QUELLI CHE PASSANO SOTTO CASA

Autorevoli firme su “Domani” invitano a non trarre affrettate conclusioni dalle manifestazioni tenutesi in diverse città italiane contro il cosiddetto ‘green pass’ e l’obbligo vaccinale. A prescindere dal diritto di ciascuno di manifestare le proprie idee, viene scritto, va tenuto conto del fatto che si tratta di episodi aventi come promotori e partecipanti esigue minoranze della popolazione. Qualche migliaio, riporto a memoria una frase scritta a mo’ di sintesi, in una città di centinaia di migliaia di abitanti come Torino, rappresenta una percentuale, non un movimento tale da preoccupare più che poco. 
E’ perfino superfluo osservare come in una popolazione stimata in oltre 60 milioni di abitanti, sia più che fisiologico che una certa parte di essa manifesti opinioni che possiamo trovare disgustose quando non del tutto lunari. Sarà pure vero. Il fatto è che l’assessore assassino di Voghera non sedeva sulla poltrona della sicurezza grazie a un colpo di mano, operato nottetempo, mentre i buoni vogheresi dormivano; né il sindaco – che è stata in grado di parlare di ‘strumentalizzazione’ dell’episodio, riuscendo a non scrivere neppure una parola di cordoglio o compassione per la vittima e i suoi parenti – è diventata tale a seguito di brogli elettorali. Così come in quel comune emiliano l’intera giunta comunale era stata liberamente eletta (e rieletta) da quella stessa popolazione che era scesa in piazza opponendosi all’arrivo in loco di una ventina di povere disgraziate migranti, sopravvissute all’esodo transafricano dal loro Paese, ai lager libici e alla traversata del Mediterraneo. E, votanti o meno, erano e sono pur sempre nostri connazionali, quegli infelici che qualche anno fa intesero impedire l’arrivo di diverse famiglie di stranieri, assegnatarie di alloggi popolari, bloccando i furgoni con le vivande – non poche di queste famiglie di italiani non erano in grado di garantire una decente colazione ai propri figli e, malgrado ciò, gettavano a terra e li calpestavano, panini e bottiglie di acqua. Cose che avrebbero mosso a sdegno il più indifferente fra i nostri nonni, che del pane e della fame avevano qualche nozione diretta. 
Esempi come questi se ne possono fare quanti se ne vogliono: non passa praticamente giorno senza che si leggano o si ascoltino incitamenti all’odio, alla legittimità di qualsiasi difesa, fino all’inverosimiglianza, alla rivalsa dell’identità italiana e cose del genere. Serve quasi tenersi pronti a scansarle – non volendole né leggere né sentire – certe notizie, tante sono e mortificanti per quel minimo di socialità che è rimasta. Di passaggio, è una situazione di degrado morale che dovrebbe tenere sveglie la notte le migliori menti della Chiesa cattolica, assolutamente predominante (almeno formalmente) nel nostro Paese: non si ricorda, nelle cronache anche le più avvilenti dei decenni e forse secoli scorsi, una tale mancanza di compassione, di umanità, di pietas e, si badi bene, non si tratta di deliranti discorsi da un balcone o da un predellino, fatti per ricevere ovazioni da una massa che neppure capisce bene fino in fondo cosa viene detto, bensì di un sentire che finalmente esce allo scoperto e che non sembra davvero confinabile a qualche centinaio di torinesi esaltati. 
Succede di ribattere a critiche forti, a volte legittime altre volte ingiuste, a questo o quel rappresentante politico nazionale o locale del M5S: bisogna ogni volta ricordare che Beppe Grillo è UNO, come UNO è Di Maio, come lo sono Fico, Di Battista e tutti gli altri che sono stati eletti. Ciò di cui è doveroso tenere conto, lo dovrebbe fare anche e soprattutto chi da sinistra o da posizioni liberali copre di insulti un giorno sì e un giorno anche la complessiva esperienza politica di questo movimento, è che per quanto si possa essere in disaccordo con questo o quel politico che a esso fa riferimento, esiste una percentuale rilevanti di cittadini che hanno scelto quel movimento in luogo di altre opzioni politiche o dell’astensione. I motivi ci sono, dati gli anni passati dagli esordi sono anche piuttosto radicati: fingere che non ci siano e denigrarli – loro e chi li esprime – è intellettualmente disonesto, oltre che politicamente idiota. 
Allo stesso modo, è indispensabile rispondere allo stesso modo a ogni moto di indignazione o disgusto o semplice disaccordo con quanto viene detto, mimato, urlato da Salvini o Meloni: entrambi loro sono UNO ciascuno, ma hanno dietro di sé una considerevole percentuale di persone che non da oggi e neanche da ieri li vota, come loro la pensa e da loro vogliono la messa in pratica di quanto viene detto. 
Non riesco a essere tranquillo, come lo sono le firme di “Domani”: le idee, gli slogan, lo stesso modo di vivere di coloro che sono sfilati in corteo straparlando di libertà e sconciando la Stella di David, tirandola in ballo equiparando le costrizioni in fin dei conti decise da un governo legittimamente in carica alle persecuzioni antisemite, non sono effimeri rigurgiti di spontaneismo che dura lo spazio di un mattino e le voci che li gridano non sono affatto poche e, per di più, ben poco assimilabili – qualcuno l’ha tirata in ballo in maniera impropria – alla nota ‘maggioranza silenziosa’ che innervava l’Italia degli anni ’60 e ’70: coloro che sono scesi in piazza sono molto più preoccupanti di quella maggioranza che, se non altro, rispettava la legge e nella più gran parte praticava la solidarietà, laica e confessionale, percependosi pur sempre (nella loro protesta, per l’appunto, silenziosa), come parti di un consorzio civile e non come spettatori nell’arena, divisi in gruppi di ultrà da curva nord.

Cesare Stradaioli