IL LIBRO DEL MESE DI GENNAIO 2017 – Consigliato dagli Amici di Filippo

Fra poche settimane, più precisamente il 20 gennaio 2017, Donald Trump diverrà ufficialmente Presidente degli Stati Uniti, con tutto quanto conseguirà a quello che, verosimilmente, è stato il meno prevedibile esito di un’elezione presidenziale, verrebbe da dire mondiale e non solo statunitense. Per questo, gli Amici di Filippo hanno pensato di consigliare, quale libro del mese di gennaio 2017, una monografia e cioè il fascicolo 11/2016 della rivista Limes, che porta come titolo “L’agenda di Trump”. 

In epoca più recente, di certo suscitò parecchio scherno sulla persona la candidatura di Ronald Reagan, salvo poi trovarselo – la componente democratica degli Usa – eletto a dispetto della per il vero poco credibile rielezione di Jimmy Carter: non era la prima volta che la cosiddetta sinistra americana prendeva una cantonata da campionato del mondo e non sarebbe stata l’ultima, a dimostrazione di un dilettantismo di analisi politica che non può – sfido chiunque sul punto – non essere figlio bastardo del sistematico e progressivo sbiadimento delle differenze politiche in un sistema elettorale bipolare. D’altronde, anche l’ascesa alla Casa Bianca del cattolico Kennedy costituì una sorpresa, peraltro mai del tutto prevalente sul sospetto di brogli elettorali, ma in tutti i casi precedenti alle elezioni del 2016, vuoi per la pochezza dell’antagonista (hai voglia di parlare male di Reagan o di – dei – Bush: Chi cazzo è Tsongas? titolava feroce Il Male, a proposito di uno dei tanti candidatucoli democratici stritolati da partito repubblicano, prima che si imponesse Clinton – Bill, non quell’altra), vuoi perché a un certo punto anche il vincitore delle primarie meno conosciuto, in qualche modo riusciva a porre in risalto questo o quel pregio, o quanto meno un certo livello di simpatia o di credibilità personale, magari in questo aiutato non solo dai dollari ma anche – era il caso di Carter o di Eisenhower – da un modello di vita familiare e militare di tutto rispetto secondo i canoni puritano/militaristi che da sempre prevalgono al di là dell’Atlantico.

A parte il fiume di dollari investiti nella corsa presidenziale – ma Hillary Clinton a quanto pare ne ha messi molti ma molti di più, proprio soldi ben spesi… – Donald Trump è arrivato all’alba dell’Election Day, senza essere né simpatico, né particolarmente noto per conoscenze politiche internazionali, né univoco su determinati temi (era stato più volte, in alternativa, pro e contro l’aborto, questione che rarissimamente gli americani perdonano al candidato tipo), e soprattutto preceduto da una vita familiare e matrimoniale ben poco consona al modello non solo repubblicano ma anche democratico: stigma che, curiosamente, toglie il sonno alla sinistra più che non ai genuini sostenitori del libero mercato, sempre prontissimi a perdonarsi fra loro. Last but non least, avendo colorito la propria campagna elettorale di giudizi un tantinello poco simpatici su donne, messicani, musulmani, immigrati in genere e la Cina. Insomma, il classico candidato che, a bocce ferme e finiti gli sproloqui in campagna elettorale, al momento del voto si prende un calcio nel sedere da rimaner zoppo. Questo, secondo i canoni europei e democratici statunitensi.

Limes prospetta, con il consueto contributo di più voci, provenienti da esperienze, specializzazioni e punti di vista diversi, quella che chiama ‘agenda’ di colui che almeno per i prossimi quattro anni – chi scrive propone una scommessa aperta a chiunque: fra tre anni e mezzo Michelle Obama stravincerà le primarie del partito democratico e successivamente, salvo l’emergere un valido antagonista nell’altro campo, diventerà finalmente la prima presidente donna degli Stati Uniti – sarà a capo (ma il fascicolo di Limes illustra in maniera piuttosto chiara i concreti limiti e arzigogoli di questo potere) dell’unica superpotenza, per adesso, rimasta sulla scena mondiale.

L’agenda di Donald Trump viene preceduta da un’attenta e puntuta analisi sul dove e come Hillary Clinton e il magnate nipote di immigrati irregolari abbiano perso e vinto. Tenendo a mente il passaggio di un articolo di Paul Krugman risalente a un anno e mezzo fa quando, scrivendo come sua competenza di economia, riferendosi alle prossime elezioni presidenziali, con un certo tono leggero (ma chi conosce Krugman sa bene che è proprio quando scrive in tono apparentemente scherzoso che il premio Nobel parla sul serio), affermava che i tre candidati repubblicani fossero due personaggi orrendi – Cruz e Rubio, per la cronaca: due al cui confronto Reagan era un moderato di centro – e “uno con una buffa pettinatura“, con questo mettendo in guardia, inascoltato, i democratici, vengono maggiormente evidenziate le palesi carenze democratiche in tema di vicinanza/lontananza rispetto all’elettorato, particolarmente al proprio (per caso ricorda qualcosa e qualcuno di un po’ più vicino a noi?).

Dovrà, secondo Limes, questa agenda necessariamente prendere in considerazione in primo luogo i rapporti col Pentagono e con il Congresso, non essendo del tutto scontata la ‘fedeltà’ di un’istituzione che in teoria è schierata col presidente; i rapporti con Mosca, oltre a quelli ben più problematici (sembra un paradosso, ma la presidenza Trump si annuncia molto meno paradossale di quanto non sono stati i suoi eccessi verbali) con Berlino e Tel Aviv saranno di vitale importanza, senza trascurare quelli con il Giappone e il Vaticano, prontissimi questi ultimi, a differenza dell’imperturbabile Putin, a farsi avanti come polo di riferimento.

La monografia disegna un quadro contraddittorio e denso di questioni e curiosità. Non ci si annoierà, con la presidenza Trump e non è detto che sarà per quello che sembri all’apparenza.

 

Cesare Stradaioli

AA.VV. LIMES 11/2016 – L’AGENDA DI TRUMP – Editoriale L’Espresso – pagg. 256, €14 dispobibile anche on line