Nel suo fondamentale testo “La fabbrica della peste”, Franco Cordero ripercorreva la terribile vicenda della peste a Milano ed esaminava, anche sulla scorta degli scritti di Alessandro Manzoni sulla cosiddetta Colonna Infame, quali in realtà fossero le responsabilità dei giudici e quali quelle della legge.
I Giudici applicavano la tortura: non era una loro libera iniziativa, magari dettata da malevolenza o semplice crudeltà personale. Essi, nel somministrare la sofferenza fisica all’esaminato, non facevano altro che applicare la legge. Contro di essa – e non contro i Giudici – avrebbe dovuto prendersela il Manzoni. Per contro, la vulgata è sempre stata quella che vedeva nei Giudici delle persone abominevoli che, in nome di Dio, davano sfogo a non meglio precisate pulsioni personali.
Cambiare la legge, esorta Cordero – che, credete a chi ha non solo letto i suoi saggi storico-politici, ma si è fatto il mazzo sul suo testo di Procedura Penale, con i Giudici usa spesso il carico da undici – è il solo modo perché non avvengano abusi o comportamenti che riteniamo ripugnanti. I Giudici fanno – facciano! – solo il loro mestiere, che è quello di mettere in pratica le norme.
Da anni la legge 194 è sotto assedio: lo dico senza mezze misure, prepariamoci a un futuro ravvicinato nel quale la libertà di interrompere una gravidanza non desiderata sarà messa a dura prova. Diamine, era il 2008, otto miseri anni or sono, non ottanta, quando l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori era difeso praticamente da tutti, tranne che Ichino, Brunetta, Giavazzi e tre o quattro altri pasdaran del liberismo! Praticamente intoccabile – a parole: e guardate come siamo ridotti ora.
Le forze di sinistra – intendo anche quelle composte da chi non siede in Parlamento – dovrebbero agire d’anticipo e battere gli avversari, riformulando una legge con molte pecche.
Perché, purtroppo tocca contraddire anche persone in assoluta buona fede ma completamente digiune di letture, razionalità e capacità di analisi, il medico obiettore NON viola la legge: ricorre all’obiezione di coscienza, che della legge 194 è parte integrante.
Dobbiamo ancora fare tantissimi passi in avanti, al fine di analizzare in maniera più compiuta – per poi trarne una teoria generale fondante di determinati comportamenti – il significato di parole come ‘vita’, ‘concepimento’, ’embrione’, ‘intelligenza’.
Personalmente, non lo dico da oggi, io ritengo che un feto sia vita al 100%: e tuttavia, è un individuo che non è ancora nato e, dunque, all’interno di una tempistica ragionevole e comunque determinata da clausole arbitrarie, frutto nient’altro che di accordi politici (per dirne un’altra: chi lo stabilisce che la maggiore età sia a 18 anni? Una convenzione e niente altro: tutti noi conosciamo sedicenni molto più maturi di quarantenni e sessantenni che maturi non lo saranno mai, ma una convenzione è necessaria, quando non si può ricorrere all’oggettività della scienza), sia umanamente lecito ricorrere all’interruzione di gravidanza.
Ebbene, si cambi la legge e si abroghi il diritto di obiezione. Punto e basta. Altrimenti ci si prepari a una vera guerra contro le donne e la loro autodeterminazione.
Magari si riformuli il giuramento di Ippocrate – che, è stato più volte detto amaramente, meriterebbe di essere chiamato giuramento di Ipocrita – dal momento che la frase “perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita…”, di esso fa parte integrante.
E già che ci siamo, consentite il richiamo a uno slogan coniato da una personalità politica incorrotta e di livello mondiale, Adele Faccio, quando ripeteva fino allo sfinimento: ABORTO LIBERO PER NON MORIRE E CONTRACCETTIVI PER NON ABORTIRE!
Più educazione sessuale, più prevenzione, più informazioni di carattere igienico e preventivo: l’indecisione su una gravidanza e di cosa fare avviene DOPO, dopo che la contraccezione non è stata praticata o è stata praticata male.
Sarebbe il caso e l’ora di fare qualcosa di opposto a quello che viene normalmente fatto in questo Paese dove tutto è a rovescio: facciamo una legge dalle fondamenta, con un capo e una coda e con delle forti norme di sbarramento.
Cesare Stradaioli
Per me sarebbe molto semplice, in realtà. Se tu medico decidi di lavorare in una struttura pubblica devi capire e accettare che la struttura pubblica garantisce tutte le prestazioni a tutti. Non lo accetti?Vai a lavorare in una struttura privata più consona a te. Punto. Non avrebbe dovuto esserci nessun dubbio dall’inizio. Ma come al solito il nostro è un Paese dalle mille sfumature di grigio nel bene e nel male. In questo caso nel male.