STATI DI ALLUCINAZIONE

All’indomani delle elezioni che porteranno una personalità dichiaratamente non antifascista a Palazzo Chigi, la quasi totalità della dirigenza del Partito Democratico – a tutti i livelli, locali e nazionali – e buona parte del suo elettorato versano in evidente stato confusionale. Gli argomenti che si leggono e che si ascoltano, per strada o nei vari mezzi di comunicazione sono a livelli di farneticazione da sconfinare nella malafede pressoché per tutti i rappresentanti e (a questo punto bisogna dirlo: è ora di non più sconti a nessuno) per una quota non indifferente di coloro che in tutti questi anni gli hanno votato questa specie di partito.
Non tanto e non solo per la canizza di frasi sconnesse, senza senso, prive di costrutto e di orizzonti politici, inframezzate da autocandidature che in tempi ordinari dovrebbero fare sorgere per lo meno un barlume di vergogna in chi le pronuncia; parlare di mancanza di autocritica, riguardo al Pd, è diventato argomento talmente trito da risultare noioso e però non se la possono e non se la devono cavare in questo modo. Non gli eletti e non gli elettori.
In altre parole e con termini diversi: e se le elezioni avessero portato Enrico Letta all’incarico di formare un nuovo governo? E se, in un improbabile impeto di maturità umana, spirito di servizio e concretezza politica, un miracolo (categoria alla quale, tutto sommato, non è vietato fare conto) avesse portato una – francamente inverosimile ma ipotizzare non costa niente e non nuoce gravemente alla salute – coalizione vagamente ispirata al centrosinistra ad avere una ragionevole maggioranza nelle due camere? Allora sarebbe andata bene questa indecente legge elettorale, fatta a suo tempo per ostacolare il M5S (la nemesi è sempre in agguato e colpisce con raggelante puntualità) dalla quale quasi tutti ora prendono le distanze?
Sarebbe stata più accettabile quella porcheria di nome e di fatto, nota come Job’s Act (qualsiasi stupidaggine volessero intendere coloro che coniarono questo infelice nome), legge fortemente voluta da Renzi e dal sistema delle Coop emiliane (ministro del lavoro era un loro rappresentante), gradatamente sgretolata e pressoché devitalizzata da ripetute sentenze emesse da quella banda di arrabbiati luddisti che è la Consulta e che dalla quale quasi tutti ora prendono le distanze ?
Sarebbe andato bene quel mostro, sarebbe da dire prima umano e sociale che politico, dell’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio?
Sarebbe da giudicarsi strategicamente intelligente appoggiare due volte governi spudoratamente neoliberisti quali quello guidato da Mario Monti e quello guidato da Mario Draghi, consegnandosi mani e piedi a un esecutivo tecnico, che per sua natura non può tollerare dissensi politici – diversamente, alla guida ci sarebbe… un politico – ?
Sarebbe stato in quel caso tollerabile vincere le elezioni anche grazie a un personaggio quale Carlo Calenda, che all’epoca in cui era nell’esecutivo Renzi sotto le mentite spoglie di Ministro dello sviluppo economico, lavorava in realtà come manager della Arcelor Mittal gia Ilva di Taranto, proponendo a favore dei dirigenti quell’obbrobrio chiamato ‘immunità penale’ (l’uomo deve desiderare talmente tanto di vivere negli Stati Uniti, dove non esiste l’obbligatorietà dell’azione penale, da essere giunto a crederci per davvero), concetto che meriterebbe l’istantanea cacciata del candidato all’esame di Procedura Penale in qualsiasi facoltà di Giurisprudenza?
Sarebbe più digeribile – roba da stomaci forti – la pratica delle candidature a capocchia (il compianto professor Scoglio direbbe ad minchiam) di politici privi di un minimo di legame, connessione, comunanza di vedute, conoscenza reciproca con gli elettori dello specifico territorio?
Sarebbe ancora rivendicabile tutto quell’infinito insieme di leggi, interventi, articoli, prese di posizione direttamente provenienti dal Partito Democratico dal momento della sua nascita (una per tutte: quell’autentica oscenità del federalismo), che di sinistra non hanno il diritto di avere neppure un soprannome?
In tal caso, sarebbe andata bene la malsana e forzata unione di due orientamenti politici che non potevano e soprattutto non dovevano avere che pochissimo in comune. Un orrendo minestrone di persone, chiacchiere, altisonanti proclami, ridicoli richiami a sciocchezze made in Usa che non poteva che portare all’oggi, vale a dire non già a una resa dei conti, situazione nella quale, dall’interno qualcuno abbia buon diritto (di ragione o di forza) per reclamare un avvicendamento, quanto piuttosto a un generale, complessivo e definitivo ritorno a occupazioni private di tutti coloro che hanno assunto ruoli di dirigenza nel Partito Democratico.
Ci sono momenti nei quali dire ve l’avevamo detto non rende neppure lontanamente giustizia, il che dovrebbe dissuadere dal dirlo: eppure, è necessario, anche solo per rimarcare ancora una volta – l’ennesima – la differenza fra coloro che, inascoltati, ammonivano e coloro i quali, non ascoltando – chi da sciocco, chi da politicamente inetto, chi da utile idiota, chi sfacciatamente complice: decidano loro – procedevano verso il disastro.

Cesare Stradaioli