I FATTI DEGLI ALTRI E QUELLI DI TUTTI

Credo che il punto nodale della vicenda della nostra connazionale detenuta in Ungheria in attesa di giudizio sia più semplice di quella che viene prospettata e che sia altrove.
Fermo restando che un trattamento contrario a principi di civiltà e di mera conduzione di un istituto carcerario (qualsiasi agente di polizia Penitenziaria è consapevole del fatto che un detenuto è, prima di tutto, un cittadino privato della libertà e affidatogli perciò in custodia, con tutte le responsabilità legali e umane che ne derivano) può essere segnalato e denunciato da chiunque – ivi compreso il dicastero pro tempore della giustizia del nostro Paese, dove vige il regime del 41bis e nel quale si danno numerosissime situazioni intollerabili al punto da arrivare a uno spaventoso numero di suicidi ogni anno – va detto che le modalità di trattamento intra ed extramurario di un detenuto sono e devono rimanere di esclusiva competenza del Paese interessato.
Il che, ovviamente, non significa che a livello di diplomazia e di rapporti fra Stati e governi non si possano e si debbano dare interlocuzioni e contatti al fine di prendere in esame variazioni alle suddette modalità; sicché, è sì compito del titolare del Ministro degli Esteri muovere i passi opportuni con le autorità magiare per vigilare la situazione detentiva di Ilaria Salis ma, allo stesso tempo, è facoltà e anche obbligo in capo all’esecutivo di convocare la rappresentanza diplomatica di Budapest accreditata e pretendere spiegazioni in proposito. Sempre avendo presente che un detenuto, in attesa di giudizio o definitivo, che viene portato all’esterno è per forza di cose sottoposto a controlli e vigilanza maggiori di quelli che subisce normalmente: non solo in Ungheria, purtroppo, una persona ristretta in carcere, una volta temporaneamente all’esterno, viene incatenata mani e piedi.
Il punto è che il panorama politico europeo in genere e ungherese in particolare, presenta non già solo rigurgiti (che ci sono sempre stati) ma concrete e rappresentative manifestazioni di gruppi e partiti neofascisti e neonazisti – il nostro Paese, quanto meno rispetto alla prima qualifica, non va esente – estesi e attivi al punto tale da fare sorgere quanto meno un paio di domande; quanto alla prima, essa parte da un sospetto: siamo sicuri che se la signora Salis, in ipotesi simpatizzante neonazista, avesse picchiato un manifestante di sinistra, sarebbe ancora in cercere da quasi un anno in attesa di giudizio? La seconda domanda è la seguente: ci si deciderà, prma o poi, ad agire in maniera forte e chiara (qualsiasi possa essere l’interpretazione di tali termini, anche ripensando al paragone che fa Woody Allen fra l’ironia e le mattonate sui denti) per arginare e finalmente fermare questo fenomeno di imbarbarimento dilagante nelle società occidentali – figlio di mille padri – che, a titolo di esempio proprio in Ungheria, induce i difensori della nostra connazionale, una volta dovesse ottenere gli arresti domiciliari – status che richiede comunque una vigianza da parte delle forze dell’ordine – a dubitare addirittura della sua stessa incolumità?
Bertolt Brecht parlava di ventri di bestia ancora potenzialmente in grado di generare figli orrendi; passata l’emergenza bellica e antifascista, per decenni fu riservato a tale profezia un giudizio fradicio di enfasi, ritenuta com’era passatista, fuori tempo e fuori luogo. Non ebbe destino migliore l’agghiacciante riflessione di Primo Levi, su qualcosa che, in quanto già successo, poteva succedere nuovamente.
E bene, il termpo e il luogo sono ora e qui, non chissà quando e chissà dove: adesso, nella nostra bella e civile Europa, schiava del neoliberismo e sedicente vergine scevra da guerre che demanda ad altri, mentre il nemico non marcia più alla nostra testa ma vive e si attiva politicamente nei NOSTRI Paesi, prendendosi lo spazio generosamente concessogli, alla stregua del passeggio di un cane da guardia, da un’ideologia di mercato cugina stretta del Fascismo e lasciatogli da una Sinistra sciagurata, che da decenni passa il proprio tempo in una fumeria d’oppio, beandosi del proprio benessere e delle zone a traffico limitato. E tutto questo mentre i gruppi neofascisti e neonazisti sfilano nei quartieri popolari a prendersi la simpatia e il voto di chi dovrebbe orientarsi altrove, se solo un orizzonte ci fosse.

Cesare Stradaioli