E adesso, povera Europa?

Prima di tutto: la UE non è uno Stato federale. Pertanto, non esistono obblighi di stretto carattere istituzionale che vincolino i singoli Stati che ne fanno parte.

Ne consegue, in secondo luogo, che esistono unicamente vincoli di carattere commerciale e contrattuale, né più e né meno che fra due o più aziende nazionali o multinazionali.

All’obiezione che no, non è vero che non esistano vincoli di livello istituzionale, che i trattati di natura politica, di fatto SONO obblighi istituzionali, io rispondo citando l’esempio dei Paesi che hanno, UNILATERALMENTE deciso di sospendere l’efficacia del trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone e tirando in ballo Hans Kelsen, probabilmente il giurista più importante del XX° secolo, il quale – in sintesi, sia chiaro – sosteneva come l’effettività della legge, di ogni singola norma che non si limiti a descrivere una determinata situazione ma contenesse anche delle prescrizioni, fosse da commisurarsi sulla effettiva applicabilità di sanzioni, in caso di violazioni di dette prescrizioni.

Allora: neppure il Barcellona o, in piccolo nel nostro giardinetto, neppure la Juventus, da padroni quali sono, possono pensare che sia consentito che il capitano, mentre la squadra sta perdendo 4 a 0, decida di prendere il pallone e portarselo via o, più semplicemente, di uscire dal campo e sospendere la partita, adducendo la ragione per la quale una sconfitta di tale livello, oltre magari a comportare la mancata conquista di questa o quella coppa, costituirebbe un vulnus irrimediabile al buon nome della società calcistica. Dovesse capitare un evento del genere (stai attento, Cesare, mi dice una vocina, che per caso tu non stia dando una bella idea a qualcuno…), la società, unitamente ai tesserati che avessero preso parte al gesto, andrebbe incontro a pesanti squalifiche e forti sanzioni, sportive ed economiche.

Ora, dal momento che non solo Danimarca e compagni di merende vari che hanno sospeso Schengen, non sono stati sanzionati in alcun modo, ma neppure si profila all’orizzonte un qualcosa di più efficace di un’alzata di sopracciglia, la conseguenza della risposta all’obiezione non potrebbe che essere una: NON esistono vincoli di carattere istituzionale, se non altro perché non vi sono sanzioni da applicare a chi violi questo o quel trattato di natura politica.

Tutto questo per chiedere – e rispondere immediatamente: che fare, con la Danimarca che approva una legge che porterà alla confisca di tutti i beni degli immigrati che dovessero essere accolti?

Magari, qualcuno potrebbe ringraziare la buona sorte che non sia passato un correttivo in peggio, di detta legge, il quale correttivo avrebbe comportato la confisca anche delle fedi nuziali.

Bene: in effetti, il peggio non è mai morto, come si dice in Veneto. E però, che fare? Lo si deve accettare e basta? E’ segno di pragmatismo politico – magnifico concetto che serve a tavola ogni qual volta non si ha né carattere né autorevolezza per intervenire dove si potrebbe e si dovrebbe – fare finta di niente e soprassedere al fatto che uno Stato come la Danimarca (che, non va dimenticato, nei primi anni ’50 discriminava i bambini con lievi ritardi, cfr. “I quasi adatti” di Peter Hoeg, che non ha scritto solo “Il senso di Smilla per la neve”) approvi una legge che venti anni fa avremmo attribuito alla Rhodesia o al Sudafrica dell’apartheid?

La domanda, considerato il sito che la ospita, è retorica. Escluso che si possa prendere a calci nel culo ogni danese che si incontra – e neanche sarebbe male, rimango dell’idea che il colpirne uno per educarne cento sia stata una delle più azzeccate indicazioni del Presidente Mao – non rimane che fare altrettanto, dal punto di vista sostanziale: boicottare qualsiasi cosa che provenga dalla patria di Andersen e di altri pedofili come lui.

E se dovesse servire, se il gioco dovesse farsi duro, bene: cari fratelli/coltelli dell’Europa sedicente unita, avete deciso che adesso che non potete più scegliere solo gli emigranti qualificati, con titoli di studio, specializzati e già possibilmente parlanti la vostra lingua, ma tocca anche a voi ospitare che capita? Avete deciso di chiudere le frontiere, che si arrangino i Paesi del Mediterraneo e che vadano a quel paese le radici cristiane che vengono sbandierate a tre palle a un soldo?

D’accordo: e allora QUESTO Paese del Mediterraneo, che si trova a dover fronteggiare da decenni l’emergenza emigrazione (alle volte anche in maniera ridicola: qualcuno mi spiega per quale motivo, due anni fa, una nave croata, avendo soccorso dei migranti, invece di tenerseli – essendo una nave, come un aeromobile, territorio dello Stato, quindi di fatto accolti in Croazia – li abbia gentilmente scaricati ad Ancona, e soprattutto che le Autorità portuali e politiche italiane glielo abbiano lasciato fare senza dire bah?) e che, a quanto sembra, dovrà fare altrettanto per i prossimi decenni alla faccia della solidarietà europea, da domani mangerà le proprie arance, le proprie olive, i propri pomodori, berrà il proprio latte e panificherà il proprio pane.

Violeremo trattati commerciali? Certo che sì. E con questo? Quale sarebbe la sanzione, pensando a Kelsen? Ci faranno causa? Chi? Avanti quale Tribunale? Chiedendo cosa: la confisca del Colosseo? Il sequestro e messa all’asta della Torre di Pisa? L’esproprio del Ponte di Rialto?

Va bene così? A me, onestamente, sì. E che nessuno abbia la faccia di tolla di parlare di autarchia: che, a proposito di facce, mi tocca parafrasare Andreotti, dopo la seconda sberla, di guance non ce n’è più.

Cesare Stradaioli