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IL LIBRO DEL MESE DI OTTOBRE consigliato dagli amici di Filippo

Cos’hanno a che vedere i passeri dalla corona bianca del Nord America con un’ipotesi oggetto di studi scientifici tesa alla creazione di un nuovo tipo di soldato? L’uso strategico del tempo di sonno. Quella particolare specie di volatili possiede la capacità di entrare in una vera e propria fase di sonno nel tempo di volo durante le lunghe migrazioni: è esattamente ciò che determinati esperimenti cercano di elaborare in modo tale da poterla introiettare in un essere umano che, durante una lunga fase di operazioni militari, possa essere capace di dormire a comando e rimanere sveglio per un lunghissimo tempo, il tutto senza mai smettere di essere ‘sul campo’.

In questo scritto, l’Autore punta la sua osservazione su una tendenza propria del capitalismo globalizzato la quale intende superare l’idea di indurre le persone a rimanere sveglie, per giungere piuttosto – e la differenza non è di poco conto – a ridurre il bisogno stesso del sonno. In pratica, secondo Jonathan Crary, essendo ormai già da tempo realtà consolidata il sistema di lavoro del mercato 24/7, è necessario che l’essere umano vi si adegui nel più breve tempo possibile.

Il titolo del libro è emblematico e la formula, come spesso avviene, è tutt’altro che casuale e volutamente studiata: perché, si chiede l’Autore, quello che passa lo slogan è 24/7 e non per esempio 24/365? Non sarebbe, in fondo la stessa cosa, cioè il tempo pieno dedicato al lavoro e alla produzione, ivi compreso se possibile il tempo del dormire?

Non è proprio così: 24/7, nell’essere un segmento ridotto rispetto all’intero anno della vita di una persona, è più immediato, più diretto e rende meglio l’idea di efficacia, di efficienza, di continua connessione con il mondo del lavoro. Con la baldanza da esortazione pubblicitaria, il 24/7 proclama l’offerta di una disponibilità assoluta e, di conseguenza, la creazione e la moltiplicazione di nuovo bisogni. Per questo il concetto di giorno/settimana è più invasivo, subito comprensibile e “smart” del tempo giorno/anno, troppo lungo, poco rapido, come troppo lunghe e poco rapide sono diventate le frasi con le quali gli esseri umani che comunicano via email o via sms, che preferiscono il messaggio veloce, asciugato di quante più vocali possibile, abbreviato e perciò stesso più facile e meno impegnativo, da elaborare e da comprendere.

Così, se l’accumulo degli oggetti in qualche modo ha fatto il proprio tempo, o comunque è giunto pericolosamente vicino alla saturazione, il nuovo e per certi versi ineludibile obbiettivo strategico del mercato globale è l’accumulo di servizi, di immagini, di nuove procedure di vita e di lavoro: in questo contesto, le ore dedicate al sonno diventano inutili, passive, una perdita di tempo, del tutto in contrasto con le esigenze del 24/7. E non potendovi estrarre valore economico, nel corso della seconda metà del Ventesimo Secolo è partita una vera e propria campagna di attacco al tempo del sonno e non può essere un caso che gli studi che muovono in tal senso partano da esigenze di carattere militare. L’attacco, poi, diventa frontale – e non potrebbe essere diversamente – a coloro che si oppongono all’ideologia neoliberista che tende a comprimere il tempo del sonno proprio in quanto non produttivo. Non dovremmo stupirci, anzi sarebbe il caso di esserne preparati fin d’ora, nel trovarci un domani a essere accusati di profferire sciocchezze stile New Age e di sognare un ritorno all’Arcadia dei cieli stellati invece che sempre più illuminati e al buon selvaggio, solo perché ci vedremo costretti a difendere il concetto di sonno come naturale collegamento dell’uomo al ciclo naturale giorno-notte.

In fondo, osserva Crary, è la nostra epoca: nella quale basta poco per essere definiti ‘disfattisti’ (e noi italiani, da Berlusconi a oggi, ne sappiamo qualcosa); nel modello di globalizzazione neoliberista, in definitiva, chi dorme non è più semplicemente uno che non prende pesci – la saggezza popolare dei proverbi è ampiamente superata dal nuovo che avanza – ma è un vero e proprio perdente. La differenza è analoga a quella che passa fra una regola di vita e uno stimma sociale.

Ma l’Autore va oltre e ci dice qualcosa di più. Il tentativo di impossessarsi del sonno – o, meglio, di buona parte di esso, non essendo possibile eliminarlo del tutto: perfino la tortura del sonno, portata all’eccesso, ‘rende’ meno di quella fisica, in quanto a differenza del dolore, la privazione del sonno rende le persone allucinate, fa perdere loro il contatto con la realtà e, dunque, meno ‘credibili’ e ‘utili’ le loro ‘confessioni’ – è strettamente connesso all’erosione del welfare e dello Stato sociale. Crary si rifà ad Hobbes il quale, nel suo Leviatano, significativamente osserva come durante il tempo notturno e quindi durante il sonno, si è esposti a pericoli di ogni sorta e si è perciò deboli; va detto di passaggio come non sia un caso che il codice penale italiano, preso a esempio da molti altri, contempli il ‘tempo di notte’ come una specifica aggravante a molti reati, proprio in quanto commessi in tempo di minorata difesa della vittima. Ecco perché, secondo il filosofo ritenuto precursore dello statalismo, una delle primarie funzioni dello Stato è quella di assicurare all’individuo un’adeguata protezione anche semplicemente dalla paura – seppure, come è ovvio, le Guardie notturne dell’epoca fossero organizzate a protezione e tutela prima di tutto delle classi possidenti e delle loro proprietà.

Rimane in quel periodo storico, Crary, per citare l’esempio del cotonificio Arkwright, riprodotto in un celebre dipinto del 1782, visto come il primo e più noto esempio di intromissione dell’architettura industriale nella campagna inglese, caratterizzata dalla presenza della luce che invade il tempo del buio: da qui, il collegamento a recenti studi sulla predisposizione di complicati sistemi di recettori solari, funzionali alla distribuzione e all’irradiazione della luce a qualsiasi ora su qualunque parte del territorio – 24/7, per l’appunto – e in questo senso, la luce è vista come elemento fondamentale del progetto di riduzione delle ore di sonno a tutto vantaggio del lavoro, dell’attività produttiva, dell’essere connessi.

La paura, però, rimane pur sempre la principale arma di condizionamento di massa. L’originale intuizione dell’Autore si sostanzia nell’osservazione secondo la quale l’allucinato presente del 24/7, al di là dell’inconsistenza e dell’astrattezza insita nello slogan che è sotteso ai due numeri, la natura di questa trasformazione della vita sociale, di questa sorta di rimprovero dell’inadeguatezza umana, è teso a provocare la paura: la paura di non essere all’altezza, di non produrre e consumare a sufficienza, di rimanere indietro nella vita economica e, perciò stesso, in quella sociale.

Le conseguenze non sono ancora pienamente valutabili ma, ammonisce Crary, appare ragionevolmente certo che il 24/7 finirebbe per costituire un sistematico annullamento delle più diverse forme di socialità per come le conosciamo, come ad esempio il momento del pasto, una conversazione, una lezione scolastica: in definitiva, il progressivo annullamento della memoria sociale.

Tutto questo, però, non potrebbe avere luogo, non potrebbe fare presa nella coscienza del singolo e della massa senza l’inevitabile corredo di un dibattito fuorviante e sostanzialmente menzognero, all’interno del quale fra gli altri troviamo il mantra del cosiddetto ‘passaggio epocale’, marchio che funziona per qualunque propaganda, che rende ineluttabile un adattamento – che ineluttabile non è – individuale e collettivo.

Tale falsificazione permette di ammantare questa, come tante altre operazioni di condizionamento sociale, di un carattere di inevitabilità da accettare senza condizioni, staremmo per dire in quanto storicamente necessaria. E non per nulla concetti come inevitabile, ineluttabile, epocale, si accompagnano da tempo all’altro micidiale refrain “non c’è alternativa” – che ci ricorda sinistramente il suo figlio bastardo “ce lo chiede l’Europa” – con il quale vengono fatte passare nel pensiero e nella vita occidentale decisioni e scelte politiche ed economiche per loro stessa natura inaccettabili e tuttavia tenute in piedi da quella parola d’ordine che rappresenta, a tutti gli effetti, l’esatto contrario del nobile concetto di politica, per la quale c’è sempre un’alternativa a qualsiasi opzione od orientamento, pena la perdita di significato e di valore della politica stessa come mediazione, ricerca ed evoluzione del pensiero.

La chiusura del saggio di Jonathan Crary non è, però, priva di prospettive. La persistenza anomala del sonno va compresa in riferimento all’incessante distruzione dei processi che rendono possibile la vita sul pianeta. L’inerzia ristoratrice del sonno contrasta la spinta mortale verso l’accumulazione, la finanziarizzazione e lo spreco che hanno devastato molto di quanto un tempo era oggetto di condivisione e in questo senso va difesa, senza discussione, come principio di democrazia, di partecipazione, di presenza dell’uomo come padrone e decisore della propria vita. Se, come scrive Wolfgang Streeck, il capitalismo morirà di autofagia, forse la difesa e il recupero del sonno saranno parte del rifiuto del terribile peso della nostra epoca globale.

Cesare Stradaioli

Jonathan Crary – 24/7 Il capitalismo all’attacco del sonno – Einaudi I Maverick, pagg. 134, €18

 

 

 

 

 

 

2 commenti su “IL LIBRO DEL MESE DI OTTOBRE consigliato dagli amici di Filippo

  1. Non ho letto il volume…ma penso lo farò presto.
    Il tema è drammatico ed urgente. La sintesi/proposta/recensione di Cesare “restituisce” (uso un verbo che non Gli piace, per dispetto!) la tensione intellettuale ed etica che, se non ho frainteso, percorre le pagine.
    Ciao a Tutt*!

  2. Eh, ma dillo, perché ‘restituire’ non mi garba.
    Altrimenti, rimane una cosa un po’ così, a penzoloni…
    C

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