IL PIFFERAIO SULLA LUNA

Se la Destra fosse al governo si potrebbe conversare amabilmente, incrociando e confrontando le opinioni, su cosa stia facendo per il Paese. Al governo, però, non risulta essere; più aderente allo stato dei fatti sarebbe dire, che so, che la Destra si diverte, la Destra va al mare, la Destra gira il mondo – Meloni dimostra un’invidiabile resistenza alle fatiche da fuso orario – la Destra e il caos calmo, la Destra e il Tesoro del Sultano, la Destra alla ricerca della Fonte Magica e così via. Malgrado ciò, riesce a mettere in pratica (non serve una particolare abilità: l’opposizione presta supporto, tanto scellerato quanto gentile ed è gentilissimo) quello che il pregiudicato de-cavalierato è stato in grado di fare per quasi trent’anni: a Roma direbbero buttarla in caciara, ma uscendo dal regionalismo appare piuttosto efficace anche la figura per nulla retorica del calciare la palla in tribuna.
Ossia: cavarsela scatenando un assordante scontro di piume in alta quota sul fatto che venga colpito l’omino che si aggira per gli spalti vendendo birre e barrette di cioccolato. Ecco la dimostrazione di quanto l’attuale esecutivo (che non esegue un bel niente ma la formula funziona sempre e poi, parafrasando Napoleone, i politici si medagliano con le etichette, come la Coca Zero o Light) si dimostri nemico dei lavoratori: prendersela con un povero diavolo che lavora, tirandogli addosso un pallone da football, sicuramente prodotto in qualche provincia indonesiana da bambini sfruttati e certamente molestati. Uscendo dalla metafora, ormai dovrebbe essere chiaro a chiunque voglia vedere come la principale e più risolutiva fra le sconcezze realizzate dal berlusconismo sia stata quella di deviare sistematicamente l’attenzione di elettori e soprattutto antagonisti dalla realtà alle vicende giudiziarie del capo.
Ciò aveva e ha ottenuto con lode due obbiettivi, fra loro complementari e inscindibili (l’uno senza l’altro non camminava): attaccare la Magistratura con la scusa delle sue intromissioni – a volte vere: la supplenza di un Potere su un altro non è mai una bella notizia – nella politica ma, nella realtà, con l’intento di fare esattamente quello che sosteneva di subire, vale a dire ricondurla al proprio controllo; tramite questo attacco, indirizzare l’attenzione collettiva su decine e decine di indagini, perquisizioni, ordini più o meno restrittivi, processi, condanne, assoluzioni e prescrizioni (le quali ultime due, con buona pace dell’avvocato e senatore Giulia Bongiorno, ascesa alla fama per quell’esclamazione che in una sessione di esami di Procedura Penale le sarebbe costata l’allontanamento, anche in malo modo) non sono per nulla equivalenti e questo con la specifica finalità di confiscare l’attenzione intorno al malgoverno pubblico e più che egregio governo ad personam che veniva praticato. E così, il cosiddetto cittadino medio e il politico di Sinistra si trovavano subalterni alla discussione sul fatto se una giovane prostituta nordafricana fosse nipote di qualche capo si Stato o se avesse ragione l’ex consorte del Presidente del Consiglio in merito a una presunta crisi satiriaca del marito a effetto prolungato: il tutto, mentre il dissesto economico (e non solo quello) procedeva ventre a terra.
La Destra che ha portato per la prima volta una donna a Palazzo Chigi (e, lo si tenga a mente, un’altra che si arrampica sull’orologio della storia per riportarlo al Medioevo, un vero scaracchio in faccia a storici e illustri militanti dello stesso partito quali Adele Faccio o Mauro Mellini per citarne solo due), mette in pratica la medesima tattica: oggi le vicende di una signora che, essendo in debito con l’Erario di qualche milione, non dovrebbe essere ministro, ma siamo nel Terzo Millennio e sono saltati gli schemi; ieri la seconda carica dello Stato si permette di rimproverare una Procura che sta indagando su suo figlio; nel frattempo, c’è un ministro, componente della giuria di un importante premio letterario che ammette di non avere letto i libri in gara (e per fortuna che non gli è stato chiesto se, a parte quelli, in vita gli sia mai capitato di aprirne uno); un altro, bavoso e rancoroso nonché sedicente ammiratore di un cantautore e uomo di profondo pensiero, delle cui poetiche deve essergli sfuggito qualcosa, a parte il la-la-la-la-lala-lala, noto ritornello a proposito di uno che sorride ai gendarmi in sella e con le armi; non manca quello che dice colossali bestialità vagamente nazistoidi (ma in fondo, forse, non così tanto vaghe) su una non meglio chiarita sostituzione etnica – il pover’uomo si opponeva a quelli che volevano collocare il Vesuvio in Sicilia e le sue parole sono state, come di consueto, male interpretate ovviamente per ragioni strumentali, qualsiasi cosa significhi questo termine che piace molto a chi non sa cosa dire e via di questo passo.
Non è questo, il grave. Non è grave che un imbecille si alzi a dire che la Terra è piatta o che i sardi sono scimmie – su sessanta milioni di teste ce ne sarà qualcuna che non funziona: è grave che nessuno gli dia due sberle o almeno lo zittisca, possibilmente in coro. Che una compagine politica, finalmente seduta nella stanza dei bottoni si renda conto che non ve n’è l’ombra (e sta a vedere che li davano a voi…) e che disperatamente cerchi, con l’appoggio quasi incondizionato di una stampa svergognata e complice, di sviare l’attenzione dal fatto che non sa o non vuole (scelgano loro) occuparsi di lavoro, povertà, diseguaglianze, politica estera – che oggi significa no alle forniture militari – scuola, sanità pubblica, ambiente e che a tale scopo mandi avanti questo o quel soldatino (il vero padrone delle ferriere politiche ha avuto la pessima idea prima di invecchiare e poi di morire) alla stregua delle truppe d’assalto nelle battaglie del XVIII Secolo, mettendo così in pratica un metodo curiosamente simile in punto di risultati ottenuti alle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam, è solo una delle due facce della medaglia; l’altra, quella peggiore, è che l’opposizione di ogni gradazione e composizione cada nella trappola con scarpe, cappotto e cappello, perdendo tempo invece di fare quello che una vera opposizione dovrebbe fare: opporsi costruendo, proponendo, agendo, prendendo l’iniziativa uscendo dalla subalternità.
Il pifferaio suona e i topolini che rimuginano torvi fuori dal governo gli vanno dietro. Non solo non guardano la Luna: non si accorgono neppure di chi sia il dito – e di quale dito della mano si tratti.

Cesare Stradaioli