INDECOROSI

E’ difficile non essere d’accordo con Beppe Grillo, una volta tanto, per quanti sforzi interpretativi si facciano, quando parla di scaracchio in faccia ai cittadini onesti. La nomina di Pierferdinando Casini a Presidente della Commissione Parlamentare che si occuperà dei comportamenti di alcuni istituti bancari, tristemente assurti alle cronache giudiziarie, raggiunge livelli di indecenza e di mancanza di decoro da lasciare sbigottiti – e non è che se ne sono viste poche, nel nostro Paese.

Come possa essere venuto in mente a coloro che hanno avuto questa brillante alzata di ingegno, solamente di pensare a un uomo che ha la storia che ha, e fin qui va bene, ma che anche e soprattutto è stato genero di Gaetano Caltagirone, vale a dire uno degli imprenditori destinatario di aperture di credito quanto meno fortemente sospette e opache (perché è di questo, anche di questo, che si occuperà la Commissione Parlamentare), è cosa che sfugge a inquadrature logiche.

A voler fare una battuta da scompartimento ferroviario, verrebbe da dire che qualcuno sta lavorando per il Re di Prussia – o, se si vuole, per il Boss di Genova: cioè, qualche personalità che evidentemente un certo peso politico lo deve pure avere, se ha voce in capitolo nelle nomine delle Commissioni, sta cercando in tutti i modi di portare voti al M5S e, in genere, a una qualsiasi formazione politica X, che come portabandiera e parola d’ordine ha il contrasto con l’attuale classe politica, senza operare alcuna differenziazione.

Non si riesce, altrimenti, a capire come sia possibile che a nessuno sia passato per la testa che va bene tutto, va bene che siamo nel Terzo Millennio, va bene che c’è la libertà di opinione (anche se qualcuno se ne approfitta), va bene che termini quali ‘conflitto di interesse’ suonano vintage come ‘serva’, ‘taffetà’ o ‘torpedone’, ma che forse FORSE Casini non era esattamente la persona più indicata per quella specifica nomina.

La spiegazione alternativa, che verosimilmente è la più credibile, è che una tale nomina si spieghi esclusivamente con il disprezzo per l’opinione pubblica, non voglio neppure parlare di distacco dalla stessa – che, mi pare, sia una giustificazione; si spiega con un modo di intendere la politica e l’esercizio del potere che ha le proprie radici nel ‘me ne frego‘, di fascista memoria. Me ne frego di quello che pensa l’opinione pubblica, me ne frego di cosa possono dire coloro che ritengono tale nomina del tutto inappropriata, me ne frego delle inchieste giudiziarie e delle ripercussioni che questo incarico possa avere, me ne frego dell’interesse sociale, me ne frego della stessa idea – pessima – che possono avere di me/di noi. Un po’, se è consentito rifarsi alla memoria personale, quello che disse, una quarantina di anni fa, in piena contestazione politica, l’allora magnifico rettore dell’università di Padova; uomo spiccio, rude, scarsamente incline al dialogo e al prendere in considerazione le opinioni difformi dalle proprie, rieletto per il rotto della cuffia, dimostrò una solida e chiarissima noncuranza per le perplessità che aveva suscitato non tanto il suo nome, quanto la ricandidatura e la rielezione, uscendosene con la seguente risposta alla domanda di un giornalista: “Me ne ciàvo; mì, i voti i go‘”. Per chi avesse scarsa dimestichezza con la vulgata veneta, più o meno, per l’appunto, un me ne frego leggermente più, diciamo, schietto, tanto i voti li ho presi. Suscitò una blanda ilarità. E’ quello che succede in Italia: ilarità. Altrove, una frase del genere avrebbe indotto il Senato Accademico a redarguire severamente il non tanto magnifico.

Qui non si tratta di discutere la persona: Casini, come detto, ha la storia politica che ha, è stato anche Presidente della Camera, vale a dire la terza carica istituzionale e non risulta – o io non lo ricordo – che abbia mai riportato condanne. Tutto bene, tutti d’accordo. Ma: perché, per dire, un marito non può essere giudice in un processo in cui la consorte è pubblico ministero? Non certo perché dubitiamo della loro onestà e imparzialità: diversamente, dovrebbero essere sottoposti a procedimento disciplinare ed eventualmente cacciati dalla Magistratura, anche se fossero perfetti estranei fra loro. Va evitata una qualsivoglia situazione che possa generare dubbi su regolarità, indipendenza, terzietà, imparzialità. Se voglio evitare che una determinata situazione possa far sorgere dubbi di quel tipo, sarà sufficiente impedire perfino i presupposti per la sua verificazione: non è difficile, né da capire, né da fare.

Esistono delle regole, anche non scritte, che impongono alla coscienza di ognuno determinate valutazioni, di opportunità, di buon senso: a maggior ragione in questo periodo storico – lunghissimo, pare alle volte interminabile – di corruzioni, baronie, favoritismi, nepotismi, opacità negli interessi, corruzione, aperte conflittualità fra affari privati che pesantemente interferiscono in quelli pubblici. Insomma: proprio non c’era nessun altro in grado di ricoprire quella carica? Non è da crederci, è impossibile crederlo. Non è consentito chiedere di crederci. E questo sia detto, sarebbe detto anche se fossimo in un Paese dove non si avesse la benché minima traccia di favoritismi o anche di semplice dubbio su questa o quella personalità istituzionale.

Non è segnale di buon uso di raziocinio e di analisi politica (che deve, sempre, necessariamente precedere l’esercizio della scelta; Adorno soleva ripetere come libertà non fosse scegliere fra A e B ma, se proprio non è possibile sottrarsi a detta scelta, quanto meno sapere cosa sia A e cosa sia B, esattamente prima di scegliere) muoversi verso questa o quella opzione politica solo perché quella o quelle che vi si oppongono fanno porcherie. Perché la nomina di Casini è, a tutti gli effetti, una porcheria. L’orientamento politico dovrebbe utilizzare strumenti a sé stanti e indipendenti di giudizio, sempre ovviamente tenendo in debito conto se quelle porcherie esistono e chi le abbia compiute. Ma se ci si stracciano le vesti contro il cosiddetto populismo, sarebbe fare buon governo della propria intelligenza capire chi sia il vero responsabile del declino della politica, da noi e in genere nel mondo occidentale.

Io non me la prendo con imbesuiti cittadini romani che cacciano presunti extracomunitari da una casa assegnata loro dal comune: sono il risultato di decenni di malapolitica e di abbandono da parte della Sinistra; non me la prendo con gli attivisti di Casa Pound: la società civile e la Sinistra lasciano il campo e loro si prendono il terreno abbandonato – politicamente ne hanno tutti i diritti e tutte le ragioni; non ce l’ho con il cittadino del Mid West che elegge Trump: prima delle promesse elettorali del magnate bellicapelli, è stata la decennale scellerata politica del Partito Democratico e la sconsiderata campagna elettorale di Hillary Clinton, ad avere orientato il suo voto, come quello di milioni di altri americani che, tecnicamente e politicamente, starebbero dall’altra parte della galassia, rispetto all’attuale presidenta statunitense.

Inviterei a fare lo stesso, quando registreremo l’incremento delle scelte elettorali, o di semplice protesta (vedi i No-Vax, che peraltro politicamente sembrano tragicamente trasversali): inviterei a prendersela con coloro i quali, con le loro scelte, i loro comportamenti pubblici e privati, la loro strabiliante mancanza di senso civico e politico, con le loro propagande politiche hanno svilito la POLITICA e con essa la coscienza del cittadino medio.

Cesare Stradaioli