E SI COMPORTASSERO DA UOMINI!

Ci sarebbe di che rimanere attoniti, a fronte del comportamento dei vertici del Partito Democratico, all’indomani delle elezioni del 4 marzo. Bisogna essere chiari: qui non si tratta di condividere o meno un orientamento politico – anche perché, di orientamento politico non se ne intravvede neanche un abbozzo.
Il fatto è che ci sarebbe da rimanere attoniti, ma nella realtà non ve n’è motivo: quanto accade all’interno del PD, ancora saldamente controllato da Matteo Renzi, malgrado la pagliacciata delle dimissioni dopo la sconfitta elettorale, è esattamente quello che c’è da aspettarsi da un numero indefinito di rappresentanti, cosiddetti ‘fedelissimi’ dell’ex segretario, per come hanno agito negli ultimi cinque anni. Di cosa dovremmo stupirci? Che sono intransigenti, scarsamente inclini al dialogo, superficiali, ignoranti, sciocchi e, nella sostanza, una banda di dilettanti allo sbaraglio (del Paese, non loro)? Ma è esattamente quello che sono sempre stati.
Un ceto politico appena decente, ove ritenesse non opportuno partecipare a un governo con il M5S, sia pure dall’esterno, lo direbbe a chiare lettere, motivando e argomentando in maniera compiuta: poi, si può essere o meno d’accordo, ma se non altro saremmo in presenza di un’attività politica. Siccome il ceto politico renziano decente non è, ecco le dichiarazioni, ecco i musi lunghi, ecco i veti totali e senza remissione. Manca, come sempre, come di prammatica, un minimo di autocritica: d’altra parte, si fa autocritica tutte le volte in cui si ritiene di avere sbagliato e, parafrasando don Abbondio, uno il senso critico non se lo può dare, se non ce l’ha.
Dato che, unitamente alle altre gravi carenze, il suddetto gruppo (suona meglio di ‘ceto’, che rappresenta un qualcosa un po’ più superiore) politico manca anche della capacità di ascoltare – e questa sì, che uno se la può dare pur non avendone in partenza: basta studiare, studiare e poi studiare e poi bisogna confrontarsi, confrontarsi e confrontarsi, ovviamente con i punti di vista che non si condividono – ecco che le voci dell’elettorato, non solo quello che ancora vota PD ma anche quello che ha votato altrove o non ha votato per protesta, non giungono ai loro orecchi; oppure, non sarebbe da escludere, giungeranno anche, ma loro non sanno cosa farsene ovvero non vogliono.
In tutti i casi, lo spettacolo è vergognoso: tanto sarebbe valso, come è stato detto, che Renzi avesse evitato di dare le dimissoni e, mantenendo anche all’esterno quel potere che internamente ancora possiede, dettasse in prima persona la linea politica della presa di distanza dal M5S; sarebbe anche più onesto, ma l’aggettivo non appare merce di frequente circolazione dalle parti di coloro che hanno spacciato per trionfo politico il 40% delle europee del 2014, un esito elettorale dopato come un ciclista bolso. A tale proposito bisognerebbe anche puntare il dito contro coloro, gli elettori fino all’altroieri, anche quelli in buona fede che sono la maggioranza e, nondimeno non sono tanto meno responsabili, che in questa vera e propria bufala delle europee ci sono cascati con tutt’e due le scarpe, la giacca, il cappotto, i pantaloni e il cappello.
Servirebbe un’illuminazione divina o qualcosa di simile, che portasse a un congresso e alla segreteria del Partito Democratico una figura capace, responsabile, di esperienza politica e di larghe vedute, che provasse un dialogo con il M5S; detto e ripetuto un milione di volte, se sarà necessario lo si ripeterà un altro milione, per chi abbia a cuore una politica di sinistra e la sua stessa sopravvivenza in questa società, il valore aggiunto di questo ex movimento non può essere certamente quasi nessuno dei suoi rappresentanti, quanto il gran numero di elettori di sinistra che l’hanno votato per la semplice ragione che non si sono più sentiti rappresentati da nessun altro. Il dialogo con questo ex movimento, il tentativo di un appoggio anche esterno (non provò a farlo anche il PCI del compromesso storico con la Democrazia Cristiana? Di Maio non è Moro, ma se è per questo, si fatica anche a vedere un Berlinguer nella attuale sinistra italiana), metterebbe in mora il M5S, lo presserebbe a muoversi, a decidere, ad acquisire esperienza di governo e non solo di protesta. Il risultato – certo non da aspettarselo per lunedì prossimo: ci vuole pazienza e lungimiranza – sarebbe o una virata a sinistra del M5S col quale poter stringere alleanze anche con compartecipazione governativa, ovvero un suo declino e in questo caso ecco che si metterebbe in moto un travaso di voti al contrario. Ma per fare questo, è necessario farsene una ragione, è indispensabile carattere e forza di volontà, sostenuti da coraggio e capacità di tenere ferma una decisione costruttiva. Insomma, comportarsi da uomini.
E invece siamo, pare chiaro come il sole, in presenza di un atteggiamento dirigenziale del PD che presenta forti tratti di arroganza, mascherata da inettitudine politica, rivestita di infantilità tipica di un ragazzino che, non essendo stato scelto dal prete per giocare nella squadra della parrocchia, per ritorsione si porta via il pallone. Con la non trascurabile differenza che il pallone, i suddetti vertici, se lo sono perso da tempo. Qualcuno dovrebbe dirglielo.

Cesare Stradaioli