Laicità e ordine pubblico

Il dibattito intorno all’ordinanza del sindaco di Varese, relativo al divieto di portare il burqua, sia viziato dal consueto difetto italiano di affrontare gli argomenti sistematicamente nel modo sbagliato.

In Francia, Paese laico per eccellenza, è vietato portare il burqua in pubblico: si tratta, secondo le motivazioni del legislatore transalpino, di ‘ostentazione religiosa': che non ha nulla, ma proprio nulla a che vedere con gli esempi che vengono fatti per giustificare il divieto del sindaco di Varese, primo fra tutti, la corretta osservazione secondo la quale in Italia non è consentito andare in giro travisati con sciarpe, passamontagna o con un casco in testa, a parte quando si è in moto, o comunque con il volto celato.

Fa specie sentire persone come Emma Bonino esprimersi in questi termini: tale divieto risale alla cosiddetta ‘Legge Reale’, una delle più liberticide mai approvate dalla Repubblica Italiana. In questo modo – a parte la smemoratezza di chi a quella legge si oppose, insieme ad altri milioni di italiani – si confonde una legge ordinaria (che può piacere o meno, poco importa sul punto) che può essere abrogata, sottoposta a referendum, modificata eccetera, con un principio – quello della laicità – che dovrebbe presiedere nel concreto uno Stato come il nostro.

Per dire, in Francia è consentito camminare per strada con il casco in testa: non esiste una legge proibitiva, in proposito. Ad ogni modo, il dibattito così impostato rischia, come sempre, di sviare il discorso dalla vera essenza della questione, cioè, ancora una volta, la laicità dello Stato, dove solo ad appartenenti a ordini religiosi può essere consentito di muoversi in pubblico con vestiario e simboli religiosi, senza offendere la sensibilità di nessuno né il primato dello Stato sulla religione.

Abbiamo, non lontano da noi, uno Stato ‘democratico’, Israele, nel quale cittadini non appartenenti a ordini religiosi ostentano in pubblico simboli religiosi quali un copricapo identificativo di quello specifico credo religioso, proprio perché non si tratta di uno Stato laico, che specialmente negli ultimi decenni è palesemente sottoposto al dominio di una minoranza religiosa ultraortodossa, razzista e – se permettete – misogina e sessista.

Se una persona ama indossare divise militari, paludarsi di simboli religiosi, camminare tenendo alto in vista un crocifisso sanguinante, appendere manifesti di Hitler, lo faccia a casa sua. In pubblico, no, non è cosa. Non da Paese laico. E la spregevole Legge Reale non c’entra assolutamente niente.

Cesare Stradaioli