1 Comment

La borsa e la vita

Fermi tutti. “Uccide il ladro che voleva rubare l’incasso della giornata“?

Per caso, avete visto o sentito qualcuno – non io, non uno di voi, non abbiamo sufficiente eco e notorietà: ma a proposito di  assonanze, per esempio, gente come Umberto Eco, tanto per non fare nomi – alzarsi in piedi e dire: Signori, ma state scherzando? La vita di una persona vale l’incasso del giorno, fosse anche Bulgari in via del Corso?

No, non l’avete sentito. Per forza: non si è alzato nessuno. In compenso, si è alzato il vescovo di Chioggia, il quale ha avuto da dire sulla sentenza emessa dal Tribunale di Padova qualche giorno fa, con la quale è stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione e a 350mila euro di risarcimento alla famiglia, un tabaccaio che aveva ucciso – sparandogli alle spalle mentre fuggiva, bisogna dirlo – un giovane ladro: eccesso colposo di  legittima difesa, a tanto così, secondo un passaggio delle motivazioni, dall’omicidio volontario.

L’alto prelato – così si dice – dopo avere, bontà sua e della tonaca che porta, avere speso qualche parolina di pietà per un morto ammazzato, ha dichiarato che il giudice avrebbe dovuto avere un occhio di riguardo al fatto che la condanna al risarcimento, oltre ad ‘arricchire’ i familiari del morto, impoverirà la famiglia del tabaccaio. In sostanza, secondo queste osservazioni, un giudice in determinati casi dovrebbe avere un occhio di attenzione alle conseguenze che potrebbero avere le sentenze che emette.

Il vescovo di Rovigo è un uomo come altri. Legge, ascolta, si informa. Sono certo che si interessa di cose pratiche, oltre che di quelle più soprannaturali che maggiormente gli competono. E in questo senso, la sua osservazione non è campata in aria, dal punto di vista finanziario: in effetti, ove la sentenza del Tribunale di Padova diventasse definitiva, il condannato e la sua famiglia andrebbero incontro a enormi difficoltà di ordine economico.

Tuttavia, appare evidente come il vescovo rodigino si sia inserito – consapevolmente o meno – in quel solco che ultimamente si sta approfondendo in maniera preoccupante, secondo il quale la giustizia deve avere un occhio all’economia (ai schèi, insomma, non meniamo più che tanto il torrone: che siano del signor tabaccaio o di competenza del ministro Padoan): e, inserendosi in questo solco, si mette sulla scia di personalità accademiche ed esperti di economia e finanza, oltre che di politici molto rappresentanti ma assai poco rappresentativi.

Il giudice applica la legge, quale che essa sia. Se la ritiene incostituzionale, o solo dubita che lo sia, sospende il giudizio e invia gli atti alla Corte Costituzionale, affinché ne venga verificata la compatibilità con questo o quell’articolo della nostra legge fondamentale. Le leggi, financo gli articoli della Costituzione – o quasi tutti – non sono scritti ora per sempre: sono soggetti a mutamenti sociali, di costume, di cultura, di approccio politico e come tali possono essere cambiati (e, se del caso, devono esserlo).

Se non ha alcun dubbio in proposito, il giudice la applica, punto e basta. Non può essere consentito di argomentare sul fatto che il giudice, nell’applicare la legge e nel ricercare la pena più adeguata da irrogare, o il provvedimento civilistico più consono da prendere, debba anche farsi carico delle conseguenze che ne possono derivare. Non gli compete. NON DEVE competergli. Senza contare che, ove dovesse in qualche modo passare una riforma che, per contro, ponesse sulle spalle del giudice il giudizio e la valutazione di cui sopra, si arriverebbe per vie traverse a concretare uno dei desiderata più genuini e incistati nel codice genetico della destra, vale a dire il controllo dell’esecutivo sul giudiziario.

Un domani si forma un indirizzo di pensiero, largamente maggioritario, secondo il quale questa o quella norma di legge deve essere cambiata, senza dover passare attraverso il lungo e tormentato giudizio della Corte Costituzionale? Ebbene, c’è un potere legislativo che, unito a quello esecutivo, ha tutti i mezzi per cambiarla, quella legge, ovvero modificarla.

Lo faccia il potere legislativo, di propria iniziativa o approvando quella del potere esecutivo che si esprime con i decreti legge: ma non si chieda al potere giudiziario, oggi come oggi l’ultimo caposaldo che garantisca un minimo di legalità di decenza, di supplire alla inanità, all’ignoranza, alla beceraggine, alla stupidità e al servilismo cui sono assoggettati gli altri due.

E, magari, la prossima volta, pensando alle ben peggiori conseguenze, morali e materiali, qualcuno eviterà di togliere le vita a un essere umano, per qualche migliaio di euro.

 

P.S. Parlando di morale: che fine hanno fatto le radici cristiane dell’Europa con cui tanto si armano i volenterosi sostenitori della moneta unica, del ministro unico dell’economia, della UE, del libero mercato, di Schengen e di altre pinzellacchere del genere? Voglio dire, a prescindere dalle mie convinzioni (anzi, proprio in ragione di quelle), io non posso dire di non essere cresciuto in una società cristiana, anzi giudaico-cristiana – ogni tanto c’è qualche talebano cristiano che dimentica che tutta quella faccenda che comincia il 25 dicembre e finisce sul Golgota riguarda in via esclusiva, salvo la breve apparizione di Ponzio Pilato, un mucchio di ebrei circoncisi, primo fra tutti il Cristo. Se è vero, come pare essere assodato, che quello che si apprende nei primi quattro anni di vita rimane per sempre, anche se non con influenza decisiva nell’esistenza di ciascuno, mi domando come sia possibile che qualcuno, salvo rarissime eccezioni, nato in Europa, possa sostenere di NON essere nato e cresciuto in un ambiente profondamente intriso di senso religioso. Detto questo, pur non credendo nell’esistenza di un’entità superiore che dispensa giustizia, ritengo che di quel minimo di senso di umanità e di empatia siamo tutti debitori e riconoscenti a quelle radici. Non troverei, altrimenti, per quale altra ragione, oltre che di libertà e di eguaglianza, i rivoluzionari dell’Enciclopedia, parlassero di fraternità, o da dove si fosse inventato Schiller l’inciso dell’Inno alla gioia, secondo il quale un domani tutti gli uomini saranno fratelli.

Insomma: a fronte di tutti questi sindaci che vanno in tv o su internet e giocano a fare l’ispettore Callaghan, a fronte di politici, giornalisti, conduttori di media, che insistono sul diritto all’uso delle armi anche oltre la legittima difesa (che, peraltro, è prevista dal codice penale fascista e il guardasigilli Rocco la intendeva in modo molto restrittivo), che irridono l’ammazzato in quanto ladro, zingaro, extracomunitario e che ne sottovalutano la vita rispetto a un pugno di dollari, dove sono le voci dei ministri di dio o sedicenti tali?

E’ indicativo che il vescovo di Rovigo, che sarà senza dubbio una brava persona, si preoccupi del risarcimento dei danni e non dei due anni e otto mesi, quindi niente sospensione condizionale della pena – che poi sarebbe la pena principale che viene inflitta alla quale andrà incontro il tabaccaio. Che, senza volère, come ama celiare Maurizio Venasco citando un tormentone della sua terra, anche per il tabaccaio valgano più i soldi che dovrà pagare rispetto alla sua, di vita?

P.P.S. Lo dico da avvocato – ma senza dubbio gliel’avrà detto il suo: stia tranquillo il tabaccaio, che in galera non ci va, al di sotto dei tre anni c’è l’affidamento in  prova. Significa che se al Tribunale di Sorveglianza andasse bene, sconterà la pena (con 75 giorni di liberazione anticipata – ‘buona condotta’ – ogni sei mesi scontati) lavorando nel proprio esercizio, con l’unica limitazione di non poter uscire di casa da sera a mane (e, possibilmente, senza tenere armi in casa).

E questo grazie alla legge Gozzini che, secondo i beceri che si scandalizzano per la condanna, consente di dire che “in Italia non va in galera nessuno“.

Cesare Stradaioli

Un commento su “La borsa e la vita

  1. Torna alla memoria uno slogan, dei più corrosivi, del Sessantotto:
    “La cultura è come la marmellata: meno ce n’è, più si spalma.”
    Le considerazioni di Cesare dimostrano, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto questo valga per le “radici cristiane”…

I commenti sono chiusi.