A proposito di Gran Bretagna – I –

E’ stato reso pubblico in data odierna a Londra il rapporto della Commissione di inchiesta, presieduta da Lord John Chilcot, a proposito della cosiddetta seconda guerra in Iraq, marzo 2003. Scopo dei lavori di detta Commissione era specificatamente quello di verificare le condizioni che portarono la Gran Bretagna al conflitto a fianco di Stati Uniti, Italia e Australia e se dette condizioni, debitamente accertate e valutate, potevano o meno definire inevitabile l’intervento inglese. Ebbene, dire che i risultati dei lavori di questa Commissione siano di condanna assoluta e senza appello riguardo all’opportunità del conflitto, con particolare riferimento alle decisioni prese dall’allora Primo Ministro Tony Blair, non rende a pieno la portata del tutto.

Qualcuno un giorno disse una frase apparentemente banale, nella sua scarsa utilità pratica: ci sono occasioni nelle quali dire “io l’avevo detto” non rende giustizia. Ebbene, l’utilità pratica sarà pure nulla, più che scarsa, se ci riferiamo a quello che è già successo: che, in una prospettiva futura, debitamente preceduta e corredata da una robusta autocritica, possa essere utile – e di molto – appare indiscutibile. Tuttavia, non sarà sbagliato fare qualche considerazione, anche sugli spaventosi esiti umani che questa guerra ha avuto (tutte ne hanno, ma questa in modo speciale, non fosse altro per il fatto che, a distanza di oltre 13 anni registra ancora, in apparente stato di non belligeranza, continui e sistematici attentati con decine, centinaia, migliaia di morti civili – per non parlare del fatto che è stata uno dei fattori che hanno contribuito a creare il personale armato del cosiddetto Isis).

E’ comprensibile, sotto certi aspetti, la cocente delusione di chi aveva creduto in Blair, nella sua personale via al labor, alla sua immagine di uomo deciso ma vicino alla gente, esuberante, rigoroso ma di grande spirito creativo, che senza dubbio aveva gettato uno stagno in quella morta gora che era la politica laburista britannica, uscita con le ossa rotte dal regime thatcheriano. Tony Blair si affacciò alla politica mondiale sbaragliando il campo alla sua destra e anche – e soprattutto, come molti capirono poi: qualcun altro l’aveva capito prima, vedi la frase ‘io l’avevo detto’ – alla sua sinistra, affiancandosi a Clnton, Jospin, Schröder e Prodi, insomma accomunandosi a quella scombiccherata (politicamente, s’intende) conventicola di capi di governo di centrosinistra la quale – va detto – aveva dato pochi anni prima il proprio placet e anche qualcosa di più valutabile sotto il profilo finanziario, alla distruzione della Jugoslavia.

Tony Blair e la sua politica sono stati un disastro. Un disastro per gli inglesi che non ritengono di votare conservatore, un disastro per la sinistra europea: i danni provocati dal blairismo sono, sotto il profilo politico, incalcolabili e, proprio in ragione di ciò che Blair rappresentava – o sosteneva lui! di rappresentare – per questa ragione ci vorranno generazioni di personale politico schierato a sinistra per porvi rimedio. Sempre che sia possibile e sempre che si cominci a farlo nel più breve tempo consentito, possibilmente partendo da l’altroieri.

Ma è stato un disastro anche per gli iracheni e, più in generale, per tutta la complessiva situazione politica mediorientale, atteso che la seconda guerra in Iraq non solo non ha portato uno straccio di democrazia da quelle parti – né era possibile e sarebbe anche ora che la si smettesse di credere che la democrazia sia esportabile ed edificabile alla stregua di una catena di McDonald’s – ma per di più ha contribuito a esasperare la situazione e, del resto, i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Peggio ancora, come risulta dai lavori della Commissione di cui sopra, non solo l’intervento inglese era inutile ed evitabile, ma la stessa conclusione va presa per la guerra in sé. Ma qui sarebbe necessario ragionare intorno alla figura di Saddam Hussein, dei suoi trascorsi, sinistramente simili a quelli di bin Laden, in punto di complicità e appoggio alle strategie belliche e politiche americane degli anni ’80 – e al possibile salvacondotto che, senza particolare scandalo (specie se paragonato alla gigantesca migrazione di massa e conseguente arruolamento – indovinate a favore di chi e contro chi – di centinaia, migliaia di ex SS, massacratori, autori di genocidi, all’esito della Seconda Guerra Mondiale, per cui non facciamo tanto le vergini vestali che l’Occidente proprio non ne ha né titolo né vocazione) poteva fare in modo che il Rais togliesse il disturbo quasi senza colpo ferire e goccia di sangue versare.

Dovrà venire il giorno in cui Bush, Chaney, Rumsfeld, Blair, Berlusconi e John Howard compariranno al cospetto di un tribunale internazionale che dovrà giudicare di reati attinenti a crimini di guerra e contro l’umanità: e se non dovesse essere un tribunale internazionale, sarà la Storia a esercitare ruolo di supplenza. Ma soprattutto dovrà essere la Sinistra, se mai dovesse esserne ricostruita una degna di tale nome, a scrivere quello che va scritto intorno alla figura di Tony Blair. Cominciando – eh, diamine, sì! – con “qualcuno l’aveva detto…”.

Cesare Stradaioli