MA COS’HA DETTO DI DIVERSO?

Ho la ventura di conoscere molte persone di grande intelligenza e cultura, capaci di comprendere, anche e soprattutto fra le righe, quanto viene detto, scritto, rappresentato. Pertanto, mi piacerebbe che qualcuno, non necessariamente facente parte della suddetta cerchia, mi facesse notare cosa ci sia di così differente e diversamente grave da molte delle cose dette, scritte e rappresentate da berlusconi e tutti i suoi corifei di diverso colore politico, rispetto a quando va dicendo, scrivendo e rappresentando Donald Trump: deve trattarsi di una differenza incalcolabile, se a costoro non fu rivolta in passato – neanche nel presente, per il vero: costoro, o i figli di costoro, insistono, anche ai giorni nostri – nemmeno l’ombra delle contumelie che in Italia e all’estero vengono rivolte all’attuale (e, a quanto pare, anche prossimo) presidente degli Stati Uniti. 
Ritengo di avere un certo grado di aggiornamento, specie sui fatti di politica estera – mi ostino a considerarla parte fondamentale della politica di qualunque Paese e, nello specifico, elemento essenziale di un pensiero di Sinistra; d’altronde, solo un cieco, un sordo e uno palesemente votato alla pervicace indifferenza, potrebbe essere indenne dalla moltitudine di giudizi, quasi tutti negativi e spesso inauditi, a proposito dell’inquilino della Casa Bianca. Considerata, quindi, la mia pressoché quotidiana dose di rimandi all’argomento del giorno affrontato da costui e considerata altresì l’ottima memoria, di cui ogni tanto vengo rimproverato, affermo di non ricordare che Donald Trump abbia mai detto che per ogni pubblico ministero è pronto un fucile e che un proiettile costa pochi dollari; non ricordo che abbia detto che i giudici siano biologicamente inferiori ovvero uguali a noi ma, a macchia di leopardo, affetti da malattie mentali (quelli che prendono decisioni che non garbano, si intende); mi sarà sfuggito, nella marea di stupidaggini che ha pur sempre detto in gran quantità, che abbia invitato gli anziani stranieri ricchi ad andare a morire in Usa, in modo che gli eredi possano lucrare al massimo le bassissime tasse di successione che vigono nella terra dei Padri Pellegrini; non è mai apparso in video a dire che, sotto la sua presidenza, era stata trovata la cura contro il cancro; non ha mai scatenato testate giornalistiche (che peraltro non gli sarebbe stato consentito di avere, al momento della candidatura) contro magistratura e avversari politici e imprenditoriali; né ha mai disposto l’allontanamento dal video dei commentatori di costume e satirici (e da quelle parti ve ne sono di feroci) che gli erano ostili, mettendo al loro posto persone che definire giornalisti è un’offesa alla categoria peraltro già sputtanata a sufficienza e che chiamare leccaculi è un eufemismo da suorine di clausura; ha sì più volte menzionato un muro da erigere verso e a danno del Messico (peraltro già esistente e sorto sotto la presidenza Clinton e che Obama non si è neppure lontanamente sognato di abbattere), ma non ricordo che abbia invitato lo sceriffo della valle solitaria a sparare a vista sui profughi che vengono dal sud o al capitano Achab di lasciare perdere la balena bianca e di cannoneggiare i barconi; non risulta avere mai invitato (per poi essere ricattato e costretto a mantenerle) in una delle sue residenze, camionate di povere ragazze costrette a prostituirsi per lui e per i vecchi e nuovi sporcaccioni che lo circondano; oso essere sicuro che, richiesto di un’opinione sul nuovo presidente francese o primo ministro inglese, di padre o di madre africana nera, non si sarebbe mai azzardato a dire che negro non è, ma solo un po’ abbronzato; non ha commesso reato difendendo i razzisti del KKK perché negli Usa non è illegale neppure parlare bene di Hitler, tanto quanto in Italia lo è – lo sarebbe – facendo apologia di fascismo. Quanto ai soldi: sappiamo tutti che fine fanno negli Stati Uniti quelli che li rubano e li riciclano. Infine, e di questo sono certo, in tutti questi anni, neppure in campagna elettorale, ha mai dato dei coglioni ai votanti democratici. 
Si potrebbe andare avanti fino a domattina: soprattutto, non ricordo che l’esecrabile ed esecrato (anche in patria: però rivincerà e qualcuno dovrà un bel giorno spiegare alle belle anime filoamericane de noantri che negli Usa, per un Bruce Springsteen, per un Woody Allen, per un Philip Roth eccetera, per ciascuno di costoro vivono e votano in misura dieci volte maggiore, uomini e donne che pensano che la sanità pubblica per tutti sia socialismo reale, che la Bibbia l’ha dettata Dio in persona, incluso l’inciso di Gedeone che vede il sole girare intorno alla Terra e che Charles Darwin fosse un sovversivo ebreo) discendente di emigranti illegali, abbia mai NEGATO di avere detto l’ultima corbelleria che gli viene rimproverata. Anche perché, se l’avesse fatto, se avesse detto – come è accaduto e tutt’ora accade da noi – di essere stato frainteso, che le sue parole sono state strumentalizzate, di non aver voluto dire quello o di non averlo proprio detto, si sarebbe tirato addosso le attenzioni di qualche procuratore distrettuale, dato che da quelle parti hanno idee tutte loro rispetto alla libertà di parola e della responsabilità che ci si assume quando si dà aria ai denti. Di dove, come e quando Bill Clinton avesse praticato con la stagista di turno quella cosa che fanno tutti e che fra maggiorenni consenzienti è vietato in Arabia Saudita, in Iran e in qualche stato della confederazione a stelle e strisce – a memoria, menzionerei l’Utah, fra gli altri – negli Usa è importato a qualcuno per circa 15 minuti: imperdonabile, per l’ex presidente, fu averlo negato.
Quanto questo stimma tutt’ora pesi sulla politica dei democratici, basta chiederlo alla moglie, più volte candidata: dodici anni fa, il suo stesso partito le preferì un colored, che di anglofono non aveva nome né cognome (quanto ci aveva visto lontano John Lennon, a proposito della donna, che è la negra del mondo!) e nel 2016 l’intera nazione optò per un miliardario coi capelli di plastica. Da noi è stato sufficiente un trapianto tricologico.

Cesare Stradaioli