Che fare? (2)

Credo che ci sia un grosso equivoco, a proposito dell’ipotizzato/auspicato/temuto/sconsigliato intervento militare a seguito dei fatti di Parigi, che consiste sostanzialmente, per lo più da parte di coloro che ritengono deleteria l’opzione armata, nell’equiparare un possibile intervento odierno alle sciagurate avventure intraprese nel 1991 (prima guerra contro l’Iraq), 2001 (dopo l’11 settembre in Afghanistan) e 2003 (seconda guerra contro l’Iraq).

Le situazioni non sono paragonabili: le tre precedenti non sono state altro che manifestazioni muscolari di amministrazioni criminali (Bush padre e Bush figlio 1 e 2, con la complicità degli altri criminali di guerra Blair e Howard), che tutto avevano tranne che l’intento di mettere in sicurezza (concetto alquanto anfibio) l’Occidente in genere e gli Usa in particolare. Inoltre, e qui stava il principale limite strategico-militare, erano indirizzate contro tutto un popolo e – a parole, che nei fatti si è rivelato quello che era e cioè impossibile – al controllo di territori definiti, entro i cui confini (ri)stabilire un governo, mentre oggi si tratterebbe di azzerare una leadership. Per non parlare della bufala delle armi di distruzione di massa e della solenne cretinata di andare a “cercare” lo sciita bin Laden nel sunnita Iraq di Saddam: come pensare, ai tempi, di andare a stanare Bernadette Devlin a casa del reverendo Ian Paisley o viceversa.

L’azione contro i vertici dell’autoproclamato e autoreferenziale (e anche eteroreferenziale, per gravissime responsabilità dei mass media che ne enfatizzano l’esistenza) sarebbe mirata, militarmente semplice (con i satelliti è possibile mappare ogni metro quadrato del pianeta) e di breve durata. Anche perché, episodi poco noti della resistenza curda fra Siria e Turchia ci dicono che questi sedicenti “combattenti”, nella grande maggioranza deficienti esaltati da internet, alla prima sculacciata se la danno alla grande. Certo che se si procede ognuno per se e dio contro tutti, si otterrà solamente di bombardare edifici vuoti o – peggio – dei civili (cosa che, per il vero, Israele fa sistematicamente nei Territori occupati, ma si vede che lì va bene…).

Ovvio che l’ideale sarebbe un intervento dell’ONU. Se esistesse.

Cesare Stradaioli