ALTRE ENTITA’

Sono stato rimproverato, pacatamente, ma pur sempre di rimprovero si tratta, di avere lasciato a metà una considerazione. Per citare e distorcere un po’ la notissima rima di uno dei nostri più grandi poeti contemporanei, una persona con cui vanto lunga amicizia si è presa la briga e di certo il disturbo, dopo avere letto il mio scritto relativo all’Europa, di farmi presente come la definizione da me data di ‘entità geografica’, non solo sia poco rispettosa del continente in cui ci troviamo a vivere, ma anche gravemente carente sotto il profilo del senso che, a suo parere, aveva il mio scritto.
Sono talmente grato a questa persona, anche per avere intuito il significato di quanto andavo argomentando – in maniera insufficiente, temo – che non solo mi scuso per la carenza, ma provo anche a rimediare: me la caverò con poche considerazioni.
Di sicuro l’Europa è anche e soprattutto un’entità culturale, di livello mondiale e di durata ultramillenaria: lo è umanisticamente e lo è dal punto di vista scientifico. Ora, di questo, che è un dato altrettanto di fatto quanto lo sono i confini terrestri, noi nati e cresciuti in questa parte del mondo, cui siamo debitori (a tacere di quasi tutto d’altro) della formazione di ciascuno, dobbiamo essere fieri; ma, oltre che a menarne vanto, dovremmo qui e adesso impegnarci affinché questo patrimonio non vada disperso: dato che, a differenza della collocazione geografica, che niente (a meno di un cataclisma talmente epocale da rendere sciocco e inutile parlare di ogni cosa che ci circonda) e nessuno può distruggere o modificare, la tradizione culturale europea è, non da oggi, a serio rischio sfaldamento, se non addirittura di scomparsa.
Personalmente, avendo di fronte a me molti meno anni di quanti mi ritrovo alle spalle, di questo sono preoccupato: che questa dilagante, oppressiva, davvero pandemica forma di dittatura del pensiero che obbliga ciascuno di noi, anche il più refrattario e riottoso ad accostarsene, a vivere e subire l’ansia, la stupidità e la asserita mancanza di alternativa del dominio dell’economia, della finanza, della pecunia quotidiana, il tutto confezionato e venduto da quasi tutti i mezzi di comunicazione come sola e unica igiene al mondo, accantoni, disperda e infine metta in un angolo tutto quello che, in definitiva, noi siamo. Della quale dittatura, che non esito neanche per un momento a chiamare Fascismo, alla luce delle sinistre assonanze per forma, contenuti e modalità di quanto venne e adesso viene detto e da chi, dobbiamo subire i borborigmi, ma della quale non ci è permesso conoscere alcunché, né tantomeno pensare in maniera diversa, poiché pressoché ogni tentativo di riabilitare un minimo di azione davvero politica – che, per sua natura NON può nemmeno prendere in considerazione l’asserito ‘non c’è alternativa’, vera e propria parola d’ordine di chi sta seriamente combattendo una vera e propria guerra di classe – immediatamente si ripercuote verso ogni aspetto della vita di tutti i cittadini, a cominciare da quello più elementare e indispensabile, il vivere una vita dignitosa e poter lavorare per un futuro migliore.
Questo, a mio giudizio, dobbiamo temere, al di là delle sciocchezze profferite da dilettanti allo sbaraglio: l’erosione del nostro patrimonio più prezioso e non rinnovabile, se cancellato, vale a dire la nostra cifra, squisitamente europea, rappresentata dalla nostra cultura, seriamente minacciata da una cricca di operatori di alto livello, robustamente sostenuta da una sempre nutrita schiera di truppe cammellate, che dice di discorrere di economia, mentre per contro parla solo di soldi e attorno a questo totem vuole legare ognuno di noi, ogni Paese, ogni pensiero.

Cesare Stradaioli