QUANDO?

E’ il senso di colpa: da lì si parte e lì si deve ritornare, se si vuole capire. L’enorme, infinito, mai superato senso di colpa che l’Europa prova nei confronti degli ebrei in genere e di Israele in particolare. Per l’Olocausto, per secoli di antisemitismo, di disprezzo, di rancore, di avversione, di sospetto. Si deve per forza di cose pensare – non viene in mente alternativa degna di nota – che sia questo che porti al fatto che oggi, novembre 2023 a Israele, ai suoi governanti, al suo esercito e, perdio! al suo popolo, siano concesse e perdonate cose che a nessuno altro verrebbe concesso e perdonato, neppure al gran protettore che sta al di là dell’Atlantico.
Discutere intorno ai numeri dei morti, dei feriti e di chi viene tenuto in ostaggio non è utile se non ad alimentare la macchina dell’informazione, che non informa un bel niente: qualsiasi ragazzetto dotato di mezzi tecnici appena adeguati è in grado, anche senza essere iscritto all’ordine dei giornalisti, di informare cosa stia succedendo – da decenni – a Gaza e in Cisgiordania. Discutere con chi rivendichi la terra in cui si trova, sostenendo che essa sia stata data in eredità da dio, non è un esercizio inutile: non è nemmeno un esercizio e poiché di qualsiasi libro ritenuto sacro si tratti, pur sempre da uomini è stato scritto, tanto varrebbe sostenere che don Quijote sia una figura la cui vicenda sia stata dettata da dio come monito e guida per l’umanità, se solo Cervantes ne avesse indicato l’ispirazione ricevuta.
Ora, la polarizzazione delle opinioni non l’abbiamo inventata noi. Ma.
NOI abbiamo condannato il massacro del 7 ottobre, nello stesso modo e negli stessi toni con cui abbiamo esecrato gli attentati ai treni in Spagna o nella metropolitana a Londra, ribadendo ora come allora che non esiste lotta di liberazione di sorta che passi attraverso il massacro di lavoratori e studenti che si alzano alle 5 del mattino per salire su un mezzo pubblico ad affrontare la propria giornata.
Da LORO – chi lo sia, lo sa benissimo: non c’è bisogno di spiegare – stiamo ancora aspettando parole di condanna, di compassione, di dissociazione e di alternativa alla carneficina in corso. 
La volontà ci vuole ottimisti, in attesa di quelle parole; l’intelligenza (e la memoria del passato) ce lo vieta.

Cesare Stradaioli