IL LIBRO DEL MESE DI FEBBRAIO 2017 – Consigliato dagli Amici di Filippo

 

S’alza – ed era tempo – un sano vento di intolleranza contro le stupidaggini e il galoppante relativismo che dalla rete tracima nella società. Cominciano a sentirsi voci che, finalmente libere da pudori e code di paglia, dichiarano una cosa che butta il tavolo all’aria: non tutte le opinioni hanno pari dignità. Sottotitolo: gli errori sono tollerabili in quanto umani, le idiozie non altrettanto.

Questo volume, scrive Roberto Burioni, ordinario e microbiologia e virologia al San Raffaele di Milano, autore de “Il vaccino non è un’opinione”, libro del mese di febbraio, pesa 240 grammi: anche se il 99 per cento della popolazione mondiale fosse convinto che pesa due chili, tutti avrebbero torto, non potendo i fatti essere approvati a maggioranza.” A differenza delle opinioni le quali, come amava ripetere uno che se ne intendeva, Tinto Brass, sono come il buco del culo, con la conseguente chiusa finale che tutti dovrebbero conoscere – e chi non la sa, se la faccia dire.

Alzi la mano chi sapeva che il termine ‘vaccino’, riferito alla sostanza che viene utilizzata per immunizzare da malattie gravissime, è esattamente derivante dalle vacche; si deve il termine di riferimento all’iniziativa di un medico inglese, tale Edward Jenner il quale, avendo osservato come i sopravvissuti al vaiolo bovino fossero stati resi immuni a quello di cui si ammalavano gli esseri umani, mise in atto un esperimento di vero e proprio microcontagio a scopo immunitario. Questa e altre, ben più importanti informazioni – ma il colore, ogni tanto, non stona nelle pubblicazioni a carattere scientifico, pur se divulgative – si trovano in questo scritto dal taglio qui e là volutamente ‘leggero’, ma severissimo fra le righe.

Si tratta di un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dei cosiddetti antivaccinisti, ma andrebbe doverosamente esteso a quell’infernale meccanismo che muove dall’essenza stessa di internet e che, in un modo o nell’altro, dovrà trovare un rimedio, pena l’ulteriore imbarbarimento dei rapporti personali e del concetto stesso di società civile. Meccanismo nel quale è sufficiente che un tizio affermi una tal cosa e poi ne conferisce veridicità per il solo fatto di inserirla in rete. A tale proposito, appare illuminante oltre che splendidamente descrittivo, l’esempio che porta l’Autore di Tizio il quale afferma, a una cena fra conoscenti occasionali, di essere il più forte sciatore nazionale. Richiesto di parlare dei propri trofei, sostiene di non averne in quanto non partecipa a gare ufficiali, tutte notoriamente governate da arbitri corrotti e da interessi economici che favoriscono sempre gli stessi. Quanto al fatto di non essere iscritto ad alcun club o associazione sciistica, la risposta è che non ci pensa neppure, dato che si tratta di organizzazioni tutte asservite alle ditte sportive: d’altronde, la sua fama di controcorrente lo rende inviso ai più e, in ogni caso, dei tempi delle sue discese, tutti presi da sé, si trova copiosa documentazione in rete.

Il taglio rende la lettura piuttosto agevole, ma la sostanza è estremamente seria; tanto quanto è preoccupante il ragionamento di qualcuno, fra i meno intransigenti fra costoro, che sostiene (trattasi anche di medici, dunque di persone di scienza, con una certa presumibile confidenza con i numeri la statistica), di essere contrario solo alle vaccinazioni di massa, non tenendo conto del rilievo – evidente per chi non ha mandato il cervello in pensione – per il quale una vaccinazione o è di massa o non è. Sembra impossibile, eppure si tratta di un ragionamento che sembra non entrare nella mente di molti.

Così come non sembra avere fine l’interminabile discesa nel privato, nel particulare, che porta persone di grande onestà personale e anche di una certa cultura, a letteralmente ignorare come non vaccinare il proprio figlio, oltre a essere una cosa da lui non richiesta (il quale però rischia di pagarne lui il prezzo), è azione totalmente antisociale, che se praticata su larga scala espone al rischio infezione, come lui, anche altri che non hanno avuto la possibilità di vaccinarsi o che magari hanno contratto una patologia diversa che ha loro affievolito la carica immunitaria del vaccino assunto.

Il diritto di tutti ad avere una opinione rispettabile su qualsiasi argomento, inclusi e per primi quelli di cui si sa poco o nulla, e intorno ai quali spesso si ragiona a intuito in luogo dello studio e della statistica, rappresenta il concretarsi di una libertà bislacca, utilitarista, cieca e sorda: in questo senso è benvenuta ogni forma di dialogo e di resistenza, anche armata di ragionamenti e di dati di fatto i quali, come amava ripetere Lenin, hanno la testa dura. E pazienza se qualcuno si offende: dovrebbe considerare quanto ci offendiamo noi, al cospetto dell’ignoranza che quest’epoca che ci tocca vivere, all’insegna del ‘tana libera tutti’, spaccia per libertà di pensiero e di espressione, di cui non pochi tendono ad abusare nel mondo di oggi, dove tutto sembra lecito.

 

Cesare Stradaioli

Roberto Burioni – IL VACCINO NON E’ UN’OPINIONE – Mondadori – pagg. 159, €16,50