IL LIBRO DEL MESE DI LUGLIO Consigliato dagli Amici di Filippo

 

Non si può nascondere una certa sorpresa nel leggere le riflessioni esposte da Giulio Tremonti nel suo ultimo lavoro. Va detto preliminarmente per coloro i quali – e, certo, non saranno pochi – arricciassero il naso, che il nome di Tremonti figura tutt’ora nel Consiglio scientifico di ‘Limes’, non esattamente una testata allineata ai governi dei cui dicasteri economici l’Autore è stato più volte responsabile. Si dica anche questo, di Tremonti (non che sia una chissà che particolare scoperta; basta averlo sentito parlare anche in una sola occasione): il Nostro tradisce una perniciosa tendenza sia all’essere profeta di se stesso, sia all’autocelebrazione e al narcisismo, ma siccome noi siamo quelli che preferiscono analizzare ciò che uno dice, scrive e fa, piuttosto che anteporvi una specie di scrutinio di legittimità a prendere la parla, siamo qui, curiosi come sempre.

E’ furioso, il mondo attuale: la crisi della finanza mondiale, il fenomeno delle migrazioni di massa, il ceto medio letteralmente privato del lavoro che tradizionalmente gli spettava – o riteneva che gli spettasse – nuove forme di guerre coloniali e, infine, la rete che erode le fondamenta della democrazia risolvendosi, da strumento di libertà di espressione a megafono per i tribuni.

L’Europa Unita assomiglia a quel quartetto d’archi che suona musica classica sul ponte del Titanic, con chiacchiere infinite sull’ultima legge comunitaria che regola le dimensioni dei caloriferi o la percentuale di latte nell’ultimo tipo di mozzarella prodotta, il tutto mentre il referendum britannico – il libro è stato dato alle stampe pochi giorni prima della consultazione popolare – minaccia di dare una seria svegliata alla congrega mista di eletti senza nessun potere e di non eletti che di potere ne hanno a strafottere.

In merito a cosa ne sia stato e cosa ne sarà delle previsioni sull’Europa Unita che, anche alla luce del recente referendum britannico, vede all’orizzonte profilarsi altre possibili situazioni di espressione di malcontento e distacco dalle istituzioni continentali, si intravede una scansione che ha dell’impressionante: popoli che temono il fenomeno dell’immigrazione e il terrorismo fondamentalista; governi che temono l’espressione di volontà dei popoli (non è consentito decidere quale consultazione popolare vada bene e quale non, e raramente come dopo il referendum britannico si sono sentiti alti lai di aperto disprezzo della volontà popolare); infine, il fenomeno del terrorismo fondamentalista che non teme nessuno. Alla luce di ciò, almeno due sono i fronti di crisi indicati da Tremonti.

Il primo riguarda il fenomeno dell’immigrazione. E in questo senso, l’Autore si mette decisamente di traverso rispetto alla formazione politica dalla quale ha spiccato il balzo verso l’esecutivo: muraglie di separazione e vallate di isolamento, alla lunga porteranno disastri per tutti. Nel momento in cui Tremonti menziona la povertà, a fianco delle guerre e dei conflitti entici, quali ragioni che spingono l’essere umano a lasciare la propria terra per affrontare la migrazione (che, è bene ricordarlo, vede nella traversata del Mediterraneo solo l’ultima tappa di un tragitto che spesso ha dell’allucinante: basti pensare alla distanza che separa la costa libica dalla quale partono i barconi, da una località qualsiasi del Sud Sudan o della Mauritania – qualcosa che va dai 4.300 ai 7.000 chilometri), esprime un concetto che fornisce interessanti spunti di discussione e di confronto, unitamente al concetto subito dopo trattato, quello del fallimento della cosiddetta esportazione di democrazia.

Il secondo fronte è quello aperto dalla degenerazione della finanza, una nuova superpotenza che non ha esercito, non ha confini: soprattutto non riconosce regole che non siano le proprie e persegue pressoché indisturbata il proprio obbiettivo totalitario, in forza di quel deserto che è stato spianato sulla pelle della società civile dal pensiero neoliberista. Si tratta di un fenomeno – se può essere chiamato così – che sfugge di mano dal controllo della politica e, pare, anche da quello dei suoi feticisti. L’Autore intravvede in ciò un passaggio di potere: dalla politica, ai banchieri e, infine, ai cosiddetti tribuni. Davvero suona strano, per quanto interessante, leggere di Giulio Tremonti che fustiga un mondo che vive solo se pedala incessantemente, inseguendo una crescita spasmodica e che ripone una fiducia al limite dell’idiota sulla possibilità che una sorta di stregoneria possa rimediare ai guasti causati dalla finanza globale.

L’estrema volatilità e la sistematica incertezza che pervade – oltre un ragionevole livello che si potrebbe definire fisiologico – l’economia condizionata dalla finanza, fa sì che gli indici macro e microeconomici non indichino niente di più attendibile di quello che potrebbe predire un oracolo. Prossima tappa, stando all’Autore: un mondo a tasso zero o sottozero o negativo in cui, tra l’altro, rischiano di saltare le polizze assicurative e i fondi previdenziali e assistenziali, soprattutto a partire da quelli del Centro e Nord Europa.

Viene da chiedersi: non sarà che tutto questo, molto più semplicemente di quanto ci affanniamo a spiegare in modo diverso, non significhi altro che in Occidente, sotto il profilo economico e di welfare, niente sarà più lo stesso? L’Autore non si sbilancia su questo, ma si spinge a fornire qualche suggerimento, con un ‘se’ come presupposto (ed è un gran bel presupposto): se fosse finalmente ridotto l’attuale strapotere della finanza, e se l’Europa finalmente agisse in forme meno divise e divisive, solo a queste condizioni potrebbe essere riformato anche l’euro. Farlo sulla base attuale, con la quale ci dobbiamo confrontare adesso, sarebbe una procedura suicida, che ci porterebbe dalla cosiddetta ‘tirannia’ politica esercitata dall’Europa a quell’altra, ben più sostanziale, esercitata dalla finanza.

E, per dirla con Leporello, madamine dalle belle speranze, il catalogo è questo:

  • un maggiore e non ossessivo grado di flessibilità nei bilanci pubblici;
  • un diverso, attivo e non passivo – come è stato finora – cambio dell’euro con le altre valute;
  • una diversa logica nell’utilizzo dei fondi europei, attualmente regolati in forme che sono espressione della più ottusa forma di burocrazia europea.

L’Autore ha sempre mostrato una certa propensione allo splendido isolamento: con questo ultimo lavoro sembra avere reciso parecchi legami, quasi come se avesse messo in pratica quanto dice il colonnello Kurz in “Apocalypse, now” quando invita l’uomo che è stato mandato a porre fine al suo comando, a prendere in considerazione l’assoluta libertà: “dalle opinioni altrui e anche dalle proprie.”

Cesare Stradaioli

Giulio Tremonti – Mundus Furiosus – Mondadori – pagg. 136, €17