RISIKO MEDIATICO

Se non fossero più che evidenti le reali coordinate di una schermaglia a metà strada fra l’economia e il posizionamento strategico nelle aree più controverse del pianeta, l’allucinante campagna stampa che attraversa pressoché tutte le testate e le agenzie italiane (si distinguono Il Fatto Quotidiano e Avvenire) ed europee a proposito dell’imminente invasione russa dell’Ucraina, meriterebbe un attento studio psicanalitico. E’ tuttavia palese il significato di quanto leggiamo e ascoltiamo tutti i giorni: c’è davvero una grande confusione sotto il cielo e, in ossequio alle migliori tradizioni delle cancellerie e presidenze del XX° secolo, bisogna dare una lezione a Mosca.
Diversamente, non si giustificherebbero – se non con preoccupanti situazioni di malessere personale da parte di chi ne fa uso – toni che evocano titoli e proclami che non sentivamo dalla crisi dei missili cubani, giusto mezzo secolo or sono.  Russo o sovietico, l’orso rimane orso e ogni tanto bisogna fargli capire chi comanda: il meschino non apprezza il sistema liberale, capisce solo il linguaggio delle armi e come tale va trattato.
Ora, potrebbe sembrare ozioso ricordare che, appunto nel 1962, per molto di meno gli USA arrivarono a un passo dallo scatenare un conflitto mondiale – per quanto improbabile fosse l’uso di armi nucleari – e che la questione non è ancora risolta, dato che un Paese sovrano soffre ancora dell’embargo comandato da Washington. Basterebbe tenere a mente che la sovranità di un Paese ricomprende anche il diritto di effettuare manovre militari pur che rimangano all’interno dei confini stabiliti e che è esattamente questo che sta facendo la Russia, a differenza degli Usa che da quasi un secolo muovono propri soldati su gran parte del globo, in pace o in guerra, per non parlare del dominio sui mari.
Conviene rimanere nell’analisi più strettamente razionale, che pare proprio essere cosa indigesta alla stampa italiana e non solo. Più nello specifico, consultando le più accreditate testate che si occupano di politica internazionale, come a esempio ‘Limes’ per rimanere nel nostro Paese, il che solleva molti dalla fatica di tradurre questo o quell’articolo.
Stando ad accreditati studi di un certo spessore, la Russia soffre di un grave calo demografico, al quale fra le altre cose corrisponde, per evidenti motivi, una drastica diminuzione del personale militare, sia in divisa sia in borghese e questo sarebbe di per sé sufficiente a dare dello sconsiderato non solo chi si ponesse in mente un’invasione in territorio europeo, sia soprattutto chi la paventa a tamburo battente. Anche dopo il crollo dell’Urss, Mosca rimane la capitale dello Stato più esteso del mondo – non esattamente circondato da amici: basta dare un’occhiata ai suoi confini. Per mantenere la sovranità, uno dei tre elementi essenziali per la nascita e vita di una forma Stato, è indispensabile un secondo dei due, la popolazione, per garantire l’integrità del terzo, cioè il territorio. In altre e più sintetiche parole: Mosca ha da diversi anni notevoli problemi nel mantenere la propria sovranità, per quanto l’economia si sia risollevata dopo le svendite da marciapiede effettuate dall’associazione a delinquere guidata da Boris Elcin. Meno popolazione, meno militari, maggiori difficoltà nel governo della propria nazione.
Le tavole sinottiche che, in maniera al limite dell’infantile molti giornali insistono a riproporre tanto per garantire quiete e serenità ai propri lettori (a proposito; il presidente ucraino chiede all’occidente di smetterla con questa campagna: sta terrorizzando i suoi connazionali), riportano enormi quantità di soldati, mezzi pesanti, forze aeree e navali, come se dovessero e potessero essere tutte interamente usate in un conflitto: il che è una solenne panzana, sporcata però di vera puttaneria giornalistica, poiché lo capisce anche un ragazzino che quelle truppe, quelle forze armate di terra di cielo e di mare sono quelle di cui dispone Mosca a presidio di tutto il proprio territorio.
Consideriamo, però, uno scenario, con accluse le motivazioni di chi muove le pedine.
Mosca dichiara guerra a Kiev (dove, peraltro, non tutti sanno che è è stata fondata): così imparano questi traditori ucraini venduti all’occidente ad accettare i missili ai miei confini e che questo sia di monito a quegli svergognati baltici che riabilitano e definiscono eroi quelli che collaborarono con i nazisti – il che, purtroppo, è vero. Ovviamente ci vorrà qualche giorno per ridurre all’impotenza l’esercito ucraino, che non pare proprio una roba da burletta; qualche altro giorno per soffocare nel sangue (un soldato non può e non deve avere le stesse remore di un agente di polizia) la rivolta di quella parte della popolazione che non rimpiange affatto la lingua russa e i rubli. Diciamo una settimana-dieci giorni?
E in questo lasso di tempo, durante un’invasione preceduta da imponenti manovre militari che non sfuggirebbero neanche al più obsoleto satellite messo in orbita dalla più scalcagnata repubblica delle banane, il mondo, l’Onu, la NATO, gli USA, la Turchia, Israele, la derelitta Europa si presume che dovrebbero rimanere con le mani in mano a vedere di nascosro l’effetto che fa.
Per ottenere cosa, poi, da parte di Mosca? Facciamo un breve, sintetico elenco delle conseguenze di questa guerra degna de “Il ruggito del topo”:
– tutti i nuovi confini occidentali della Russia saranno riempiti da quei missili che Mosca non voleva in Ucraina – e sarebbe pure da cercare col lanternino non si dica un politico, ma un qualsiasi cittadino europeo che non la troverebbe risposta più che adeguata;
– di immediato rimbalzo, Mosca dovrebbe letteralmente blindare tutti i rimanenti confini (con quali truppe, con quanti mezzi, non è dato sapere);
– allo stesso modo, l’ex Stato sovrano (grande due volte la Francia, tanto per dire) ora di nuovo sotto il tallone moscovita, dovrà essere popolato di militari e civili in perenne stato di guerra – armata e propagandistica – poiché dai tempi dell’Impero Romano, piantare una bandierina e tornarsene a casa non serve (e poi, l’Ucraina sarebbe o no, di nuovo casa Russia? tornarsene dove?);
– Vladimir Putin, tutto il suo personale politico (a cominciare dall’ineffabile ministro degli esteri Lavrov fino all’ultimo portaborse) e probabilmente anche la successiva generazione politica e diplomatica, perderebbero seduta stante ogni credibilità, in qualsiasi luogo e consesso internazionale: chi un domani presterebbe fede a simili personaggi così inaffidabili?
– a seguire, la Russia vedrebbe svanire per decenni ogni possibilità di espandersi a livello di influenza politica, perdendo ogni credito e influenza in quelle zone che con grande fatica negli ultimi quindici anni ha riguadagnato, con tanti saluti all’antico anelito prima russo, poi sovietico e ora di nuovo russo, di sottrarsi a quella sindrome da accerchiamento che, in caso di guerra, calerebbe come un sudario funebre su tutta la federazione;
– il giorno dopo ogni Stato, ogni organizzazione statale, ogni azienda pubblica e privata disdirebbe i contratti di fornitura dell’energia, soprattutto del gas, da diverso tempo il nerbo economico che consente a Putin di provare a ricreare la Russia come potenza non solo regionale: un massacro, sotto il profilo economico, sotto forma di spaventosi mancati guadagni – e il problema di come mantenere quelle famose truppe – mentre i Paesi del Golfo sarebbero più che felici di aiutare i propri amici americani a rifornire la povera Europa dell’energia necessaria (della bolletta politica se ne potrà parlare in seguito e non saranno fatti sconti di alcun genere).
Tutto questo per invadere l’Ucraina?

Cesare Stradaioli