PER QUELLO CHE CONTANO I SIMBOLI

Le cariche pubbliche hanno un certo valore simbolico, pure se negli ultimi anni molte hanno visto scemare la propria importanza e pure l’effettività. Non di meno, tenendo conto che in diversi Paesi – alcuni dei quali assurti al sistema democratico e partecipativo in tempi più recenti rispetto all’Italia, qualcuno di molto – si danno donne presidenti della Repubblica (la monarchia ha, tradizionalmente, storia e disciplina proprie) o primi ministri, amareggia non poco il pensiero, in aggiunta a una ragionevole previsione, che il Paese di Teresa Noce, Nilde Jotti, Lina Merlin, Rita Levi Montalcini, Tina Anselmi, Licia Pinelli, Giulia Lazzarini, Camilla Cederna, Dacia Maraini, Franca Rame, Adele Faccio, Emma Bonino, Lorenza Carlassare, Ilaria Alpi, Elvira Sellerio, Inge Feltrinelli, Natalia Aspesi, Elena Cattaneo, Laura Boldrini, Nadia Urbinati – per nominare solo alcune fra le più conosciute e senza dimenticare quante altre figure femminili, rimaste lontane dalla notorietà – dopo quasi 80 anni di Repubblica debba avere come prima Presidente del Consiglio una figura come quella di Giorgia Meloni, ovvero la mai estinta mala erba del fascismo che, declinato in varie maniere, sotto diverse sembianze, con svariate facce e in tutte le salse, più che riemergere periodicamente nella vita italiana, alberga costante e apparentemente inestirpabile nel DNA di questo disgraziata terra.
Dovesse ricoprire questa carica per un tempo limitato, fossero anche due settimane, sarà uno stimma che l’Italia si porterà dietro per sempre e l’elenco delle responsabilità partirà dall’A fino alla Z, nessuno e sottolineo NESSUNO escluso, poiché chiunque (così ci ammonisce Shakespeare) anche in percentuale impercettibile porta la responsabilità come minimo di non avere fatto abbastanza e di avere subito quanto è accaduto.

Cesare Stradaioli

“La colpa, caro Bruto, non è nella nostra stella ma in noi stessi,
che ci lasciamo sottomettere”
CASSIO – Giulio Cesare