I RAGAZZI DEL ’99

Nel fiume di maleodorante retorica che ha sempre intriso le pagine di storia relative alla Prima Guerra Mondiale – il cui centenario dell’inizio e della prosecuzione non poteva passare inosservato e non scritto da parte delle migliori penne del più nefasto e becero patriottismo da tre palle a un soldo (e dispiace vedere coinvolta in questa canizza quella di Paolo Rumiz, a celebrare il ‘sacrificio’ di migliaia e migliaia di giovani; sarebbe stato interessante conoscere il parere di costoro, in punto di volontà sacrificale versus mandare a quel paese politici incapaci, scrittori e poeti vanagloriosi inneggianti alla ‘sola igiene al mondo’, generali felloni e assassini) – ha avuto nel termine I ragazzi del ’99 uno degli stilemi più ricorrenti.
Ragazzi è un temine amichevole, familiare, vagamente paternalistico: tanto più se riferito a veri e propri ragazzi mandati (o indotti a farlo) a morire come cani sul fronte di un conflitto che a buon diritto – una volta tanto – gli anarchici definivano, ricollegato alla ricorrenza del 4 Novembre, Lutto Proletario. Era ed è tutt’ora un modo come un altro per rendere la guerra, specie quella, meno orribile, meno ingiusta, meno disumana, per certi versi necessaria e comunque, sempre nel caso di specie, vincente. Che, poi, questa ‘vittoria’ abbia provocato, oltre a una vera e propria carneficina mondiale, sconquassi politici, sociali ed economici di una portata tale da dare vita, in brevissimo tempo, prima al nazismo e poi al fascismo, è tematica che nel nostro Paese come altrove viene evitata come molti evitano, ignorandolo e salutandolo proprio se non se ne può fare a meno, un parente molesto o portatore di inabilità psicofisica.
Ci sono altri Ragazzi del ’99, la cui presenza urge e preme con insistenza. Sono coloro i quali, fra pochi mesi, per la prima volta avranno il diritto di voto per rinnovare il Parlamento. Sono coloro i quali nelle proprie fila conteranno – si tratta di previsione amara per quanto è facile – alte percentuali di astenuti o di schede bianche. Che non indicando un candidato, un partito, un movimento, una coalizione, pur sempre parteciperanno alla vita politica: il loro non voto, comunque  orienterà la politica e l’economia del nostro Paese per il prossimo immediato futuro.
Sarebbe interessante riflettere sul come coinvolgerli nella vita politica, nella partecipazione alla dinamica della nostra società. Sarebbe di fondamentale importanza, specie per la Sinista – nemmeno a dirlo: c’è qualcosa di urgente e necessario che non riguardi la Sinistra? – portarli al voto, renderli più responsabili di quanto non siano e non si sentano. Anche perché il loro non voto, la loro astensione, la loro scheda bianca, arrivo a dire anche il loro voto alla Destra più becera ed estrame, sono manifestazioni negative la cui responsabilità è interamente ascrivibile al mondo in cui vivono: cioè a noi che, in un modo o nell’altro, a diverso titolo e differente (o mancata) partecipazione, abbiamo contribuito a costruire. Un mondo, una società che se non piacciono a molti di noi, figurimoci se possano piacere a loro. L’esercizio del diritto di voto è parte integrante di questa società, sicché, insisto, sarebbe interessante che fra costoro, già maggiorenni in questo 2017, prevalessero, possibilmente di gran lunga, i votanti, i sensibili, i partecipanti.
Chiamarli ‘sdraiati’, come fa la Sinistra da salotto di zia Giulia (del quale Michele Serra è uno dei custodi e gestori), dileggiandoli come se avessero scelto consapevolmente loro di esserlo, invece di esservi indotti da un modo di vivere e di trattarli iperprotettivo, indecente e disumano, serve a tutto tranne che a coinvolgerli. Fanno eccezione gli attori che ne interpretano i vari ruoli nel film omonimo che sta per uscire sugli schermi (cose da pazzi: e c’è ancora qualcuno se la prende se Quentin Tarantino rimprovera al cinema italiano di essere sciatto e di ristrette visioni ombelicali) e che piacerà tanto alla Sinistra alla Nutella di Veltroni e manigoldìa cantante.
Lascerei, pertanto, in pace i Ragazzi del ’99 che come regalo di maturità (non ancora di maggiore età, all’epoca) ebbero una bella guerra a colpi di retorica letamaia, fatta di baionette, gas nervini e fucilazioni per diserzione, per poi trovarsi le camice nere o brune, una volta rifattasi una vita (quelli che ne ebbero la possibilità): riposino in pace. Ci sono quelli del 1999 di cui prendersi cura, dando loro maggiore attenzione e spazio. Potrebbe pure scapparci qualche buon insegnamento, da loro, per cambiare le cose.

Cesare Stradaioli