I (NUOVI) MOSTRI

Sono uccellacci spaventosi, inquietanti, quelli che si aggirano sopra la figura addormentata ritratta da Francisco Goya – che, è stato detto, forse rappresenta lui stesso – il quale concreta gli incubi di chi dorme e li porta fuori da lui, dalla sua immaginazione o dal suo personale destino, per paventarne l’ingresso nel nostro. Parafrasando ciò che pare disse Churchill a proposito della Jugoslavia, il XX° secolo ha probabilmente prodotto più mostri di quanti dai quali non siamo stati abbastanza accorti dal proteggerci; l’immaginario collettivo, a volte deriso come concetto, va pur sempre a votare, si informa (o non si informa: il che, alla lunga, non misura troppa differenza), prende determinate strade sociali e, volendo, di mero consumo – e quanta importanza nella vita sociale ha assunto la bottega, troppa! – insomma contribuisce a riempire piazza Venezia ma anche piazzale Loreto, con tutto quanto comporta prima e consegue dopo.
Bisognerebbe riflettere su quali siano questi mostri, generati dal sonno della ragione, che tanto spesso vengono evocati e che, proprio per questa sistematica evocazione, fatalmente si riducono a un ristretto numero di nomi e rappresentazioni, quanto più spaventose possa essere possibile. Urge, a mio giudizio, questa riflessione; occorre dare delle coordinate o forse semplicemente ripensarle, fermo restando che chiunque si accosti con un minimo di serietà e di esperienza di vita alla storia terrà, sì, nel debito conto la figura del caporale boemo ma non potrà e non dovrà mai dimenticare chi lo fece cancelliere, al di là dell’apparenza del voto (ovvero: vedi l’immaginario collettivo di cui sopra). In altri termini: se Hitler è stato un mostro, ebbene egli/esso non fu il solo a essere stato generato da quel sonno in cui sprofondò la Germania battuta e umiliata dai vincitori e con essa, come spesso accade, tutta l’Europa a traino e, più in generale, l’Occidente.
Ripensare, riconsiderare la sembianza e l’effettivo peso, nella vita di chiunque, di quegli uccelli che minacciano il dormiente serve a rimanere consapevoli che il mostro non di rado veste i panni della democrazia, del dialogo, del confronto; ha da tempo, da quando ne scrisse Bertolt Brecht, imparato a parlare il linguaggio di chi gli si oppone in nome della giustizia sociale e dell’uguaglianza e così ne confonde strategia, pensiero, azione e questo sarebbe anche il meno. La Ragione dormiente potrà anche avere predisposto, prima di assopirsi, determinati sistemi a presidio della propria esistenza, oltre a qualche figura cartonata, a riprodurre il Pol Pot o il generale sudamericano di turno, ma limitandosi a questo, non si accorgerà che ben altri uccelli, spesso travestiti da simpatici e innocenti usignoli, ne minacciano vita e capacità di perpetuarsi.
Se, per tornare un momento a Brecht, il nemico marcia spesso alla testa di chi porta le armi, è anche vero che con sempre maggiore frequenza usa il sorriso al posto del ghigno, il bon ton al posto dello stivale che batte il selciato e porta con sé formidabili armi, non tanto di distrazione, quanto di assopimento di massa. Un popolo prende sonno, sicuro di avere lasciato fidate sentinelle in grado di riconoscere il mostro e di svegliarlo quando serve e, però, ferme a canoni ormai sorpassati, esse non si accorgono che il mostro non sembra più tale: non vuole più impaurire il dormiente; non gli serve. Gli basta che continui a dormire.

Cesare Stradaioli