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NUOVE NORME VECCHIE STORTURE

Non diminuirà il numero di donne assassinate, solo perché verrà introdotta una legge contro il cosiddetto ‘femminicidio’; non verranno molestate meno donne, solo perché è in vigore una legge che sanziona il cosiddetto ‘stalking’; invece, vi saranno meno morti sulle strade a causa della guida in stato di alterazione da ebbrezza alcolica, grazie alla creazione della figura di reato del cosiddetto ‘omicidio stradale’. E si dica di queste tre fattispecie di reato – due già in vigore, una la cui approvazione viene acclamata a gran voce praticamente ogni giorno – che si tratta di provvedimenti del tutto superflui, rispetto a quanto contenuto nel complesso legislativo del codice penale e delle leggi speciali, frutto dell’isteria generata e alimentata da mass media e sfruttata al meglio da politici interessati a uno stato di permanente tensione sociale nel nostro Paese.

Qualche passo indietro, a mo’ di premessa postuma.

Durante una lezione, a suggello di una pacata contestazione sulla natura politica del codice Rocco e sulla sua attualità storica e culturale, il titolare della cattedra di Diritto Penale esclamò: “Il codice penale è fresco”; gli fece immediatamente eco, scimmiottandone l’accento regionale, una voce dalla platea studentesca: “Sì, com’a’ mozzarella!” Eravamo giovani e, almeno su questo, avevamo torto e lui ragione, come avremmo compreso in seguito tutti noi che intraprendemmo una carriera nella legge, chi avvocato chi magistrato.

Il codice intitolato al Guardasigilli mussoliniano ha precise radici e impronte che inequivocabilmente lo collocano esattamente nel periodo storico in cui fu pensato e promulgato: è inutile stare qui a ripercorrerne i tratti, che sono (una volta tanto in Italia) precisi, indiscutibili e oramai definitivamente indiscussi.

Ma quel complesso di norme, che conteneva sanzioni abrogate nel tempo, alcune delle quali sopravvissero – e non avrebbero dovuto – alla caduta del fascismo e all’introduzione della Repubblica, del voto alle donne e ad altre svolte epocali del genere, era stato concepito e scritto da autentici geni giuridici: al punto tale da poter affermare che buona parte delle riforme legislative penali viva vie succedutesi nei decenni, sia sostanzialmente inutile in quanto ripetitiva.

In questo modo è consentito dire che le tre ipotesi legislative di cui sopra, sono già esistenti nel codice penale, sia come previsione legislativa sia come sistema di aggravanti. Perché sanzionare con un nome diverso l’omicidio di un essere umano di sesso femminile? Perché dare un nome (‘stalking’ o femminicidio’ o ‘omicidio stradale’?)? Ovvio: per sottolinearne la particolarità.

Ma non c’è alcun bisogno di particolarità, se il fine vero è la prevenzione e non solo la repressione di un crimine – e comunque, anche sotto il profilo della sola repressione il discorso non cambia.

Viene assassinata una donna da l’ex compagno o marito lasciato? Magari con l’uso delle fiamme? Esiste nel codice penale l’articolo 575 che punisce l’omicidio; esistono le aggravanti della premeditazione (l’essersi procurati una latta di benzina e/o un alibi), dei futili motivi (la mancata accettazione della separazione), della crudeltà mentale (l’uso del fuoco) e della peculiarità dei rapporti domestici (art. 61 codice penale, numeri 1, 4 e 11) che portano, ognuna di queste singolarmente prese, dritti all’ergastolo, senza neanche passare per il VIA.

Qualcuno rende la vita impossibile a una donna, continuamente tempestandola di minacce, telefonate a raffica anche nel cuore della notte, gomme della macchina tagliate, promesse di omicidio/suicidio, agguati sotto casa e cose del genere? Esistono i reati di violenza privata e di minaccia i quali, conditi con le aggravanti di cui sopra, portano a pene esattamente uguali a quelle dello ‘stalking’ – anzi, volendo, anche più alte, il giudice ne ha il potere.

Allo stesso modo, non c’era necessità di qualificare meglio un omicidio commesso alla guida di un’automobile, mentre si è ubriachi o aggravare le pene per chi omette il soccorso stradale: vedi sopra.

Già che ci siamo, ci metto anche il reato di tortura, che proprio NON ha ragione di essere introdotto; vogliamo pensare al caso del povero Cucchi o al G8 di Genova e i fatti della scuola Diaz e della Caserma della Polizia Penitenziaria? Mi ripeto per l’ultima volta: a fronte dei reati di lesioni gravi e gravissime, che già adesso possono portare la pena fino a 12 anni, con le aggravanti di cui sopra eccetera eccetera… Per non parlare di quando casi come questi sfociano nell’omicidio, come nel caso di Stefano Cucchi e via andare.

Sono tutte sanzioni già previste in un codice scritto più di 80 anni fa. Un altro esempio e poi basta? Aggiungete – non c’è bisogno di una legge, per analogia può farlo il giudice – a tutte le norme che nel codice penale parlano di ‘corrispondenza’ (lettere e telegrammi, all’epoca) il termine ‘flusso telematico’ e avrete, 80 anni dopo, le STESSE sanzioni, senza bisogno di una ennesima, ulteriore legge inutile che va a fare contente le case editrici dei codici.

Non moriranno assassinate meno donne; non verranno molestate meno donne. Morirà meno gente sulle strade. Perché togliere la vita a un passante dopo essersi messi alla guida in stato di ebbrezza, VIENE PERCEPITO COME REATO, allo stesso modo in cui fare bancarotta, sotto sotto viene percepito come reato; rubare, picchiare, truffare, sono comportamenti che, pur se commessi con preciso intento criminale, anche il più incallito dei criminali SA, lo sente, che sono contro la legge, contro la società: tant’è che molti di questi fatti sono commessi proprio in odio alla società e alle leggi. Lo vedremo fra qualche tempo, leggendo le statistiche: personalmente, sono pronto a scommettere una – ragionevole – cifra che a furia di irrogare condanne draconiane, il numero dei morti per strada a causa dell’alcol diminuirà, proprio perché il cittadino ordinario, quello che sbadatamente sta attento a smettere di bere a cena quando arriva il secondo, ma poi al momento di pagare il conto davanti alla cassa accetta il limoncello che gli offre il gestore del ristorante, sale in auto e succede quello che succede, lo sa benissimo che uccidere è cosa che non si deve fare.

Ma per la più gran parte di quei poveri disgraziati – e in questo frangente uso il termine come largamente peggiorativo di ‘assassini’ – che uccidono, violentano, seviziano o molestano l’ex moglie o l’ex compagna, il gesto estremo rappresenta l’incapacità non solo e non tanto di accettare la libera volontà di un’altra persona, ma anche la scarsissima percezione che si tratti di un crimine.

Consideriamo, dalle cronache, che la maggior parte di questi uomini vanno dai 20 ai 35 anni. Il che significa che i più in là negli anni, erano poco più che bambinetti quando incominciarono a vedere omicidi sotto forma di manga giapponesi e a essere tempestati di supereroi (maschi) col mascellone volitivo, accompagnati da donnette fragili e senza voce in capitolo; a sentire Sgarbi o Ferrara e gentaglia simile vomitare insulti, minacciare fisicamente, offendere, parlare sulla voce degli altri, sputacchiare frasi disgustose quando non apertamente senza costrutto, urlate al solo scopo di zittire l’interlocutore; a vedere il mondo degli adulti degli anni ’80 e ’90 riprodurre le figure femminili come tappezzeria o come puttane – o entrambe le figure – con i maschi, giovani, meno giovani, giovanissimi, resi avvezzi a non dover chiedere mai, a prendersi quello che vogliono, a farsi le proprie personali regole in barba alla convivenza civile e alla buona educazione come minimo sindacale e, come logica conseguenza, semplicemente non concepire che gli si dica di no, a cominciare dai genitori che fanno i fratelli maggiori.

Ora, è chiaro che se una persona cresce con questo bel bagaglio culturale ed educativo, è ben arduo poi pretendere che concepisca come illecito il fare quello che gli è sempre stato consentito, se non addirittura consigliato o imposto e cioè prendere/non accettare.

Quanto agli altri, se si escludono quelli con un certo grado di istruzione (e anche lì, bisogna stare molto ma molto attenti a generalizzare: abbiamo fior di professionisti, che hanno fatto il classico e citano l’Ariosto a memoria, che poi sparano alla moglie che vuole andarsene, anche chi ha studi in lingua greca e latina può essere stato educato a non essere mai contraddetto), dobbiamo rilevare livelli culturali da far cadere le braccia, più consoni a un Paese che non aveva ancora frigorifero e gabinetto in tutte le case.

Naturalmente il giudizio assoluto non può essere preso in considerazione alla lettera; nessuno può sostenere che ogni singolo uomo o ragazzo che ha ucciso o molestato l’ex moglie o fidanzata sia talmente bestia da non capire quello che fa. Un reato di impulso è, pur sempre, quello che è: un fatto commesso d’impulso. Ma la differenza con gli altri reati, incluso l’omicidio alla guida di un veicolo, è che l’impulso è situato un po’ più in avanti; la percezione della gravità di quello che si è fatto è spostata più oltre, proprio perché l’uso e l’abuso della figura femminile è stato il loro pane quotidiano. In questo coadiuvati da una società scema e imbesuita dalla televisione e da vent’anni di berlusconismo, che nelle persone dei familiari, fino all’altroieri parlando dell’omicida in carcere, dicevano “E’ un bravo ragazzo, l’amava così tanto…”

Prevenzione. Questa è la parola chiave. Poi, purtroppo, ci vuole anche la repressione. Ma l’intervento repressivo, per sua logica, si realizza DOPO il fatto. E invece servono, serviranno decenni di igiene sociale, di rieducazione, di riscoperta dei veri valori umani, che vengono prima dei pareggi di bilancio: perché vivere in una società che ha i conti in ordine e poi le pubblicità nelle quali ragazzine infoiate leccano un gelato come se stessero leccando qualcosa d’altro, con l’ammiccamento da troie che piace tanto ai maschi che QUESTO pensano delle donne in genere, è un gran brutto vivere.

Cesare Stradaioli

2 commenti su “NUOVE NORME VECCHIE STORTURE

  1. Ho molto apprezzato la tua affermazione che dietro la violenza che si esercita sulle donne ci sia, da parte di chi la commette, la scarsissima percezione che si tratti di un crimine. Questo iscrive tale tipologia di reato in un orizzonte culturale molto vasto: la disparità di genere nelle sue diverse variazioni di gravità, dal disprezzo e sottovalutazione della donna, all’idea che essa sia una proprietà maschile (quella paterna benevola affettuosa protettiva, ma anche aggressiva e violenta quando il “diritto proprietario” è minacciato), alla pretesa finanche di controllare il corpo della donna attraverso l’apparato legislativo, negando il suo diritto all’interruzione di una maternità non voluta. Segnalo al proposito che in Polonia, cioè nella Comunità Europea, si sta discutendo una legge che vuole eliminare completamente la possibilità di abortire, anche nei casi molto limitati che oggi lo consentono (cioè quando la gravidanza sia frutto di stupro, oppure ci sia pericolo di morte per la madre, o il feto presenti gravi malformazioni).
    All’interno di questo stesso orizzonte culturale si iscrive anche l’obbligo per le donne, nel mondo islamico, di portare il velo, simbolo di mortificazione e di appartenenza. Non mi si dica che è una libera scelta dal momento che si impone alle bambine o che questa è la loro cultura, una frase quest’ultima che mi fa particolarmente indignare (si può sostenere che esista una sola cultura nel mondo islamico o in quello cattolico o ebraico? E, se anche fosse, dobbiamo tollerarne tutti gli aspetti o non piuttosto esercitare la nostra facoltà di critica e opposizione?)

  2. Ho molto apprezzato la tua affermazione che dietro la violenza che si esercita sulle donne ci sia, da parte di chi la commette, la scarsissima percezione che si tratti di un crimine. Questo iscrive tale tipologia di reato in un orizzonte culturale molto vasto: la disparità di genere nelle sue diverse variazioni di gravità, dal disprezzo e sottovalutazione della donna, all’idea che essa sia una proprietà maschile (quella paterna benevola affettuosa protettiva, ma anche aggressiva e violenta quando il “diritto proprietario” è minacciato), alla pretesa finanche di controllare il corpo della donna attraverso l’apparato legislativo, negando il suo diritto all’interruzione di una maternità non voluta. Segnalo al proposito che in Polonia, cioè nella Comunità Europea, si sta discutendo una legge che vuole eliminare completamente la possibilità di abortire, anche nei casi molto limitati che oggi lo consentono (cioè quando la gravidanza sia frutto di stupro, oppure ci sia peri
    colo di morte per la madre, o il feto presenti gravi malformazioni).
    All’interno di questo stesso orizzonte culturale si iscrive anche l’obbligo per le donne, nel mondo islamico, di portare il velo, simbolo di mortificazione e di appartenenza. Non mi si dica che è una libera scelta dal momento che si impone alle bambine o che questa è la loro cultura, una frase quest’ultima che mi fa particolarmente indignare (si può sostenere che esista una sola cultura nel mondo islamico o in quello cattolico o ebraico? E, se anche fosse, dobbiamo tollerarne tutti gli aspetti o non piuttosto esercitare la nostra facoltà di critica e opposizione?)

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