POLITICI (E) CRIMINALI

Un qualunque esperto di armi sa che la vittima di un colpo di fucile da caccia, nella migliore delle ipotesi perde un arto: e se il colpo non è immediatamente mortale, nella gran parte dei casi porta a un’emorragia talmente grave e diffusa da lasciare pochissimo margine di sopravvivenza.

Ora, quando un cittadino acquista un fucile da caccia, è o dovrebbe essere edotto ed esperto da prendere quel minimo di precauzioni – mai tenere il colpo in canna e cose del genere – tali da lasciare margini quasi inesistenti a un possibile incidente. Questo, nel caso intendesse utilizzare l’arma al solo scopo per il quale viene costruita, vale a dire l’attività venatoria. Se, invece, si vive in casa con la riserva mentale che, in caso di necessità, l’arma possa essere utilizzata anche ad altro scopo, allora il discorso è del tutto diverso, al di là di quello che ognuno pensa della caccia.

Nel diritto penale esiste un particolare aspetto che studia e regola un comportamento che porta a una conseguenza non direttamente voluta, ma ragionevolmente prevedibile: si tratta del cosiddetto dolo eventuale. Il classico caso di scuola, che si trova in qualsiasi manuale di diritto penle, è quello della persona che viene disturbata in ora notturna dal chiasso provocato dal sottostante bar frequentato da persone che non rispettano il riposo altrui. Il Tizio, denominato per l’appunto Tizio, esasperato, non avendo avuto esito le richieste di fare silenzio, afferra un vaso da fiori e lo getta dalla finestra: tre piani più sotto, il vaso da fiori colpisce uno dei rumorosi avventori che muore per il trauma cranico. E’ evidente che il signor Tizio, cittadino irreprensibile ed incensurato, non desiderasse la morte del cliente del bar e che con il suo gesto, per quanto poco urbano, intendesse solo fare valere il proprio, legittimo, dirittto al sonno, spaventando un po’ gli screanzati nottambuli: ma, avendo gettato in preda all’ira un pesante oggetto, senza sincerarsi di fare solo paura e non fare del male a nessuno, non potrà certo dire che tutto si sarebbe aspettato tranne che di colpire qualcuno. E’ dolo, ma indiretto: non volevo, ma mi sono assunto il rischio che potesse accadere con ragionevole prevedibilità.

Ecco che, allora, il ristoratore di Casaletto nel Lodigiano, al fine di impedire che qualcuno rubi a casa propria, non avendo né tempo né opportunità di chiamare la forza pubblica, ritiene essere suo diritto impugnare un’arma altamente micidiale come un fucile da caccia e, non limitandosi a brandirlo come minaccia, lo carica (o lo tiene carico da prima, poco cambia) e spara, uccidendo uno dei ladri. In base non solo alle conoscenze di esperti, ma anche a quello che può essere un ragionvole livello di immaginazione di ciascuno di noi, tutto potrà dire e tutto gli sarà consentito di dire, tranne che mai più si sarebbe immaginato che un colpo di fucile da caccia potesse provocare la morte di un essere umano.

La giustizia si occuperà del destino di questo signore, per il quale umanamente provo molta pena: ha già ricevuto e riceverà solidarietà da svariate persone, le quali tutte hanno in comune fra loro – e di diverso da lui – che ogni prossima notte non dovranno ricorrere a tranquillanti per prendere sonno, con la coscienza di avere ucciso un uomo. Che, poi, il bottino fosse un sacco di sigarette o soldi o gioielli, del mio punto di vista non cambia. Criminale non è lui, povero disgraziato incattivito come questa società, il quale pure dovrà subire conseguenze giudiziarie e neppure quei quattro morti di fame che hanno lasciato per terra uno di loro solo per aver cercato di rubare delle sigarette: criminali sono tutti quei politici che inneggiano all’autodifesa e coloro che ideano, producono e dirigono indecenti programmi televisivi criminogeni.

Criminali sono rappresentanti di partito, figure istituzionali e firme del giornalismo che giustificano la loro miserabile esistenza e la loro ancora più vergognosa prebenda pagata dal contribuente basandosi sull’ingenerare paura, ansia, rancore e odio nella cittadinanza, alimentando furore e disprezzo verso l’altro, inoculando nella popolazione giorno dopo giorno, anno dopo anno, articolo dopo articolo, speciale tv dopo speciale tv una malattia terribile e invasiva che rende le persone cieche e sorde a quei minimi richiami di civilità e di convivenza e che arriva a giustificare l’uso delle armi, anche a costo di togliere una vita, per difendere la ‘roba’, di verghiana memoria. E l’aspetto più orribile e grottesco del tutto e quasi tutti costoro si proclamano difensori della vita e della famiglia, nello spendere il proprio nome contro l’aborto o contro la libertà di coscienza di tutti quegli sventurati come Eluana Englaro o l’ultimo disgraziato dj che a causa loro sono stati costretti a scappare, nascondersi, rifugiarsi altrove, dove la civiltà non è un concetto un tanto al chilo.

Criminali sono tutti coloro che urlano, animali bavosi da schermo delle disgrazie, che berciano, che straparlano di diritto alla proprietà da anteporre alla vita di una persona e poi, nel privato e nel pubblico brandiscono la propria religiosità andando a difendere la famiglia contro i gay o presentandosi in chiesa la domenica appena appena ripuliti con una cravatta da quattro soldi e male annodata, col culo lavato di fresco e la coscienza lurida a fare da testimoni contro satana per il proprio figlioccio. Criminali sono LORO, che rimestano nella parte peggiore della coscienza sociale, additando lo straniero, il ladro, l’extracomunitario come il vero e unico responsabile della precarietà della vita e delle sofferenze altrui – ché le loro sono garantite da un sistema marcio e autoreferenziale; che cavalcano ogni possibile infelicità presentandosi come unici fra tutti in grado di garantire sicurezza e serenità, quando le loro altrimenti inutili e disgustose esistenze sparirebbero senza lasciare traccia nemmeno all’interno dei loro nuclei familiari, se non regnassero insicurezza e ansia, da loro stessi alimentate e sfruttate.

Ecco un altro cittadino qualcunque che ammazza un uomo qualunque. Fra pochi mesi il tutto sarà dimenticato, a parte le conseguenze processuali per il ristoratore, che magari vivrà il suo quarto d’ora di notorietà (che maledirà, c’è da scommetterci una cifra, se è la persona normalmente sensibile che sembra essere), per poi rimanere da solo con la coscienza di avere spento una vita: solo, lui, come tutti gli altri cittadini che al calar del sole si barricano dentro casa, dietro un muro di cinta, lasciando fuori il cane da guardia e le proprie coscienze – e molti di loro anche la propria cristianità e tanti saluti all’amore per il prossimo e alla carità – preferendo tenersi sotto il cuscino un’arma da fuoco, fino a quando accadrà nuovamente che il prossimo esercente si stupirà del fatto che la propria arma abbia ucciso qualcun altro, ignorando la logica elementare che se un’arma non c’è, difficilmente parte un colpo.

Perché, no, signora Giorgia Meloni, nessuno deve avere il diritto di uccidere se qualcuno entra in casa per rubare. Esiste un codice penale – scritto da un Guardasigilli con il quale lei reclama qualche identità di vedute, ma che al suo confronto pare un illuminato pensatore libertario – che stabilisce precise norme. Troppo importanti per essere lasciate in balia della decisione e del voto di gente come lei.

Poi ognuno se la veda con la propria responsabilità, ma si abbia almeno la decenza di dare nome e cognome precisi ai veri, autentici criminali che appestano il nostro Paese – nel quale sono nati, cresciuti e (evidentemente) malissimo educati alla civile convivenza.

Cesare Stradaioli