QUALE MESSAGGIO

Parafrasando Marshall McLuhan – che si riferiva al mezzo, ai media – la legge è un messaggio: ogni legge lo è. Il semplice fatto di porre una statuizione, un precetto, un divieto e relative sanzioni porta con sé un intento espresso da una volontà popolare ovvero da un ristretto numero di persone che si trovano alla guida di uno Stato, il tutto a prescindere sia dal meccanismo che porta all’entrata in vigore di una norma, sia dal contenuto della stessa.
Sulla base di questo ragionamento piuttosto elementare, non dandosi alcuna norma senza un preciso intento, è da chiedersi quale sia il messaggio sotteso a un auspicato inasprimento delle pene per l’omicidio di esseri umani di sesso femminile. Cosa ci vuole dire il Parlamento, sedicente rappresentante del pensiero e delle aspirazioni dell’elettorato, di più rispetto al precetto accettato da chiunque secondo il quale togliere la vita a una persona sia, in linea di principio, condannabile da qualsiasi ordinamento giuridico? Vediamo la norma, articolo 575 del codice penale: “OMICIDIO. Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.” Qualche considerazione.
Il precetto è rivolto a chiunque e sanziona il togliere la vita a un essere umano. La pena edittale non sembra particolarmente draconiana, considerato che si tratta di un codice entrato in vigore nel 1931 e quale epoca storica fosse non c’è necessità di ricordarlo. Esistono le circostanze attenuanti e aggravanti: esaminiamo le seconde, in sintesi, qualificate all’articolo 61 del codice penale come comuni cioè in vigore per ogni tipo di reato; l’avere agito per motivi abietti o futili, con sevizie o crudeltà, approfittando della minorata difesa della vittima, tentando di aggravare le conseguenze del reato, commettere il reato con abuso di potere ovvero rivestendo una particolare qualifica (essere un pubblico ufficiale, avere un rapporto di relazioni domestiche con la vittima, essere la vittima minore ospite in particolari strutture, dunque con particolari obblighi di custodia e tutela). Una sola di queste circostanze può aumentare la pena di un terzo; per quante siano, comunque, la pena non può superare gli anni trenta e già qui siamo in presenza di una risposta penale piuttosto forte.
Il codice prevede poi quelle cosiddette speciali, nei casi di omicidio di genitori, figli (entrambi anche adottivi), fratello e sorella, coniuge anche separato, persona convivente e/o legata da relazione affettiva e contro il coniuge anche separato, con premeditazione, con uso di veleno (particolarmente in voga all’epoca).
Ciascuna di queste circostanze aggrava la pena da ventiquattro anni all’ergastolo (articoli 576 e 577 del codice penale).
Poiché non è nemmeno da prendere in considerazione la sola idea che la vita di una donna valga più di quella di un uomo, al punto da necessitare una risposta sanzionatoria maggiormente punitiva, non rimane da concludere che una legislazione più repressiva dei cosiddetti ‘femminicidi’, rappresenti un’urgenza, una necessità. C’è qualcuno, dotato di un minimo di ingegno e magari di informazione di cronaca, che non avverta come allarme sociale il numero di donne uccise dal compagno, marito, amico o chiunque altro si voglia? La domanda è retorica, ma volontariamente insinuativa: chiunque brandisca questo fenomeno per essere legittimato a introdurre sanzioni penali più forti sta giocando sporco, sia con gli elettori sia soprattutto con l’universo femminile e questo fondamentalmente per due motivi; anzitutto, perché si tratta di manovre scopertamente tese a ramazzare consenso elettorale e in secondo luogo perché, a dispetto di pressoché unanimi statistiche, che suggeriscono e perfino gridano la sostanziale inutilità di pene più severe in mancanza di un serio e concreto cambiamento dei sistemi educativi e sociali in questo Paese – gli omicidi, tentati o consumati non sembrano per nulla in calo –  scantonano il problema e spostano l’attenzione intervenendo sulle fogne, quando l’inquinamento è già avvenuto e continua nel suo ciclo, invece di farlo a monte, là dove il tutto si produce.
L’inasprimento delle pene raramente ottiene il risultato di avere una diminuzione di questo o quel reato: se i reati contro il patrimonio sono in aumento, ciò avviene a causa di profondi disagi in una società che da lungo tempo, a scuola e in chiesa, insegna a non rubare e furono facilissimi profeti coloro che, a fronte dell’innalzamento delle sanzioni, ammonirono sulla loro scarsissima incidenza.
Dunque, qual è il messaggio sotteso alla proposta – da qualsiasi parte provenga – di inasprire le pene per i femminicidi? In attesa che i proponenti si liberino dalle parole d’ordine, ognuno legga quello che crede: pare piuttosto evidente, però, l’intento di rimandare a data da destinarsi anche solo l’abbozzo di un cambiamento radicale del sistema sociale, economico e infine educativo.
Nel frattempo, le fogne funzionano a pieno regime.

Cesare Stradaioli