ODIATO, TROPPO ODIATO.

E’ ufficialmente aperta la gara di tiro a segno nei confronti di Benjamin Netanyahu.
Quelle che, non appena la conta degli assassinati a Gaza superava il migliaio – quantità inferiori di palestinesi uccisi non fanno nemmeno statistica – erano timide voci e qualche bonaria reprimenda, adesso sono diventate il mantra ufficiale di gran parte dei mezzi di comunicazione, ormai unici e autorizzati creatori di consenso, avendo da tempo sostituito le figure politiche, con una progressiva e inesorabile inversione di ruoli (non portano nemmeno più la voce, SONO la voce della politica): il cattivo è lui, tutto quello che succede a Gaza è colpa sua, come lo è stata la grande dormita (versione davvero poco credibile: più verosimile un attendista vediamo fin dove arrivate, tanto poi rispondiamo) del 7 ottobre.
E così via, all’indietro a risalire agli inizi della nefasta carriera di un omuncolo senza alcuna qualità né titolo, se non quello di essere fratello di un eroe nazionale, ufficiale dei corpi speciali caduto nell’operazione che a Entebbe portò alla liberazione di ostaggi chiusi in un aereo della EL-AL sequestrato da un commando di palestinesi. Il tutto, saltando allegramente il fatto che l’attuale primo ministro di Tel Aviv è a capo di un partito che, da solo o in coalizione, ha più volte vinto le elezioni; il che dovrebbe profilare quanto meno un minimo sindacale di corresponsabilità da estendersi a milioni di suoi connazionali, i quali certamente non l’hanno scelto per le sue capacità diplomatiche e di mediazione nei conflitti.
Ultimo arrivato, ben dopo Joe Biden – e ce ne vuole, per farsi precedere da un anziano già lentissimo da giovane, presidente della nazione che da sempre appoggia lo stato ebraico – David Assael il quale, dalle pagine di ‘Domani’, si aggiunge a una particolare, nutrita schiera di giornalisti, intellettuali e docenti. Prestigiose e note firme le quali, a cominciare dalle operazioni belliche russe in Ucraina, per giungere alla strage di civili in atto a Gaza, sembrano avere perso il senso del giudizio, travalicando senza vergogna la libertà di pensiero e il diritto ad avere un opinione.
Da tempo illustre opinionista del quotidiano di Debenedetti, capace in passato di considerazioni decisamente sbilanciate pro-Israele e, non di meno, dotate di profondità e assolutamente meritevoli di confronto senza partito preso Assael, puntando il dito contro il primo ministro israeliano, riuscendo peraltro nell’impresa di non nominare neanche una volta le comunità di fascisti e razzisti altrimenti noti come coloni (che fanno quello che vogliono nella totale impunità, compresa la non trascurabile circostanza di aprire il fuoco vestendo divise dell’esercito ufficiale, il che meriterebbe loro la fucilazione seduta stante, se presi prigionieri), si autoassolve in maniera spudorata.
Non ne ha il diritto: nessuno ha il diritto di scaricare tutte le responsabilità su un politico indubbiamente non all’altezza del ruolo che pur sempre ricopre da molti anni. Così come nessuno ha il diritto di ignorare pubblicamente (in privato un può dire grosso modo le peggiori fesserie: non ne risponde che alla propria coscienza o, al più, alla pazienza delle persone che lo frequentano) un dettaglio noto a chiunque abbia studiato la Storia: da che esistono le forme-Stato per come le conosciamo, dietro a un singolo uomo, che si chiami condottiero, presidente, fuhrer, luce dei popoli, dittatore, capo indiscusso, c’è SEMPRE un comparto militare strettamente connesso a quello finanziario, facente capo a una ristretta cerchia di persone che decidono se, quando e quanto il leader pro tempore debba e possa rimanere dove si trova.
Non se la cavano così, nessuno di loro: la pratica di prendere il capro, malmenarlo e cacciarlo dal villaggio, cosicché gli dei capiranno e tutto sarà perdonato, è sporca, falsa e puttana e qualifica da sé chiunque la evochi o la metta in atto. Altri, ben prima e ben peggio di Netanyahu portano la responsabilità di una pulizia etnica iniziata decenni or sono. Troppo comodo – e troppo tardi – prendersela con il babau di turno, che non è capace neppure di non farsi detestare.

Cesare Stradaioli