Giochi Olimpici e corruzione – I°

E’ singolare – e sinistramente indicativo – il fatto che nella diatriba alla quale abbiamo assistito in relazione alla decisione di candidare o meno Roma per le Olimpiadi del 2024, da entrambe le parti sia mancato il benché minimo riferimento, in mezzo a diversi agromenti pro e contro, quasi tutti dotati di valide argomentazioni, a una questione centrale per il nostro Paese: la presenza, in tutti i gangli produttivi e finanziari, della criminalità organizzata.

Il fatto è indicativo della sistematica azione di rimozione che viene fatta, a livello di stampa e di propaganda politica, in merito a quanto e come la criminalità organizzata influenzi e determini i destini economici e politici non solo italiani ma dell’intero mondo occidentale, con le debite differenze. Il clichè del mafioso con la coppola e la lupara o del camorrista chiassoso con la villa costruita a mo’ di “Scarface” – non esiste (e anche questo è fortemente indicativo, in altri sensi) un topos dell’affiliato tipo alla ‘ndràngheta – ormai è quasi del tutto scomparso anche dall’immaginario collettivo dei commentatori stranieri: regna l’ordine, nelle regioni dalla quali i fenomeni organizzati nascono e questo non significa altro che gli affari vanno bene. Solo che gli affari si fanno altrove, in giacca e cravatta e via internet, possibilmente senza sparare un colpo, che il sangue sporca. Malgrado ciò, nonostante il fatto che le librerie e le biblioteche pubbliche e private siano stracolme di analisi sociologiche e criminali che, senza tema di smentita, ci dicono ormai da vent’anni che la criminalità organizzata investe nella legalità (immobili, costruzioni, scommesse legalizzate, finanza) i proventi della illegalità (stupefacenti, prostituzione, gioco d’azzardo, estorsioni), malgrado il fatto che qualsiasi magistrato, qualsiasi investigatore sa benissimo che il lavaggio del denaro sporco costituisca un affare con bilanci superiori a qualsiasi Paese del Terzo Mondo e a molti Paesi cosiddetti sviluppati, la questione proprio non entra nelle agende della politica e, di conseguenza, nel dibattito e nella coscienza collettiva.

Personalmente condivido le ragioni del NO alle Olimpiadi, sotto il profilo dell’impegno finanziario: troppe volte, in passato e in troppe situazioni, le città e i Paesi ospitanti hanno avuto l’onore di ospitare i Giochi Olimpici per poi, subito dopo e per decenni, subite l’onere finanziario che è costato immense cifre sottratte al welfare. Per non parlare del fatto che nel nostro Paese, ben prima dell’organizzazione di Olimpiadi o altri cosiddetti ‘grandi eventi’ (definizione che, da noi, presenta regolarmente il conto in termini di code giudiziarie), la priorità andrebbe assegnata a ben altre urgenze, quali l’ambiente, la scuola, la sanità, la giustizia – a tacer d’altro, che ognuno ha diritto a rivendicare qualcosa nel proprio ambito.

Ma prima di tutto, prima di ogni altro discorso, direi che sia obbligatorio, in Italia qui e ora – e per un bel po’ di tempo ancora – porsi il problema dell’invasività della criminalità organizzata nell’intera macchina amministrativa e realizzativa di un avvenimento quale le Olimpiadi. E proprio a Roma! Dove è in corso un processo denominato ‘Mafia Capitale’! Mettiamo da parte per un momento l’ipotesi accusatoria relativa alla presenza di un’organizzazione dotata di tutte le caratteristiche della mafia; la tesi di alcune difese, in questo processo, rappresentate da eminenti studiosi penalisti, secondo la quale non si possa parlare di Mafia, è ragionevole pur se si può non condividere, ma non è questo il problema, se si parla di candidatura ai Giochi Olimpici. E’ materia, l’accertamento del carattere mafioso dell’organizzazione che farebbe capo a Massimo Carminati, di competenza dei giudici di QUEL processo. Ma, che vi sia o meno un carattere mafioso, questo non toglie che, di fatto, l’ambiente politico e imprenditoriale nazionale in genere e romano nello specifico fosse  – e, secondo una concreta dose di buon senso, ancora sia – fortemente impregnato dalla criminalità, più o meno organizzata.

Proprio a Roma, proprio in Italia, in QUESTA Italia, è da domandarsi come possano persone dotate di un minimo di quella che il codice civile chiama, con un arcaismo che travalica il tempo ‘diligenza del buon padre di famiglia‘, ossia la capacità, il raziocinio, la ragionevolezza e l’onestà di base – non disgiunte da una certa dose di malizia – di rapportarsi alle dinamiche sociali ed economiche di un consorzio civile, è da domandarsi si diceva come si possa ipotizzare uno scenario di progetti, piani regolatori, appalti, costruzioni di impianti, immobili in genere e tutta la serie indispensabile di mezzi e vie di percorrenza e di raggiungimento per e dagli stessi, insomma tutta la mobilitazione sociale e tutto l’indotto economico che una Olimpiade porta con sé, senza preoccuparsi di chi possa trarne illeciti guadagni e come e agendo verso chi o per conto di chi. Si tratta di una questione ineludibile; a tutti coloro che in buona fede sostengono la necessità di un rilancio economico che dia nuovo impulso al lavoro, alla produttività, al fine di combattere la disoccupazione; che in buona fede si impegnano per liberare questo Paese da pastoie burocratiche e – diciamocelo – da una certa tendenza al fatalismo e all’immobilismo; che in buona fede credono che un nuovo impulso di crescita materiale e morale, per combattere la povertà e le disuguaglianze passi anche attraverso l’assunzione di impegni di grande spessore che comportano impegno e serietà; a tutti costoro è necessario, è indispensabile ricordare dove viviamo e cosa succede praticamente ogni giorno. Se non ogni giorno, quasi non v’è settimana in cui non si dia la notizia di una nuova azione giudiziaria – ovvero lo sviluppo di una o più già avviate – aventi a oggetto la corruzione. A parte tutte le severe critiche da farsi intorno a un progetto quale quello olimpico che da noi, per forza di cose, ricorda ritardi, errori, disguidi, fallimenti strutturali veri e propri: proviamo a ipotizzare che un evento olimpico realizzato secondo tutti i crismi di legalità e di utilità sociale, oltre che di profitto privato, possa costituire (anche semplicemente annunciandolo, mancando ancora otto anni alla data di svolgimento) una spinta di portata epocale per il nostro Paese, sotto tutti i punti di vista, interno e internazionale; ma seriamente si può pensare che sopra questa torta miliardaria – non perdiamoci in cineserie: c’è una montagna di denaro e di potere alla base di una ‘spinta di portata epocale’ che si rispetti – non ci metta mano quella che, probabilmente, è la struttura economica e finanziaria più solida, non solo in Italia ma in tutta Europa? L’unica, verrebbe da dire, in grado di garantire nel Paese dei ritardi, delle deroghe e delle proroghe, una consegna pronta ed efficiente, scevra da grattacapi quali sindacati, sicurezza sul lavoro e giuste rivendicazioni salariali, in quanto capace di regolarli a modo proprio, magari per interposta persona?

(continua)