Governabilità vs Rappresentatività

Immaginiamo, ognuno di noi, di essere un elettore austriaco.

Io sono di destra, ma rinnego il nazismo e non sono razzista.

Io non sono di sinistra.

Io sono di sinistra.

Io sono di centro, ma non ho particolari simpatie per il Partito dei Verdi, del quale non condivido il dilettantismo politico e la scarsa capacità organizzativa e di mediazione politica.

Io sono di centro.

Giorni fa, l’Austria ha scelto il Presidente della Repubblica: in lizza, fino – letteralmente – all’ultima manciata di voti, oltre a tutto sono stati decisivi quelli degli austriaci residenti all’estero (due paroline sul voto all’estero, più sotto), un razzista non necessariamente nazista ma comunque di destra fortemente pronunciata e un rappresentante dei Verdi.

Ha vinto quest’ultimo e tantissime anime belle europee hanno tirato un sospiro di sollievo. Indubbiamente, avesse vinto l’antagonista, la politica austriaca e, di conseguenza, europea, ne avrebbe risentito.

Ma il problema sta altrove: qualcuno ha fortemente voluto il bipolarismo, indicando in questa soluzione l’unica che garantisca governabilità. E’ vero: ridurre tutte le istanze sociopolitiche a due soli raggruppamenti (quando non addirittura a due sole persone fisiche), semplifica il tutto e garantisce stabilità.

Ma tutti coloro, ognuno di noi che ha immaginato di essere uno di quelli di cui sopra, che NON sono decisamente schierati a destra e che NON simpatizzano per il Partito dei Verdi, sono rappresentati?

In altre e definitive parole: è vero o non è vero che la ricerca spasmodica – fatta per lo più dai solerti difensori dei mercati, unico regolatore politico di questi anni cupi – della governabilità, della stabilità, garantisce la rappresentatività (se non proprio a tutti, per lo meno a una decente percentuale di elettori)?

Proviamo, ognuno di noi, a dare una risposta.

P.S. Le due paroline.

Dieci anni fa, quando per la prima volta votarono gli italiani residenti all’estero, c’era una volta un rappresentante politico di una delle due sezioni in cui era divisa l’Argentina. Politicamente schieratosi in campagna elettorale per il centro sinistra, fu eletto senatore.

L’esecutivo guidato da Romano Prodi cadde dopo due anni, furono indette nuove elezioni, Berlusconi tornò al governo e quel rappresentante sudamericano venne eletto come senatore nel centro destra.

Richiesto di spiegare come mai avesse cambiato schieramento politico in maniera così repentina, rispose più o meno così: “I miei elettori italiani in Sudamerica mi hanno mandato a Roma per stare al governo, mica per stare all’opposizione.”

Non ci fu UN SOLO commentatore politico che disse ‘bah’ (ma anche: guarda quel mascalzone e che grande bischerata è la legge che fa votare chi risiede all’estero e decide anche per me che qui ci vivo…).

E poi dicono che uno si butta a sinistra…

Cesare Stradaioli