LETTERA A UN’AMICA EBREA

Cara D,
io che esorto a non farsi opprimere dal senso di colpa nei confronti di un popolo, variamente sparso per il mondo, dal momento che altri – non noi! – hanno predisposto e tentato di porre in essere la soluzione finale, essendo proprio questo rifiutare di farsi carico di colpe altrui a mio modo di vedere una concreta forma di rispetto per le vittime e per i loro discendenti, ebbene proprio io vivo per un istante l’incertezza di definirti in base alla religione ai cui precetti sei stata educata, quasi sentissi il bisogno di aggiungere ‘non ti chiamo ebrea come fanno gli antisemiti’…
Tant’è: l’inconscio avrà pure una sua ragione di essere e di esistere, avendo oltre a tutto la stessa caratteristica che Lenin individuava nei fatti e cioè la testa dura.
Detto ciò, prima o poi ti avrei scritto quello che stai per leggere e – ci conosciamo da quando eravamo ragazzini – so che mi credi, quando ti dico che quanto ho da dirti costa una certa sofferenza.
E bene: alla luce di quello che sta succedendo dal 7 ottobre 2023 e mi riferisco non solo e non tanto agli ordini militari che vengono eseguiti – c’è sempre qualcuno che ordina e, varieranno pure latitudine e longitudine, ma a me pare che ovunque ci sia qualcun altro che, tenendo famiglia o un posto di lavoro, obbedisca e dorma bene la notte – quanto alla patina di indifferenza, di totale mancanza di empatia, mischiata a un senso di disumanità che offende o dovrebbe offendere chiunque, come me come noi, sia cresciuto immerso in una cultura giudaico-cristiana. Quanto accade – o non accade o non viene detto e se viene detto non viene sentito – mi obbliga, mi forza a concludere che tu e tanti altri ebrei che non hanno notorietà e tutti quelli che avendola (penso a personaggi come Gad Lerner o Moni Ovadia: i primi che vengono in mente) esprimono ferma condanna per la politica criminale e assassina portata in avanti da chi governa in Israele, non contiate nulla.
Non più, se pure prima contavate qualcosa e qualcuno pure contava. Le vostre voci sono spente, i vostri pensieri non concretano alcunché, la vostra disperazione – che sono certo sia vera e dolorosa – è sterile, le marce di chi fra di voi marcia vengono autorizzate e perfino riprese e rilanciate dai media e, ciò malgrado, non tolgono nulla alla cieca e furibonda volontà di sterminio e nulla aggiungono a chi vi si oppone.
Esistete – perché esistete: su questo non vi è dubbio. Ma nel momento in cui, anche e soprattutto voi ebrei praticanti e non, osate spendere una parola che confischi a CHIUNQUE il diritto di massacrare civili inermi (operarando di fatto un qualcosa che se non si può definire pulizia etnica, allora bisogna tornare indietro e chiedere scusa agli ustascia croati e ai cetnici serbi), non appena provate ad alzare la voce, ecco che non vi si sente più. Non vi sentono più. Smettete di esistere: fin quando non tornate a occuparvi di quello per cui siete rispettati e benvoluti, nel privato e in pubblico. Parlate fra di voi: parlate con noi, parliamo con voi, ma sono frasi senza una voce, senza una lingua. E mentre parliamo e ognuno vive, dal proprio punto di vista, la sofferenza di vedere quello che succede a Gaza, siamo tutti consapevoli e inascoltati della nostra, ma soprattutto della VOSTRA inconsistenza. 
Sarà poco elegante anche solo pensare qualcosa come se non ascoltano voi… ? Può essere, ma mentre cerchiamo di mantenere un certo tono – lo stile conta pur sempre qualcosa – dobbiamo renderci conto che, allo stato delle cose, parlare o rimanere in silenzio produce il medesimo effetto e che una tale, tremenda consapevolezza è quanto di più inelegante a questo disgraziato mondo si possa immaginare.

Cesare