LA PREVENZIONE AI TEMPI DEL COLERA

Un’amministrazione pubblica che sia degna dell’essere definita diligente ha in carico un’infinità di cose: la gestione della nettezza urbana è una di queste. Il cittadino, per evidenti motivi, non ‘vede’, non percepisce – o capita in rari casi – dove, come e perché si formi la generica massa di rifiuti, più o meno differenziati, il cui smaltimento costituisce uno dei compiti dell’amministrazione pubblica: gli basta che venga portata via e, possibilmente, in maniera salubre e meno inquinante possibile. Occuparsi dei rifiuti, però, non può e non deve limitarsi all’organizzarne disciplina, raccolta e smaltimento, ovunque esso avvenga: la diligenza di una pubblica amministrazione, locale o statale che sia, necessariamente ha il dovere di governare quello che viene prima.
Un rifiuto urbano non nasce tale: lo diventa, subendo una trasformazione che da oggetto utile e/o piacevole lo rende sgradevole, da ‘rifiutarsi’. Per queste ragioni, la gestione delle immondizie deve partire da lontano e riguardare anche il come e in quali ambienti e quali condizioni esse diventano quello che diventano. Il mancato intervento a monte rende ingestibile, nel breve e soprattutto nel lungo periodo la fase della vita sociale che concerne tutto ciò di cui dobbiamo disfarci, per motivi igienici e di vita sociale.
Ora, i criminali più o meno fascisti – più che meno – che si uniscono alle manifestazioni contro il green pass e il vaccino, che ammorbano gli stadi, che contribuiscono alla vita politica della Lega e di Fratelli d’Italia sia garantendo pacchetti di voti sia partecipandovi in prima persona ricoprendo funzioni pubbliche, costituiscono un problema di nettezza urbana e con la nettezza urbana condividono passato e presente, con discrete probabilità di averne un futuro in comune, se si trascura quello che succede prima. Il fascismo è sopravvissuto un po’ ovunque alla Seconda Guerra Mondiale, con la differenza che in Italia limitarsi a usare il termine sopravvivenza rispetto al fenomeno fascista è un po’ come dire al Lord di turno mentre sorbisce il tè mattutino che per la mattinata si teme il brutto tempo, mentre da ore sta venendo giù a secchiate (o “cani e gatti”, come direbbe il maggiordomo di cui sopra), considerato come, dopo 25 aprile, referendum e Costituzione, un notevole numero di individui sia rimasto al proprio posto, anche in poltrone di notevole rilievo e non solo alle nostalgiche e inoffensive celebrazioni a Predappio.
Come l’immondizia, tutti erano al corrente della sua esistenza, qualcuno se ne occupava e cercava di mettere in guardia la collettività: attenzione, perché potrebbe diventare un problema, se già non lo è adesso. E come per l’immondizia, la gran parte della popolazione, rappresentanti politici inclusi e non tutti di destra o di centro, per decenni ha preferito guardare altrove: non c’èra da preoccuparsene, manifestazioni sporadiche – qualche bidone rovesciato, qualche pestaggio, paesini o quartieri ignorati da chiunque tranne da coloro che ci vivevano, infestati da topi a quattro e due zampe: cose del genere. A parte qualche inchiesta giornalistica, qualche servizio di questo o quell’inviato più o meno speciale, l’immondizia non è mai entrata nell’immaginario e nel concreto degli italiani; la stessa cosa valeva per i fenomeni di pretta marca fascista. Giusto qualche volontario a rimuovere le strade dai cumuli di spazzatura e qualche ronda studentesca e operaia a garantire la vivibilità dei quartieri a rischio – qualche volta servivano le maniere forti; erano però anni in cui una donna sola poteva camminare per Roma o Milano e ragionevolmente aspettarsi che non le succedesse nulla. Gli stupri (all’epoca erano ancora definite ‘violenze carnali’ e nel codice penale rientravano nella categoria dei reati contro la morale pubblica e non contro la persona) avvenivano per la più gran parte all’interno delle abitazioni, coniugali e non, paterne e non. Ci sono ancora i benemeriti volontari che raccolgono i rifiuti: le strade, anche quelle dei quartieri meno a rischio, si sono svuotate e dato che in natura il vuoto non esiste, si sono riempite di paura e di violenza, la più spiccia e idiota. E di fascisti.
Vorrei chiedere a coloro che solo ora si indignano – e, ancora peggio, si sorprendono – per il vandalismo alla sede della CGIL e quello forse più grave al pronto soccorso, sempre a Roma – non senza augurare loro di avere se non altro fatto un buon sonno: ben svegliati, dove eravate fino a ieri? Vi siete accorti che i fascisti dei nostri tempi, a differenza di quelli degli anni ’70, si sono tolti il passamontagna ed esibiscono senza paura e senza pudore le proprie facce, in strada, in corteo e perfino nei consigli comunali, provinciali e regionali, oltre che, fin dalla prima riunione parlamentare, alla Camera e al Senato? Avete fatto caso che mostrano i loro brutti musi, oltre ad armi e bagagli esattamente con la stessa protervia e lo stesso orgoglio che ostentavano le squadracce che introdussero il Ventennio? Sono pazzi? Sono imbecilli? O non saranno invece, come quasi sempre è accaduto, dal 1945 in poi, sostanzialmente impuniti e, in diversi casi, blanditi, protetti e usati?
Eppure. Uno non nasce fascista: lo diventa, esattamente come una bottiglia, una lattina, un pezzo di cartone, un involucro, un alimento, da cose che ci aiutano a vivere diventano rifiuti da smaltire. Bisognerebbe che ce ne fosse di meno, ecco la diligenza di una amministrazione; vivere in modo diverso, produrre in modo diverso, consumare in modo diverso. Fare in modo di essere cittadini migliori. Poi, una percentuale di residui da incenerire rimarrà sempre: ma un corpo sociale sano governa l’immondizia, non se ne fa sommergere e inquinare.
Il fascismo, sotto ogni forma e ogni manifestazione, è bandito dalla nostra Repubblica. Un fascista non ha diritti, se non quello di avere un processo con tutte le garanzie, a differenza di quelli che subivano il regime che rimpiange (più spesso senza sapere di cosa parla, se non altro in ragione dell’età e del tempo trascorso). Il fascismo deve essere smaltito, esattamente come l’immondizia, essendo un problema di salute pubblica.
Ma un cittadino ha il diritto di non diventare fascista e lo Stato in cui viviamo ha il dovere di occuparsene, con la scuola, con l’educazione, con la prevenzione. Prima che diventi spazzatura.

Cesare Stradaioli