LEZIONI DI ELITISMO PER IGNORANTI

Ritengo che sia necessario e opportuno un robusto ridimensionamento delle argomentazioni usate, a proposito del dibattito suscitato dal manifestarsi di proteiformi esempi di protesta – pur sempre sociale – riguardo alle vaccinazioni: in special modo, con riferimento all’esame delle motivazioni che hanno portato decine di migliaia di persone in piazza, con l’immancabile richiamo alla libertà (non guasta mai) intorno a tutto ciò. Ridimensionamento che, a mio giudizio, non dovrebbe riguardare l’effettivo svolgersi di queste manifestazioni – che tutto merita, tranne che essere ridimensionato nel suo essere analizzato come si deve – quanto piuttosto il florilegio di argomenti esposti da più parti a pitturarlo, nei modi più svariati. 
La storiella è – o dovrebbe esserlo – nota; un francese apostrofa un inglese, accusando lui e i suoi connazionali di avere mandato al rogo la valorosa pulzella. Che dici, ribatte stupito l’interlocutore, è successo secoli fa! Sì, conclude il primo, ma io l’ho saputo solo ieri. Questo, a titolo di esempio, per dire che il poveretto – con non pochissimi altri – che è stato visto manifestare con la stella di Davide appuntata al petto e sentito accostamenti la legislazione d’urgenza sulla pandemia all’Olocausto, andrebbe compatito per il fatto di non avere idea di cosa stia dicendo, riproducendo nella libertà di espressione che gli è consentita idee e concetti di cui ha appreso l’altroieri mattina e che, per forza di cose, non può avere avuto il tempo di assimilare e comprendere nei loro vari significati. A parte l’appunto che gli si sarebbe potuto fare – in buone maniere – e cioè se si fosse reso conto del fatto che il tizio che sfilava accanto a lui, che con lui gridava i medesimi slogan, in quanto appartenente a una formazione di estrema destra con grande probabilità era uno di costoro che nega l’esistenza della Shoah, rimane il fatto che il tizio di cui sopra non sa di cosa parla perché semplicemente IGNORA il prima, il durante e il dopo quanto accadde a milioni di ebrei e di altre minoranze, tanto quanto il francese della storiella a proposito di Giovanna D’Arco. 
Allo stesso modo, tanti che come lui hanno manifestato opponendosi ai vaccini e alla lesione della libertà personale costituita dal green pass, berciano di cose che non fanno parte del loro bagaglio culturale – sempre che l’aggettivo possa, riguardo a loro, avere un senso e un fondamento). Una cerchia di commentatori politici, scrittori, filosofi titolari o non più tali di cattedre universitarie e liceali, spende e consuma concetti di altissimo livello che semplicemente non appartengono ai reclamatori di libertà, il che fa sorgere il più che legittimo sospetto che qualcuno stia cercando di menare un po’ il torrone, evitando di porsi delle domande che meriterebbero approfondite riflessioni, prima di dare luogo alle risposte che, per solito, più sono immediate e meno sono attendibili. O, forse, si tratta solo di un terribile mix di elitismo e impazienza senile a dettare certe uscite. In questo senso, Cacciari non può godere né del compatimento né delle scusanti che merita il tizio di cui sopra, compagno di strada del negazionista, quando menziona il cosiddetto ‘passaporto interno’, documentazione vigente all’epoca dell’Unione Sovietica che un cittadino doveva disporre per giustificare gli spostamenti interni all’Urss e lo accosta al green pass. La vecchiaia può essere brutta, alle volte. 
Ma, in ogni caso, bisogna pur chiederselo: da dove viene questa gente? Dove ha vissuto, negli ultimi decenni delle proprie vite? Ebbene, quando Franco Cordero scriveva ripetutamente di disastro socio-culturale, perfino antropologico, provocato dall’avvento del berlusconismo (che, com’è noto, iniziò la propria campagna politica con la prima puntata del serial tv “Dallas”, 1980), per emendare il quale sarebbero stati necessari trenta, quaranta anni di recupero umano – cominciando da subito, intendeva il Maestro – lo faceva tanto per leggersi o non stava per caso indicando il lugubre futuro che ci attendeva? E, soprattutto, a chi si rivolgeva? E in quanti lo stavano ascoltando? 
Eccolo qua, il futuro di cui parlava più o meno nei primi anni del duemila. Ecco il rimbecillimento. Ecco la regressione epocale, ecco il percorso di ritorno da Alberto Manzi all’età della Pietra. Ecco lo smantellamento della società e con esso il crollo dell’autorità, del poco pensiero scientifico che da sempre ha raramente innervato il nostro Paese. Ecco da dove cominciare, per provare a ricostituire un sistema  sanguigno, una struttura scheletrica, un apparato nervoso e sensitivo di questo che non è più lo Stato italiano bensì un cesto che contiene una massa di vipere e di invertebrati, resi poveri e meschini dalla televisione, dalla propaganda commerciale e dal letamoso verbo liberista che ha posto in rilievo solo l’endemico bisogno indotto di concorrere, sgomitare, corrompere, mendicare, inveire. 
Sono quelli che passano per strada, che parlano credendo di sapere e non sanno né parlare e neppure di non sapere, alimentati da un alito guasto costituito da una Destra verminosa e codarda e da una classe di governo della politica e dell’imprenditoria che non può che essere figlia di questa melma: fino a quando non saremo in grado di mandarli a casa (tutti quanti, nessuno escluso, neppure i più apparentemente sensibili e mentalmente aperti – sono complici anch’essi), non potremo cominciare l’opera di cui parlava, largamente inascoltato, il Maestro.

Cesare Stradaioli