DA QUALE PULPITO VIENE LA RAZIONALITA’

C’è una definizione, che pare in grado di dare un nome a quello che sembra un generico impazzimento sui vaccini e che, per contro, cela una diffusa perdita di coesione sociale in molti se non tutti gli Stati occidentali; deficit di razionalità. Possiamo chiamarla perdita di una certa capacità di raziocinio, di lucidità di analisi, di presa di coscienza, di consapevolezza della realtà che circonda l’uomo in sé come individuo e come gruppo: gli arsenali linguistici non sono meno ricchi di quelli bellici e talvolta neppure meno pericolosi.
E vada pur bene una qualsiasi, o tutte insieme, di quelle definizioni di cui sopra, per mettere una bella etichetta su coloro i quali sfidano malattia, morte e senso della logica, sfilano per protesta contro le vaccinazioni e i presidi di prevenzione del contagio, gridando frasi e slogan del tutto privi di quella razionalità spesso richiamata. E tuttavia: che dire, in presenza di una tragedia che meriterebbe ben altre e più corpose manifestazioni di opinione – migranti usati come pedine di scambi politici ed economici, a crepare di freddo, di fame e di denegata dignità umana – ascoltando proclami, chiamate alle armi e minacce di sanzioni che provengono da autorità di fatto o emerite sotto l’usbergo dell’Europa?
Sergio Romano dice parole accorate e autorevoli – l’uomo aveva e ha pur sempre un profilo che si staglia ben al di sopra della media – su cosa dovrebbe fare l’Europa, come dovrebbe intervenire, quali e quante voci dovrebbero levarsi, al cospetto di quel bello spettacolo che sta andando in scena ai confini fra Polonia e Bielorussia, sistematicamente replicato, con situazioni diverse fra loro, sulle coste del Mediterraneo. Altre voci l’hanno preceduto, qualcuno andrà a seguito dei suoi auspici: più o meno autorevoli (più meno che più), ripeteranno lo stesso copione, le stesse strutture sintattiche e gli stessi esiti.
A costoro che parlano, più spesso a sproposito, di razionalità, vorrei chiedere: ma di quale Unione (a proposito dell’Europa) parlate? Quella che vede ogni Stato agire per conto proprio? Dove ciascuno si fa le regole proprie, i propri dazi, le proprie tassazioni – se componenti di una qualsiasi associazione privata si comportassero come Irlanda e Olanda verrebbero immediatamente cacciati o deferiti a un’autorità giudiziaria – fissando a piacimento benefici e concessioni dai quali traggono enormi profitti le multinazionali offrendo come contropartita decise posizioni politiche (si chiama voto di scambio)? Un’unione nella quale tutti, mano sul cuore a ogni stormir di inno, si proclamano toccati fin nel profondo dal fenomeno delle migrazioni, pronti a dare il proprio contributo (soprattutto dando asilo a migranti provvisti di titoli di studio e competenze: dei meno dotati si occupino gli altri, se proprio ci tengono), per poi delegare la gestione del bestiame umano? Una specie di ircocervo all’interno del quale emeriti cicisbei avvezzi a passare la propria vita al ventesimo piano fra moquette e scrivanie in legno pregiato incrociano ridicole armi verbali con indecenti scimmioni, impresentabili anche presso la più squalificata festa di paese, sbavano parolacce neo e proto naziste e vomitevoli appelli a identità fasulle? Un’unione asseritamente economica, dove vige una moneta introdotta PRIMA di un vero sistema di rappresentanza democratica, ovvero l’esatto contrario di quanto insegna un qualsiasi testo di dottrine politiche, una casa assertivamente comune, nella quale sono stati costruiti tetto e terrazze, scordandosi le fondamenta (anche quelle, buone per ogni omelia, delle radici cristiane del continente), dove perciò trionfano delocalizzazioni e minijobs?
Sarebbe questo, un esercizio di razionalità? Da opporre all’irrazionalità dei deliri no-vax? Auspicare un intervento dell’Europa, guardandosi bene dallo specificare chi, come, quando, con quali mezzi e con costi sostenuti da chi? E di quale Europa, poi? Quella che include anche coloro che ci tengono un piede dentro e uno fuori? E’ chiaro che tutti costoro parlano a ragion veduta e cioè non credendo neppure per un attimo a una sola delle parole che usano: diversamente, saremmo costretti a considerarli tutti degli imbecilli e non lo sono per nulla. I loro richiami alla razionalità, a non meglio specificati interventi salvifici non sono altro che prediche per rampognare i fedeli, ammonirli dell’inferno appena dietro l’angolo, per poi concludere il tutto con qualche paternoster e tutti a casa che la coscienza è più sollevata e c’è il pranzo domenicale che aspetta.
Con tutto il rispetto dovuto a una figura come Sergio Romano, tanto varrebbe rivolgersi a Padre Pio. Quando la casa brucia, recita un vecchio adagio mitteleuropeo, si può pregare o lavare il pavimento; comunque, pregare è più pratico.

Cesare Stradaioli