Continuità…

Mettiamo per un momento da parte qualsiasi considerazione sulle cosiddette ‘Primarie’ – cosiddette, in quanto poco hanno a che fare con le vere Primarie, mutuate dagli Usa – indette a Milano per la candidatura a sindaco. Ne riparliamo un’altra volta.

Nel momento in cui il sindaco uscente ha ricordato l’impegno preso all’atto della nomina, e cioè che non si sarebbe candidato per un secondo mandato, Matteo Renzi subito si premunì di affermare che l’orientamento del PD sarebbe stato quello di avere una candidatura “di continuità” con l’esperienza di Giuliano Pisapia.

Il lettore medio di una simile affermazione, cosa ne trae? Che il presidente del consiglio, nonché segretario del PD si sarebbe speso in prima persona e con la grande forza persuasiva di cui ora gode, per fare in modo che il candidato del partito avrebbe rappresentato, anche con nomi diversi e con programmi non necessariamente in stretta linea con la precedente giunta, una cifra immediatamente riconoscibile come situata nel solco delle politiche attuate negli ultimi cinque anni.

Naturalmente – primo, perché l’affermazione proveniva da un noto mentitore e secondo perché, comunque, siamo in Italia, dove le cose NON vanno come dovrebbero andare – non è stato così e, prontamente, la maggioranza renziana del PD ha imposto un candidato, Sala, che a dire la verità non rende difficile intuirne una continuità con la precedente esperienza: lo rende impossibile.

Ma queste sono considerazioni a livello generale: intendo dire che è pur sempre possibile – siamo sempre in Italia – che la giunta guidata da Sala realizzi una politica all’altezza di quella di Pisapia e, magari, anche di qualità migliore sotto vari profili. E, a questo punto, vale anche poco ricordare come Sala sia stato un personaggio di primo livello durante il governo della città a guida Letizia Moratti: oltre che in Italia, siamo nel Terzo Millennio, per cui vale tutto.

La considerazione, a mio giudizio, più importante è questa: come sia possibile candidare a sindaco di Milano un signore che ha gestito l’Expo 2015 – qualificata a cori unanimi come un successo (20 milioni di effettive entrate: nel 2000 i 21 milioni dell’Expo di Hannover furono considerati dai tedeschi un fallimento, ma i pareri sono come il buco del culo, ognuno ha il proprio) – e che, a febbraio 2016, nei giorni in cui si tenevano le primarie, e tutt’ora, non ha ancora presentato il bilancio di questa esperienza che è stata sbandierata come il fiore all’occhiello del candidato.

Un sindaco amministra: oltre che un politico, il primo cittadino è, a tutti gli effetti, il terminale di complesse procedure contabili. Che vanno gestite con professionalità, altrimenti la più avanzata, civile, progressista, solidale riforma va a farsi benedire: o non viene realizzata, rimanendo l’ennesimo ‘libro dei sogni’, oppure se realizzata, farà pagare negli anni successivi la sua scellerata gestione; ottimi motivi entrambi per indurre la popolazione a votare da tutt’altra parte politica alla consultazione immediatamente seguente.

Sala sarà pure un gentiluomo: oggi come oggi non abbiamo motivo per pensarla diversamente e da garantisti dobbiamo riaffermare con forza che un’indagine non significa responsabilità.

PERO’. Però, rimane il fatto che il PD affida le sorti di una città come Milano (e, cosa più importante, insiste su una totale ingerenza centripeta a livello politico, tutto rimesso nelle mani di pochi renziani che fanno e disfano le politiche locali e nazionali come meglio credono e senza alcuna seria opposizione) a un professionista che, va ripetuto alla nausea, ancora non solo non ha depositato il bilancio di una ‘sciocchezzuola’ come l’Expo – e QUELLO sarebbe stato un ottimo metro di giudizio sul suo operato – ma neppure è in grado di fornire cifre così, alla buona: memorabile fu la sua comparsata di qualche settimana fa in un programma televisivo, nel quale fece una figura sinceramente penosa, richiesto di dire qualcosa, qualche cifra, a proposito della manifestazione milanese.

Non sembra un bell’esempio di politica. Così come non lo è stata la sua prima dichiarazione, una volta ricevuta la candidatura: “Ora devo prendere i voti della sinistra“; a me, personalmente, sembra il programma di un candidato di destra. Un candidato di sinistra, IL candidato del PD, dovrebbe preoccuparsi di acchiappare i voti del centro e magari anche della destra. O no?

Dimenticavo: siamo in Italia…

Cesare Stradaioli