AULE

La figura umana, ma anche quella politica, di Silvio Berlusconi sarebbe adatta a una commedia di Scarpetta, soprattutto nel suo oscillare fra la vera miseria e la finta nobiltà: qualche tratto di tragica comicità (o di comica tragicità) lo vedrebbe inserito anche in qualche opera brechtiana e il tutto costituirebbe materia di piacevoli conversazioni se non ci fosse toccato di averlo come contemporaneo e con lui una stampa così povera e serva come neanche nei bui anni splendenti del miracolo economico si poteva notare. Quanto meno, all’epoca voci di opposizione senza sconti facevano la propria parte, a prescindere dall’efficacia conseguente.
Se termini come povera e serva paiono esagerati, bisognerebbe allora trovarne altri per definire il susseguirsi di notizie di stampa a proposito del possibile futuro di Berlusconi quale Presidente della Repubblica: è una notizia talmente non-notizia, che non meriterebbe neppure un commento più  che brevissimo non tanto sull’ipotesi – del tutto fantascientifica – quanto sul perché una simile idiozia possa avere tanta eco mediatica. Detta in altri termini: non è ipocrita prendersela con i negazionisti della pandemia che discutono del nulla, quando la stampa italiana a voci quasi unanimi insiste a occuparsi di una cosa, Berlusconi al Colle per l’appunto, che è meno fondata e più insensata di qualsiasi fanfaluca propalata da un novax?
Se non altro, questo perenne ritorno dell’ex cavaliere consente qualche riflessione. Per esempio intorno alla frase che nel 2003, durante una sessione del Parlamento Europeo, pronunciò all’indirizzo di Martin Schulz, definendolo ‘kapò’ – il fatto dovrebbe essere citato come ennesimo, superfluissimo motivo per escludere anche il retropensiero che vede Berlusconi succedere a Mattarella e invece, come sempre nel nostro Paese, diventa battuta, chicca, albertosordata. Questa andrebbe immediatamente ricollegata a un’altra uscita dell’allora capo del nostro governo il quale, nella medesima occasione, dette dei ‘turisti della democrazia’ ai componenti dell’augusto consesso.
Bisogna separare le opinioni del singolo, chiunque egli sia, anche l’esponente di una crudele dittatura, dai dati di fatto e dall’effettivo significato di ciò che viene detto, a qualsiasi persona o qualunque cosa si riferisca. E’ una questione di igiene del pensiero politico. Se pensiero politico si vuole fare: altrimenti, televisione e stampa rigurgitano di offerte che soddisfano ogni altra esigenza e la scelta non manca. La definizione rivolta ai parlamentari europei, depurata dello sgarbo e del tono come quasi sempre maleducato e cafone che connota l’uomo, era (è) davvero così fuori luogo? Li ha chiamati turisti: non disonesti; non ladri. E cos’è, cos’è stato in passato e cosa pare poter essere anche in futuro, un eletto che a spese di tutti noi – che, come tutti gli altri cittadini europei di un proprio Parlamento già disponiamo – se ne sta tre giorni a settimana (quando va bene) a Bruxelles o a Strasburgo, a discutere della lunghezza delle baguette, sull’asetticità delle mozzarelle o sul calibro dei profilattici? Al quale (ai pochi quali, coscienziosi) sono consentiti 30 minuti (TRENTA) una tantum per prendere visione delle bozze di accordi politico-economici quale per esempio quelle relative al TTIP, trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti che, dovesse entrare in vigore semplicemente cambierà la vita di un miliardo di persone nel solo occidente e questo per una cinquantina di anni, e questa presa visione è ammessa senza possibilità di trarne appunti essendo vietate al parlamentare che dovrebbe valutare e votare in proposito (!) carta, penna e qualsiasi forma di registrazione? Che sale alla notorietà quando, quasi all’unanimità con i suoi degni colleghi, vota quell’oscena indecenza che equipara fascismo e comunismo?
A me pare che la concreta effettività politica di un’assise quale il Parlamento Europeo (spesso sostituito, nelle  notizie e nei fatti dal cosiddetto Eurogruppo; entità trasversale, fortemente esecutiva che semplicemente NON ESISTE nello statuto dell’UE – e c’è voluto Yanis Varoufakis a dircelo: se aspettavamo PD e altre anime belle, elefanti messi a riposo come premio Oscar alla carriera…), equivalga grosso modo a quasi niente: sicché, da cittadino europeo dovrei sentirmi indignato più da quello che non dalla sgradevole uscita di Berlusconi e occuparmi di cose serie e non di quello che pensa un singolo.
Valga lo stesso, guardando il passato. La definizione di Mussolini, ‘aula sorda e grigia’, 1922, era per caso riferita a un brillante e agguerrito consesso di eletti, che si stava accingendo a opporsi con tutte le proprie forze all’immanente dittatura? O non parlava invece di un’accozzaglia di mezzi uomini, ominicchi e quaquaraquà, vecchie cariatidi e giovani vecchissimi, nel loro insieme di maschi tonitruanti infinitamente meno coraggiosi della donnetta di colore che a Montgomery si sedette nei primi posti di un autobus? Tenutaria di un silenzio rotto solo dalle voci di Antonio Gramsci, Giacomo Matteotti e pochissimi altri e che tutto quello che riuscì a esprimere fu il ritiro aventiniano?
Rileggendo la storia, oggi come allora non bisogna sentirsi offesi dalle parole del futuro autocrate (prego, insisto: non si usi più il termine ‘Duce': riassume, fra gli altri, sostantivi quali onore e riconoscenza, che il capo del fascismo non merita), il quale esprimeva un pensiero che già all’epoca era ben noto (soprattutto ai mandanti: gli agrari emiliani), quanto all’effettività di quelle parole, che nella coscienza di tutti noi dovrebbe ancora oggi pesare come una montagna; il Parlamento di Strasburgo è stato arredato in modo da essere luminoso, conta numerose presenze femminili e non pochi abiti eleganti, vi si parla in modo forbito, politicamente correttissimo e misurato (a parte l’esempio di cui sopra) e anche se non può essere definito sordo e grigio – caso mai muto – sentir dire che sia popolato da turisti (turisti: donne e uomini dotati di trolley), dovrebbe fare riflettere. E non su chi lo dice.

Cesare Stradaioli