SPIAZZAMENTI STRATEGICI

L’isterico comportamento tenuto in questi giorni da parte dell’establishment francese  e dai suoi gendarmi – i quali, comunque, eseguono ordini – a fronte delle legittime proteste di piazza, ha molto in comune con l’altrettanto incontrollata reazione di stampa e cancellerie europee all’indomani dell’inizio delle operazioni militari russe in Ucraina, rispetto a coloro che non ritenevano e tutt’ora non ritengono opportuno adeguarsi a quello che, un po’ abusatamente ma efficacemente, viene chiamato ‘pensiero unico'; che – come la parola d’onore prestata da Groucho Marx; il quale, d’altra parte, ove la stessa non fosse stata gradita, affermava di averne tante altre – tanto unico non è, essendo declinabile in varie diverse forme e sostanze.
Isterico e incontrollata hanno come comune denominatore la sorpresa: che appare evidente nelle nelle dichiarazioni, nelle forme e infine nei comportamenti che traspaiono perfino nella fisiognomica di una classe dirigente del tutto impreparata a sentire contestata oppure (o anche) svillaneggiata e destituita di autorità quella parvenza di vita economica, politica e sociale che si pretendeva accettata e dunque effettiva e che, per contro, presenta la stessa consistenza dei fondali scenici dei film western. Serve lo sceriffo armato, per tacitare chi sostenga come dietro la forma di cartapesta o di legno, il saloon non esista. Capi di stato e di governo, firme prestigiose della politica, del giornalismo scritto e in genere di quello direttamente comunicativo, il 24 febbraio dello scorso anno dettero l’idea di essere stati colti del tutto impreparati dall’iniziativa russa contro l’Ucraina (tutto, tranne che inaspettata, considerate le manovre militari e gli annunci delle settimane e mesi precedenti). Tant’è: l’abbiamo già detto e scritto; è bastato che un ex colonnello di un servizio segreto che non c’è più, di uno Stato che non c’è più – quanto meno nella struttura dell’epoca – ordinasse delle operazioni militari che, almeno all’inizio, erano piuttosto limitate, per mostrare a tutto il mondo, segnatamente agli europei, qualcosa che non era difficile né particolarmente acuto sapere già da prima e cioè che l’Unione Europea non esiste. O, meglio, vive drammaticamente in essa una delle più famose massime di Margaret Thatcher quando, a proposito della società, sosteneva che non esistesse, trattandosi tutt’al più di una sommatoria di individui; allo stesso modo, appariva palese (e le scelte politiche che hanno fatto seguito alla guerra in Ucraina ne sono stata l’ennesima dimostrazione) come l’UE non abbia nulla della società, intesa come comunanza di interessi, sforzi, intenti, progetti, quanto piuttosto un insieme di entità statali ognuna procedente per conto e interesse proprio, che si guardano in cagnersco, non di rado in aperto conflitto reciproco, tanto da essere in grado di cambiare alleanze con la stessa dovuta frequenza con cui ci si cambia la biancheria intima.
Non sapendo cosa dire e cosa fare, non hanno trovato di meglio che controattaccare, appiccicando l’etichetta di putiniano a chiunque – perfino, a titolo di esempio, al direttore del quotidiano dei vescovi italiani, persona mite e pacata – reagire con rabbia tanto bavosa, verbosa e arrogante quanto intrinsecamente priva di argomenti (è un dato di fatto: il saloon non esiste e neppure l’ufficio dello sceriffo, se è per questo).
La risposta di Macron e del suo governo, esplicitata a fasi alterne con superiore indifferenza – tipica, peraltro, di certi regnanti, per quanto quello francese sia a tempo e non ereditario – e con la brutalità della polizia.
Potevano dirsi sorprese le cancellerie europee lo scorso anno? Potevano, Emmanuel Macron e il suo staff di collaboratori e consiglieri, davvero dirsi sorpresi dalla furibonda reazione popolare e interclassista, non solo alla riforma delle pensioni, ma anche all’ancor più grave mezzo colpo di Stato (chiunque ritenga eccessivo il termine, vorrà avere la compiacenza di trovarne uno adeguato nel caso in cui il potere esecutivo aggiri quello legislativo nel totale silenzio dell’Europa, così attenta ad altre faccende evidentemente più importanti come la pezzatura delle mozzarelle o delle baguettes) sostanziatosi in un atto di puro esautoramento dell’Assemblea Nazionale? La risposta non può che essere, in entrambi i casi: no.
E la cosa, a sua volta, non può e non deve cogliere di sorpresa. A ben guardare, infatti, tanto i primi quanto i secondi avevano e hanno qualche motivo per cadere dalle nuvole, dopo che per decenni – complice una certa malefica Sinistra che ha abbracciato entusiasta la pratica del neoliberismo – la politica ha emarginato qualsiasi forma di contestazione, in nome dell’imperativo di non disturbare i guidatori pro tempore, capi di stato e di governo, autorità monetarie e bancarie internazionali. Pare di sentirli – e forse in privato e nei loro circoli ristretti l’avranno anche detto: come osano costoro non allinearsi nell’eterna lotta del Bene (l’Ucraina, leggi Europa, leggi Nato, leggi Usa) contro il Male (ieri l’Urss, oggi Putin: pure se Vladimir Vladimirovic ha ben poco del sovietico e del comunista)? Come osano questi altri mettersi di traverso all’ennesima legge che, invece di combattere la disuguaglianza andando a prendere i soldi dove tutti sanno bene essere, incide sulle pensioni e, in definitiva, sulla vita vera delle persone, di quelli che lavorano e non percepiscono rendite o bonus come tante altre famose facce che di frequente non debbono neppure preoccuparsi del consenso popolare, non essendo eletti bensì nominati da questo o quel circolo?
Non che sia un bene: non per la Francia e neppure per l’Europa, ma l’impressione è che Macron abbia, in termine poco tecnico, ‘sbroccato’. Pessima cosa, per un politico. Oltre ad avere dato corda a un detto anche un po’ vintage – orientamento molto di moda, ultimamente – secondo il quale gratta il liberale e trovi l’autoritario. E dire che, a proposito di sorprese, uno non esattamente prodigo di empatia verso l’élite finanziaria continentale come Yanis Varoufakis, soleva ripetere come durante le estenuanti riunioni del cosiddetto ‘Eurogruppo’ – entità tecnicamente inesistente se non per i media e relative truppe cammellate in servizio permanente effettivo, non avendo alcun potere in quanto semplicemente non prevista dall’atto costitutivo dell’UE – l’unico con il quale riuscisse a instaurare un dialogo fosse proprio l’attuale inquilino dell’Eliseo.
Cosa succede, nevvero – per citare un vezzoso intercalare di Sandro Pertini – a essere tanto bene abiutati ad avere come controparti, asserite opposizioni rumorose quanto un fragore di piume che si scontrano nell’aria, più occupate a tacitare il dissenso che a costruire un vero e concreto e costruttivo progetto politico alternativo…

Cesare Stradaioli