CONTRO IL 5 X MILLE

I messaggi sono chiari, affascinanti, tecnicamente ben fatti niente da dire: mediante una sapiente inoculazione di omeopatiche dosi di senso di colpa, inducono alla riflessione, alla collaborazione e, infine, al contributo. La pubblicità funziona quasi sempre – un giorno, qualcuno di più noto e autorevole, finalmente scriverà le dovute parole su quello che personalmente considero un cancro della nostra società: la pubblicità, che tutto avvelena, tutto falsifica, tutto distorce – e in questi casi specifici, alla meraviglia direi. Alternativamente, il volto è noto oppure anonimo; è familiare perché appartiene a uomini e donne dello spettacolo o della cultura, ma lo è anche perché viene prestato da persone qualsiasi, che potrebbero essere i nostri vicini di casa, o amici o parenti. Lo stesso valga per le voci. Una sapiente musica, generalmente puttana, completa il tutto.
I messaggi pubblicitari sono ordinariamente menzogneri e quelli sulle donazioni volontarie del 5 x mille non sfuggono a questa aurea regola: donare una sia pur piccola parte della nostra dichiarazione dei redditi non è vero che non costa niente. Costa a tutti noi, alla collettività, sulla base di due ragionamenti, uno strettamente matematico e uno più squisitamente politico.

Dal punto di vista matematico, il ragionamento è piuttosto semplice: se tolgo una cifra da quanto devo in ragione della mia contribuzione, lo Stato non disporrà di quella cifra, per quanto esigua possa essere e questa specie di storno, questa partita di giro, certamente non finisce nel nulla (o, almeno, lo si spera, dato che sotto questo aspetto,nel nostro Paese anche gli asini volano), dato che in qualche modo viene utilizzata; solo che, nella maggior parte dei casi, entra a fare parte del bilancio di strutture private, che siano ospedaliere, scolastiche, di assistenza, quello che volete. Nel complesso del patrimonio che ordinariamente, in una forma statuale viene percepito e speso con determinate finalità, i denari del 5 x mille oltre a sfuggire alla collettività – che è il secondo motivo, di cui fra poco – non compenseranno la mancata spesa pubblica per ospedali, scuole, eccetera e questo è inevitabile, in quanto la moltiplicazione delle strutture, l’allungamento della filiera comporta spese anche solo per la gestione di questa struttura, per non parlare del fatto che, nei casi in cui si parla di società per azioni, ci dovrà pure essere un dividendo per gli azionisti.

Sotto il profilo politico, meno gretto e più nobile, poiché concerne non tanto e non solo il vile denaro, quanto piuttosto l’essenza stessa di uno Stato, il discorso è un po’ più complesso. Deviare delle somme, sottrarle – perché è di una sottrazione che si tratta, è inutile girarci intorno, le parole esistono e vanno usate – al bilancio statale, equivale a ridurre il peso della società civile che vive e giustifica la propria esistenza proprio in quanto fa riferimento diretto a un’entità statuale; ogni soldo che finisce in una struttura privata in luogo della sua destinazione naturale in quanto contributo fiscale, vale a dire lo Stato, cioè noi cittadini, è un tassello di Stato che viene portato via, eroso, eliminato e, infine, consegnato alla libertà di impresa la quale, quando non è mediamente predatoria per sua stessa natura, inevitabilmente secondo le sue regole, deve necessariamente anteporre l’interesse privato a quello pubblico, che è esattamente il contrario di quello che fa, per altrettali regole, uno Stato.

Il nobile intento di chi viene indotto a contribuire a questa o quella iniziativa privata, prendendo dal versamento tributario, finisce col contribuire alla riduzione del peso dello Stato, alla perdita di quel già poco potere decisionale che un cittadino ha rispetto alla politica del suo Paese, disperdendo in mille rivoli le risorse e, cosa più importante, il loro utilizzo. Il messaggio ingannevole è che donando il 5 x mille si aiuta chi ne ha bisogno; incidentalmente, lo si aiuta, ma in misura ridotta, poiché parte del donato finisce in interventi ‘mirati’ (se la gestione dell’energia elettrica non fosse stata nazionalizzata nel 1962 con l’ENEL, per chissà quanti decenni ancora svariate zone del nostro Paese sarebbero rimaste economicamente e culturalmente indietro, in quanto investimenti poco remunerativi per un’azienda privata che, prima di tutto, deve rispondere agli azionisti) e soprattutto creatori di profitto, concetto che è per sua natura estraneo allo Stato.
Per non parlare del fatto tutto quanto viene distolto dal versamento tributario equivale a ridurre la possibilità da parte dello Stato di intervenire proprio in quei settori della società, a cui tutti noi apparteniamo, che si vorrebbero aiutare con la donazione volontaria. Si mortifica il concetto di società, per privilegiare l’assistenzialismo diffuso, incontrollato e sostanzialmente non uguale per tutti, perché gli investimenti nell’interesse pubblico raramente producono profitti, a detrimento dell’intervento (teoricamente: poi, sta alla coscienza degli eletti, posti a gestire la cosa pubblica, che ciò avvenga e come avvenga) pubblico.
Chi ne ha bisogno – il singolo cittadino, il malato, il disoccupato, la scuola, la struttura sanitaria – lo si aiuta pagando le tasse dovute, possibilmente facendole pagare a tutti o, quanto meno, al maggior numero di contribuenti possibile (sarebbe QUESTA la vera riduzione del carico fiscale!), non affamando lo Stato, togliendogli risorse, capacità decisionale e di intervento, sottraendogli disponibilità e autorevolezza, disperdendo il tutto in un nefasto universo incontrollato di attività non poche volte opache e che, in definitiva, riducono alla solitudine il singolo cittadino che rischia di un avere più un punto di riferimento che abbia le sembianze concrete e non astratte di un consorzio civile.
Volete contribuire seriamente? Volete davvero sostenere il volontariato, che è una preziosissima risorsa del nostro Paese, risorsa non di rado negletta in nazioni asseritamente – e assertivamente definite – più civili e avanzate della nostra? Fate come il sottoscritto: PRIMA versate interamente il contributo di civiltà chiamato tasse e POI donate qualcosa a chi vi pare; personalmente io dono mensilmente una cifra (niente di che) a Emergency, ma ci sono mille altri modi di contribuire a un maggiore benessere per chi non ha quello che abbiamo noi – c’è anche il rischio di tranquillizzare quella vocina dentro che ogni tanto si fa sentire, il che non è poi così male.

Cesare Stradaioli