4 dicembre 1993

Ricordando qualcuno scomparso da anni, quale che ne sia stata la causa, ci si imbatte di frequente nello stilema “Cinque anni senza Tizio”, “Dieci anni senza Caio” eccetera. Preposizione priva di profondità, se non rapportata a qualcosa di specifico – il qualcuno è soggettivo. Nel concreto, più spesso sono familiari e amici a essere rimasti ‘senza’ la persona che non c’è più: la quale, in buona parte dei casi, era sconosciuta al di fuori della propria cerchia relazionale e ha assunto maggiore notorietà per le cose dette e/o fatte in un determinato e solitamente non lunghissimo tratto della propria esistenza.
Il 4 dicembre decorreranno 30 anni dalla morte di Frank Zappa, personaggio rispetto al quale molti, a decine forse centinaia di milioni, possono dire di avere vissuto questi ultimi tre decenni ‘senza’. Per tutto quanto ha musicato, detto e creato nei precedenti trenta e più e per tutto quello che avrebbe potuto esprimere in quelli successivi; per tutta la musica che non abbiamo avuto, per tutte le idee e le sue prese di posizione mai scontate su cui non abbiamo avuto modo di riflettere e discutere, per tutto quanto avrebbe potuto rappresentare ancora oggi – poco più che ottantenne.
Musicista innovativo come pochi, pensatore diretto fino alla brutalità, agitatore culturale, punto di riferimento, voce ascoltata e rispettata, figura detestata e ammirata, intrinsecamente incapace di fare o esprimere qualcosa di banale o di trascurabile, sempre pronto alla sorpresa, a creare sconcerto, trasversale, irriducibile, inevitabilmente e – davvero – ostinatamente contro. Trent’anni senza qualcuno di cui abbiamo impresse nella memoria immagini irriverenti, raramente sorridenti, ma del quale conserviamo soprattutto quello che ha messo su pentagramma o improvvisato dal vivo.
Invecchiando forse avrebbe dedicato un po’ meno tempo alla musica, come aveva già cominciato a fare alle prime avvisaglie della malattia e magari avrebbe più di frequente espresso le proprie opinioni, in forme maggiormente estese e più argomentate dei formidabili epigrammi (uno per tutti: Parlare di musica è come danzare di architettura) che si lasciava dietro.
Per questo, il tempo che passa non lenisce il rammarico e il senso di mancanza per tutto quanto ci è stato portato via troppo presto e in tanti fa sentire di essere rimasti, per sempre, senza Frank Zappa.

Cesare Stradaioli