con una sola parola: diseguaglianza.

Il dato, riferito agli Stati Uniti, ci parla di percentuali medie – l’avverbio!: il che sta a significare che certamente a New York, in larghe parti della California, che so probabilmente nello Stato di Washington e in qualche altro Stato dell’Unione, la mortalità infantile è inferiore a quella cubana; ma significa anche che per la maggioranza degli altri Stati e della popolazione, la percentuale si capovolge e verosimilmente è disomogenea anche là dove c’è maggiore ricchezza media (New York eccetera). Ora, senza tirare di nuovo fuori la solita storiella del mezzo pollo a testa di cui godiamo nel mio Paese, ma se il mio vicino ne ha tre di polli vuol dire che oltre al mio mezzo s’è preso pure quelli di altri quattro sventurati come me e però la media è quella, è evidente che stiamo parlando puramente e semplicemente di diseguaglianza.

Cioè i cittadini cubani – e, di conseguenza, i loro neonati – godono di un’assistenza, di un livello di preparazione dei medici ostetrici e pediatri, insomma di un trattamento sanitario di prevenzione e cura mediamente migliore di quella di cui godono quelli americani, il che solo apparentemente è paradossale. Perché il fatto che i loro omologhi americani vivano nello Stato con l’economia più ricca del pianeta e che, ciò malgrado, si registri il dato di cui sopra, non può che spiegarsi con la diseguaglianza, che ha come dato presupposto (e che, allo stesso tempo, la alimenta) il sistematico e progressivo affluire di ricchezza in sempre meno mani, a discapito della crescente maggioranza degli altri consociati.

E’ questa una delle cose, probabilmente la principale, che la Sinistra in Europa e nel mondo non capisce – o non vuole capire, avendo accettato l’economia di mercato come dato unico, immutabile e non discutibile delle nostre vite e di quelli che verranno dopo di noi. Non capendo questo, o rifiutandosi di farlo, non si spiega (non può) per quale ragione i movimenti e partiti cosiddetti ‘populisti’, da lungo tempo ormai, facciano il pieno di voti negli strati sociali che più avrebbero interesse proprio a una politica egualitaria e, perciò stesso, DI SINISTRA; sono passati più di vent’anni e ancora a Sinistra non si spiegano (quelli come Filippo Ottone se lo – e ce lo – spiegavano, eccome) come sia stato possibile, tanto per fare un esempio che è paradigmatico, che cittadini lombardi, per tradizione di Sinistra, abbiano votato Lega e, al contempo, in molti di loro erano e rimangano iscritti alla CGIL. Che ciò avvenga perché la Lega li tutela sotto il profilo politico, mentre il sindacato li tutela sotto il profilo del lavoro e della previdenza, e che insomma questa gente manifesti apertamente il BISOGNO di sentirsi tutelata, di fare sentire la propria voce nelle sedi istituzionali (perché lo spirito dell’economia di mercato era, è e rimane l’ognuno per sé e se sei povero vedi di rinascere ricco nella prossima vita), deve sembrare una spiegazione troppo semplice per il trust di cervelli che ha preso possesso, illegittimamente, dei simboli e dei nomi della Sinistra in Italia. Per cui non ci pensano e non agiscono di conseguenza.

Senso di solitudine, disagio, mancanza di prospettive, abbruttimento culturale, sono aspetti del declino sociopolitico occidentale che dovrebbero fare riflettere, invece di appioppare etichette di populismo e sperare così di cavarsela. Chi ci interessa, chi ci DEVE interessare di più? Marine le Pen, Grillo, Trump? O non dovrebbero piuttosto essere i milioni di cittadini delusi dalla Sinistra, impauriti e incattiviti da una società miserabile, predatoria e puttana, che li votano, che votano il tribuno, il popolano, quello che alza la voce, quello che le spara più grosse? Quello che a parole promette tutela, garanzia, riscatto sociale, futuro? Se in Gran Bretagna vince la Brexit è anche e soprattutto perché i ceti popolari hanno percepito la UE (che ci ha messo abbondantemente del suo) come ostile, nemica, profittatrice: e l’UNICA voce che si è fatta sentire da loro, invece che nei salotti dell’intelligencija di destra e di sinistra, è stata quella di Nigel Farage. Complimenti vivissimi.

Non basta? Vediamo questa. Per tutta la campagna elettorale Hillary Clinton e il suo circo a tre piste hanno ripetuto il mantra: CONTINUITA’. Loro, nelle loro lounges esclusive da happy hour a mille dollari a botta, intendevano continuità con la politica di Barak Obama; per il povero – e gli USA di poveri veri ne contano a decine di milioni – per l’operaio, per il disoccupato, per l’ex ceto medio assassinato dalla crisi dei mutui subprime, CONTINUITA’ significava continuare a essere povero, a essere disoccupato, a essere senza casa e senza assicurazione medica, continuare a vedere manager di banche, assicurazioni e corporazioni della comunicazione prendere buonuscite da capogiro. E’ finita che, pur essendo in maggioranza donne e in grande percentuale di colore, non hanno votato né una donna né la continuità con un colored: hanno votato la DISCONTINUITÀ’, hanno votato Trump, il quale ha saputo catturare la loro attenzione, che è stato capace di avere il loro consenso, senza farsi aiutare dalle comparsate di personalità pubbliche. A parte il fatto che, fra gli altri, la Clinton si è fatta sostenere da personaggetti quali Bon Jovi e Lady Gaga (pietre angolari del pensiero contemporaneo), la scelta di Trump di non apparire a fianco di nessuno (e non si può dire che in America manchino le star repubblicane: uno per tutti, il grande Clint Eastwood) è perché ha capito, LUI HA CAPITO, non gli altri, che per il solito povero, il solito ex ceto medio eccetera, anche se sei repubblicano, se sali su un palco, se ricco. Sei GLI ALTRI. Sei la CONTINUITA’, cioè TU con i soldi e la fama e IO col mutuo che non ce la faccio a onorare. Che mi importa di te. Non voglio vedere TE: voglio vedere che mi dice parole diverse. Che mi dice cose che interessano a ME.

Hanno votato un ricco perché lui si è fatto capire e ha promesso loro un cambiamento. Che non ci piaccia quello che pensa e che ben poco, alla fin fine, farà per chi l’ha eletto, è scarsamente importante.

Populisti sono LORO, quelli che chiamano gli altri ‘populisti’ e così facendo se la cavano a buon mercato sviando l’attenzione dalle proprie manchevolezze, che imbarbariscono la politica, che la sottomettono all’economia dei mercati, delegando le decisioni più vitali per il mondo a un ambiente gestito da malati di mente (aveva ragione Grillo quando faceva finta di fare il comico: uno che accumula jet privati, barche a vela, decine di auto di lusso pur disponendo di un solo culo col quale occuparne una alla volta solamente, purosangue, settemila cravatte firmate, vasche con idromassaggio, puf e divani pieni di soldi, prima che profittatore, corrotto e talvolta criminale, è uno che non ci sta con la testa) che dirigono il pianeta a colpi di dati virtuali, svilendo con ciò quelli concreti del lavoro e della solidarietà sociale; che se il tuo voto non gli garba, alzano la speculazione sul grano e altri venti milioni di esseri umani sono condannati alla fame o scommettono sull’energia che serve a casa tua per il caffellatte al mattino e la minestra alla sera e sconvolgono la vita di tutti.

E che, per logica e inevitabile (necessaria, secondo uno schema marxiano) conseguenza, portano alla concentrazione delle ricchezze e del potere in poche, ristrette cerchie di persone, con sofferenza e peggioramento di vita per tutti gli altri.

Senza Uguaglianza, Libertà e Fraternità diventano parole vuote che poi si tramutano in percentuali sulla mortalità infantile, finendo per essere solo chiacchiere e distintivo; parecchio sbiadito – specie a Sinistra – il distintivo.

 

Scritto in memoria di Fidel Castro.

Cesare Stradaioli