I CONTI LI FACCIAMO DOPO

L’occasione è di quelle storiche: di quelle che meriterebbero, un domani, una citazione particolare. L’occasione per fare qualcosa di diverso. Per pensare e agire da comunità e non da sommatoria di individui. Poiché un’epidemia è cosa che riguarda tutti, nessuno escluso – e, quand’anche riguardasse qualcuno in meno della totalità dei cittadini, pure se interessasse solo poche migliaia di persone, non di meno affare di tutti rimarrebbe. L’occasione per sciogliere legacci, incrinare mura, abbattere barriere materiali e morali, opporsi a modelli consigliati. In due parole: andare contro. Con urgenza, prima di ogni altra cosa.
Contro l’isterismo di massa, contro la disinformazione, contro il semplicismo, il riduzionismo, il pietismo a tre palle a un soldo e farvi fronte; contro ciò che istintivamente muove chiunque, vale a dire la paura, il timore di essere presi, di trovarci alla parte del malato e vincerla con l’arma del pensiero razionale; contro l’ancestrale aspirazione a una purezza, a una esclusività, a un essere non come quelli là, il che è semplicemente fuori dal mondo, oltre che moralmente inaccettabile, a tutto prescindere e andare oltre. Contro il desiderio di ritrarre la mano, di metterla in tasca, di girarsi dall’altra parte – o, peggio, di fissare l’altro, come a dirgli io sono di qua e tu sei di là – per porgerla, questa mano, guardandolo negli occhi come individuo e non addosso come oggetto.
E’ un’occasione storica: riuscire ad affermarci come consorzio civile, per non restare nella nostra cuccia, stantia e distante da tutto e fallire ognuno come singolo essere umano.
Poi, quando tutto sarà finito, ci sarà tempo per fare i conti e i conti dovranno essere fatti.
Con un sistema rappresentativo che solo i peggiori istinti riesce a spurgare, che della nobiltà della politica ha fatto carne di porco e scudo al fine di regolare per conto terzi questioni legate a gruppi di potere grettamente affaristico. Con un sistema di informazione ispirato da una categoria giornalistica generalmente puttana ottusa mascalzona analfabeta irridente e terrorista, che prima bombarda a tappeto e in seguito manda la fanteria a sparare a raffica, per poi alzare alti lai per tutto il sangue sui muri e sui tappeti e tutto questo al quasi esclusivo scopo di vendere immondi spazi pubblicitari che hanno saturato e intossicato la vita di chiunque. Con coloro che delle vittime se ne infischiano bellamente (facendone pure motivo di vanto, gli infami) ritenendo più urgente e opportuno parlare di mercato e di economia, di punti di prodotto interno e di quotazioni di borsa, penosi e patetici strimpellatori da quartetti d’archi scordati, seduti sul ponte di un Titanic che NON sta affondando ma loro pensano di sì e forse lo sperano anche, sempre con la riserva di trovare posto sull’ultima scialuppa.
E, infine, fare i conti con noi stessi, che a questi individui abbiamo dato credito, mandato, fiducia o non ci siamo opposti con sufficiente forza per revocarglieli e delle cui neghittosità, meschinerie e porcherie assortite – ultime ma non ultime delle quali sciorinate in occasione delle diffusione di una malattia a bassa intensità – siamo, in quanto deleganti, corresponsabili.

Cesare Stradaioli