IL SENSO DELL’ANTIFASCISMO A MACERATA

E’ comprensibile, la posizione presa dal sindaco PD di Macerata: il pover’uomo temeva che una o più manifestazioni dopo la tentata strage compiuta dal fascioleghista suo concittadino, potessero creare disordini, turbative del quieto vivere e danneggiare i gerani ai davanzali. Poi, come spesso accade in Italia, non è successo quasi niente, ma questo non toglie che la sua preoccupazione fosse condivisibile. Dal punto di vista umano.
Da quello politico, per niente. Il sindaco di Macerata ha commesso due gravi errori, probabilmente ascrivibili al fatto che lui, come tanti altri, onda lunga e mefitica dello sciagurato referendum sul maggioritario del 1992, a dispetto del fatto di essere certamente una persona degna e a modo, politicamente sia un analfabeta, del tutto carente di strumenti e capacità di mediazione, pilastri essenziali del pensare, prima che agire, politico. Ma siamo alle solite: potere alle brave persone, che i politici sono tutti inaffidabili, quando non sono corrotti; la liquidazione delle strutture di formazione in seno ai cosiddetti partiti tradizionali, ha fatto il resto e così a reggere le sorti e l’amministrazione di innumerevoli comuni, abbiamo cittadini di specchiata onestà – almeno, fino a prova contraria – e di totale carenza politica. Tanto varrebbe, con tutto il dovuto rispetto e per la competenza che serve, eleggere a dirigere un Comune un bravo amministratore di condominio.
Il primo errore è dovuto quasi esclusivamente alla mancanza di coraggio, altra componente fondamentale di un politico che si rispetti, che abbia un minimo sindacale di cultura e che sia dotato del carattere necessario per guidare una municipalità. L’esercizio del potere ha molto a che vedere col carattere, ne è strettamente connesso e il carattere è come il coraggio manzoniano: uno non se lo può dare, se gli manca. Egli avrebbe dovuto essere il primo a scendere in piazza: non tanto e non solo per la connotazione del gesto criminale al quale era necessario opporsi, ma prima di tutto proprio per quello. E, in ogni caso, a meno che il pluriferitore non fosse risultato essere affetto da gravi patologie mentali, quale che fosse stata la ragione del suo gesto, a prescindere da tutto il primo cittadino aveva il dovere – vorrei dire: il diritto – di guidare una manifestazione. Non di protesta: non si protesta contro la criminalità e non si protesta contro i fascisti; ci si oppone, in tutti i modi, con qualsiasi mezzo. Qualsiasi.
Il secondo errore è stato commesso quando, terminate le manifestazioni e puntualmente raggiunto dalla stampa, il sindaco di Macerata ha avuto da ridire sul fatto che la sua città fosse stata usata a meri fini strumentali di propaganda politica, a maggior ragione in prossimità delle elezioni politiche. Questo è un errore, se possibile, ancora più grave, in quanto denuncia uno spaventoso deficit di cultura istituzionale. I fatti accaduti a Macerata non coinvolgono che marginalmente la città: solo per il fatto che ivi si sono svolti, non significa affatto che si tratti di affare proprio dei maceratesi e basta, ciò che giustificherebbe lo sdegno per l’utilizzo che sarebbe stato fatto del nome e del luogo. Purtroppo, senza necessità di tante interpretazioni, è proprio così che l’ha messa il primo cittadino: erano affari nostri e voi ve ne siete impadroniti, infischiandovene bellamente di noi e del nome della nostra città.
Ignoro quanto manchi al termine del mandato, per il sindaco di Macerata: mi auguro – non ci credo neanche per un momento, ma non si può mai dire – che sia sufficiente affinché il brav’uomo, che pure, accidenti a lui, è stato eletto nelle liste del Partito Democratico (e anche di questo, come di tanti altri svarioni, qualcuno prima o poi sarà chiamato a rispondere e io personalmente me la prendo con TUTTI coloro che hanno votato PD) provveda a studiare un po’ la storia del nostro Paese, cominciando dai fatti attinenti alla Resistenza e alla Liberazione dal nazifascismo. Scoprirebbe qualcosa che non dovrebbe neppure essere necessario ricordare e cioè che l’antifascismo è fondamenta della nostra Repubblica, che il fascismo mai davvero sopito è una questione prima di tutto culturale e che è proprio sul piano culturale che va combattuto. La scuola, prima di tutto: ma anche il gesto di ogni singolo rappresentante istituzionale, ivi compresi i sindaci. L’antifascismo non è affare riservato a Macerata e ai maceratesi, così come non è di esclusiva competenza di nessuno in particolare, essendolo di tutti in linea generale. Imparerà che mobilitarsi contro il razzismo e il fascismo è SEMPRE strumentale, perché non si va in piazza a cazzeggiare, bensì a rappresentare una continuazione della Resistenza e della lotta contro le canaglie, e si tratta di una finalità precisa e, come detto, prettamente strumentale a ciò che vuole ottenere.
E già che c’è, dia anche un’occhiata al primo manuale di diritto penale che gli capitasse sotto mano: scoprirebbe (o se lo faccia spiegare da qualcuno) come il diritto penale, e quindi i reati di cui tratta, sono diritto pubblico, non privato e che le sentenze della Magistratura, come sarà quella che condannerà il criminale razzista che ha sparato a Macerata, sono emesse in nome del popolo italiano e non dei bravi cittadini di questa o quella contrada.

Cesare Stradaioli