DI (S) CONTINUITA’ E DI ALTRO ANCOR

La vulgata è più che nota: viene a noia, pure nelle sue diverse manifestazioni. Bisogna essere realisti. I numeri sono quello che sono e la matematica non è un’opinione. La politica è sì l’arte del possibile ma anche quella del compromesso. E via con altre canzoncine.

Vogliamo provare a fare un piccolo excursus della politica italiana, diciamo degli ultimi 30 anni?

Allora. La Sinistra comincia a lasciare andare le politiche di sinistra, le stesse parole d’ordine, non fa più politica di sinistra.

Perde consensi – e vorrei anche vedere: se uno è un moderato, vota i moderati veri, genuini, non i parvenu.

Allora, siccome siamo tutti d’accordo sulla realpolitik, bisogna stringere qualche alleanza locale con il centro e la destra.

Ma così facendo, si perdono consensi anche a livello locale – stesso discorso di prima sui genuini e le imitazioni.

Allora, sempre perché siamo realisti, bisogna scendere a compromessi sia a livello locale amministrativo, sia politico regionale e nazionale. Purtroppo, questo fa perdere ulteriori consensi e fa arrabbiare moltissimo una percentuale sempre più alta di elettori e qualche vecchio/nuovo rappresentante politico.

E così, si va al governo locale, regionale e nazionale, con il centro destra, quando all’interno stesso del PD la componente centrista (sono ex democristiani: le parole esistono, usiamole senza tanti ricami) è prevalente e detta la linea. Realpolitik, si diceva – per la verità, lo dicono nella mitteleuropa; da noi, larghe intese, c’est plus facile.

Continua l’emorragia di voti; allo scopo di farvi fronte, si cerca di pescare voti al centro e, possibilmente, anche a destra. La crisi degli immigrati è un’opportunità favolosa per fare spese a destra. Non funziona. Solito discorso.

Sarebbe il caso di impiegare energie e idee a recuperare gli elettori di sinistra che si sono scocciati e magari anche una fetta del partito di maggioranza relativa nel nostro Paese, gli astenuti. Niente da fare. Bisogna essere realisti e la matematica è quella che è, i numeri sono quelli che sono.

Lo capisce anche un bambino: è un avvitamento orribile per quanto pare inevitabile se non si cambia rotta. La parola discontinuità e il continuo ricorso che se ne fa, senza tuttavia mai metterla seriamente in pratica (c’è sempre un motivo, a volerlo trovare a tutti i costi) fa venire in mente quella signora che viene nominata da tutti ma nessuno se la prende. Un esempio fresco fresco, tanto per non rimanere nel nostro orticello a criticare la sinistra e la sua ottusità? Pronti; per due anni, lo staff elettorale di Hillary Clinton ha ripetuto fino alla nausea “continuità”. E’ finita che il signor Brown, elettore tipico del Midwest, ha pensato: “Continuità? Quindi io continuerò a non trovare lavoro e così mio figlio, le finanziarie continueranno a portarci via le case e per di più i politici di Washington continueranno ad aiutare le banche e a noi ci lasciano indietro? Sai che fo? Voto quell’altro che vuole cambiare queste cose.” Alzi la mano chi seriamente ritenga di avere il coraggio di dargli torto. Anche perché la gara di bruttezza fra le acconciature non è necessariamente appannaggio del magnate.

E’ il discorso di prima: se devo sentire un discorso di destra, voto uno che di destra se ne intende. Servirebbe, per l’appunto, discontinuità. Ma quando Pisapia parla di alleanza con il micropartitino di Alfano, oltre a fare la figura del primo socio che detiene il 49% delle azioni, che si confronta con l’avversario, che pure detiene il 49% ed entrambi corteggiano il terzo che possiede un misero 2%, ciò che lo rende il più forte fra i tre, a parte questo, dove sta la discontinuità? Non sembra, questa, una splendida continuità? Nella sconfitta, ovviamente.

Oggi su ‘Repubblica’ c’è un bellissimo ritratto di Angela Merkel, questa statista – lo è, parliamoci chiaro, sta una spanna sopra tutti i leader europei – nata nella DDR, che quando crollò il Muro era indecisa se iscriversi alla CSU o alla SPD (e qualcuno ancora discute su quanto e come i partiti sono andati assomigliandosi tutti, con il maggioritario!), che ha preso argomenti di sinistra quali uscita dal nucleare, matrimoni per tutti, abolizione della leva obbligatoria, approccio umano al problema degli immigrati (si è portata a casa gli immigrati di serie A, ma questo è un dettaglio che ne rammostra il fondo reazionario) e, molto semplicemente, ne ha fatto delle leggi.

E’ curioso notare come se la Sinistra fa la Destra finisce col perdere consensi, mentre se la Destra abbozza a fare la Sinistra, forse perde qualche elettore di destra ma ne guadagna a iosa a sinistra. Ritengo dipenda dal fatto che a Sinistra c’è una tale fame endemica di giustizia e uguaglianza, che basta poco per prendersi un voto e, in ogni caso, adontarsi per questo che sembra un destino cinico e baro ha la medesima valenza razionale dell’imbestialirsi perché avevamo da tempo programmato la gita al mare o l’ora di tennis al circolo e, dio bonino, piove.

Ma allora: perché la Germania della Merkel fa una legge affinché chiunque possa sposarsi con chiunque che sono cavolacci loro e l’Italia di Renzi e del PD no? Perché bisogna essere realisti. Perché bisogna cercare le larghe intese. Perché bisogna accontentare molti e non scontentare nessuno (mentre altrove chi vince governa e chi perde presenta idee, programmi, leggi, e lo fa mentre sta all’opposizione e non durante la campagna elettorale, quando bisogna essere realisti, perché i  numeri e la matematica eccetera). Perché da noi, come diceva quello, non mancano i rivoluzionari e qualcuno anche con buone idee, ma vogliono fare la rivoluzione d’accordo con i carabinieri.

Cesare Stradaioli