IL PD E LA PSICANALISI

All’indomani delle elezioni dl 2008, che seguivano allo sciagurato defenestramento (leggi: poltrona tolta da sotto il culo) di Prodi da parte di Veltroni, con conseguente trionfo berlusconiano culminato – ciliegina sulla torta – dalla scomparsa, dopo 60 anni di un partito comunista dal parlamento italiano, mi capitò di andarmene a piedi verso la Corte di Appello di Venezia e di vedermi venire incontro due signori, piuttosto corpulenti e dall’aria di chi si occupa di politica e di cultura. Mentre mi stavano oltrepassando, sentii chiaramente uno dei due dire all’altro: “Ti gà capìo, no xè questiòn de poìtica: xè questiòn de psicanàisi…”. Non credo ci sia bisogno, come non ce n’era allora, di traduzione.

Credo che oggi, 2017, il grosso problema della sinistra in genere e, più nello specifico, del Pd e di quanto di non-destra e non-centro vi sia rimasto, oltre che della stampa di riferimento (Repubblica, per non fare nomi) sia ancora ed esattamete quello: psicoanalisi.

Non trovo un modo adatto per spiegare l’allucinante, sconcertante coro di reazione alla sentenza di ieri che, nell’emettere una sentenza di condanna (a pene a volte superiori a quelle chieste dalla Procura) nei confronti di Carminati più altri, abbia escluso l’aggravante dell’associazione mafiosa. Ululati di giubilo da parte di imputati e difensori – il che è perfettamente comprensibile e legittimo – e coro unanime di delusione, da un lato e di rimprovero al M5S dall’altro (?) da parte di politici renziani e stampa idem – e questo è poco comprensibile e del tutto lunare.

Perché la stampa si preoccupa di questa sentenza? Perché il dito puntato contro il tribunale e, per motivi diversi, contro il principale partito di opposizione? Cosa c’è che non va in questa sentenza?

Tanto per essere chiari: tutti gli imputati, a cominciare da Massimo Carminati, sono cittadini in attesa di giudizio definitivo. In questo senso, sono ancora presunti innocenti, a fronte delle accuse di cui dovevano e dovranno rispondere – scontata l’impugnazione da parte dei difensori e, forse, anche l’appello da parte della Procura.

Detto ciò: IN PRIMO GRADO, un tribunale della Repubblica (non DI Repubblica), ha dichiarato gli imputati colpevoli di reati gravissimi: il che, anche se questi reati sono avvinti SOLO dall’associazione semplice e non già da quella di stampo mafioso, ha comportato severissime condanne.

Ma stiamo scherzando? Quand’è stata, in Italia, l’ultima condanna a 20, 19, 13, 11 anni e via discorrendo, per fatti di corruzione? In un paese dove i condannati in pena esecutiva per reati inerenti ai pubblici uffici rappresentano una percentuale ridicola dell’universo carcerario?

Se questa sentenza dovesse superare l’ultimo grado di giudizio, quello di legittimità in Cassazione, avremo un precedente semplicemente stupefacente. Un primo passo, dirà qualcuno: bene, il passo finale di una svolta di civiltà è pur sempre parte di un percorso iniziato da un PRIMO passo. E oggi, i renziani del Pd, quelli che hanno silurato la giunta di Ignazio Marino (la LORO giunta!) dopo una indecente campagna stampa di delegittimazione per una Panda in divieto di sosta e per un improvvido colloquio col papa, invece di fare una solenne autocritica e cominciare a sottoporre a seria revisione tutte le nomine fatte in 15 anni di governo della città da Rutelli e Veltroni (perché io non ci sto a scaricare tutto il letame della corruttela solo addosso ad Alemanno), si beccano con i transfughi e con il sindaco Raggi.

In altri tempi sarebbe stato opportuno parlare di miseria della politica – o politica della miseria. Di meschini rimpalli di responsabilità. Di gente con la faccia come il culo.

Oggi no. Oggi questi signori andrebbero sottoposti a un trattamento psicanalitico, per capire cosa vogliono, cosa pensano e cos’hanno in mente. Per poi procedere con cure appropriate – previo, va da sé, un benefico (per loro e per gli altri) allontanamento dalle cariche politiche e amministrative.

Cesare Stradaioli