PRENDETEVELA CON CREONTE

A proposito dell’abusatissimo detto secondo il quale le sentenze si rispettano e non si criticano, se non vivessimo nel Paese in cui ci tocca di vivere, sarebbe fuori luogo accostarlo a un possibile giudizio sulla virtù delle figlie proprie e altrui: quella delle proprie non si discute (e si rispetta); quella delle altre, dipende. Poiché, però, viviamo in un tempo e in un luogo in cui ancora striscia un paleofascismo di ritorno, con il suo micidiale accompagnamento di familismo amorale e sessismo debordante, oltre che di inguaribile inclinazione alla corruttela e all’opportunismo – sul retro delle monete al tempo della Lira avrebbe dovuto essere impresso il profilo di Alberto Sordi – è difficile resistere all’accostamento di cui sopra.
Quasi più avvilente della situazione giudiziaria di Mimmo Lucano, è il peloso cordoglio di molti: i quali, specie a sinistra, levano alte lamentazioni nei confronti del Tribunale che ha emesso la pesante sentenza nei suoi confronti. Non poteva, ovviamente, mancare un appello a Sergio Mattarella e/o a una non meglio specificata “Autorità”, affinché intervenissero, non si capisce bene a fare cosa. L’incertezza sul cosa dovrebbero fare è poco importante: ciò che rileva è l’insopprimibile desiderio di controllare la Magistratura, dirigerla, condurla per mano dove più conviene. Vale a dire, il controllo dell’Esecutivo nei confronti del Giudiziario, con tanti saluti alla tripartizione dei poteri.
La verità, per coloro che abbiano un minimo di conoscenza dei meccanismi che regolano l’impianto della giustizia – costoro avrebbero, però, anche il dovere di spiegarlo bene e chiaro a chi questa conoscenza non ha e non può, per svariate ragioni, avere – sta nel semplice fatto che un giudice applica la legge che si trova ad avere. Il caso del processo all’ex sindaco di Riace non sfugge alla regola ed è, in un certo qual modo, emblematico. Nel suo “La fabbrica della peste”, edito un quarantennio or sono, Franco Cordero attaccò Alessandro Manzoni, nei toni a volte sferzanti che gli erano propri. Oggetto della critica: “La colonna infame”, particolarmente per quanto era scritto contro i giudici della peste a Milano, che sottoponevano a torture e infine alla morte sia colpevoli sia semplici indiziati, passando per l’umiliazione (all’epoca non ancora percepita come tale) di dover confessare qualsiasi cosa per purificare l’anima e ridurre le sofferenze del corpo. Non con i giudici doveva prendersela il padre di Renzo e Lucia, scriveva Cordero:  costoro non fecero altro che applicare la legge vigente. Contro altri, doveva essere puntato il dito, vale a dire i legislatori, religiosi o secolari che fossero.
Ora tocca sentire esponenti politici appartenenti all’area di una generica e scolorita sinistra stracciarsi le vesti, esprimere solidarietà al condannato ed esporre aggrottar di ciglia verso la giustizia che paragona l’esperienza di accoglienza a Riace a una qualsiasi associazione mafiosa, se non altro nel dosare la pena. Dov’erano costoro, quando furono pensate e scritte le leggi applicate dal tribunale? Leggi che hanno come orgogliosi padri (ancora oggi i firmatari le rivendicano) un osceno pensiero fascioleghista che dà del criminale a un disgraziato che entra nel nostro Paese senza un paio di mutande di ricambio e l’allora ministro Marco Minniti, definito a buonissima ragione ‘ministro sbirro’ dal mai troppo compianto Gino Strada e che furono promulgate senza battere ciglio dall’ex Presidente della Repubblica che non merita di essere nominato? 
Il Creonte dei nostri giorni, non il giudice, ha vietato l’accoglienza e ha imposto la condanna di chi, in luogo di seppellire i morti preferisce trarli dal mare e dare loro una vita degna di essere chiamata tale. Quell’impersonale e policefala entità legislativa che siede a fianco di Enrico Letta alle riunioni del PD e nella stessa aula parlamentare dei suoi sodali e avversari. A coloro che solo ora si indignano vorrei dire: quella legge c’era anche tre giorni fa, prima che fosse emessa la sentenza nei confronti di Mimmo Lucano; andava bene, fino ad allora? Ma certo che andava bene: diamine, l’avete votata, sporcando la vostra bocca e le nostre vite con indecenti borborigmi sulla sicurezza che, partoriti dalle vostre menti guaste confondono il rispetto delle leggi con l’assunzione di guardie del corpo private e fanno propri, cioè VOSTRI, vergognosi stilemi appartenenti per diritto alla destra più becera e rivoltante.
Prendetevela con Creonte, vorrei dire a tutti gli altri.
E già che ci siete, smettete di votarlo, ogni volta che si presenta. Parafrasando Shakespeare a proposito dei cadaveri di avvocati sul fondo del mare: sarebbe già un buon inizio.

Cesare Stradaioli