NON NE HANNO IL DIRITTO

Non ne avete il diritto.
Potessi incontrare, anche uno per uno, tutti coloro che, avendo un passato di elettore di sinistra, nelle recenti elezioni amministrative in Umbria e nelle precedenti europee, politiche e regionali, hanno votato la Lega di Salvini o Fratelli d’Italia, lo ripeterei fino allo sfinimento: non ne avete il diritto.
Avete il diritto – e non sono certo io a conferirvelo: ognuno di noi, in questo Paese, nasce dotato di questo arnese – di prendervela con chiunque.
Avete il diritto di criticare la Sinistra, sotto qualsiasi forma si presenti: l’assessore, il parlamentare, lo scrittore, l’intellettuale, il giornalista, il regista, fosse anche l’amministratore del condominio. Senza fare sconti a niente e nessuno; questo governo, tutti gli altri degli ultimi quarant’anni nei quali, in un modo o nell’altro, ne facesse parte un’idea di Sinistra, e più indietro, fino al PCI di Berlinguer, al leader scomparso stesso, alla deriva da aperitivo del PSI craxiano e ancora più nel passato, le scellerate opzioni su divorzio e aborto.
Avete il diritto di andare sotto casa di ognuno di loro, a protestare, a rinfacciare questa o quella scelta strategica, questa o quella alleanza, questa o quella campagna elettorale, fino a giungere a fare le pulci nei dettagli a questa o quella cosa detta, intenzionalmente o meno, a mezza voce e perfino nel sonno; chi si trovi oggi a rappresentare la Sinistra, non se ne adonti: anche in politica esiste la successione, testamentaria o meno e nessuno se ne chiami fuori. Oppure torni a vita privata. Le manchevolezze di chi viene prima possono e debbono ricadere su chi prenda il suo posto.
Avete il diritto di fermarli per strada – e, tanto per cominciare, protestare contro le indecenti scorte che, lungi dal proteggere il personaggio, di fatto lo allontanano dai suoi elettori e anche da coloro che intendono rivolgergli un più che legittimo appunto – e rovesciare loro addosso la vostra indignazione per la corruttela, per la precarietà della vita vostra e di quelle di parenti, amici, conoscenti; di chiedere loro conto di cosa sia stato fatto e perché, oltre a cosa non sia stato fatto, con relativa spiegazione.
Avete il diritto di far notare loro a cosa abbia portato l’abbandono degli ideali, delle tematiche progressiste; a cosa, a chi abbia portato l’abbrutimento del loro livello culturale; la narrazione sul cosiddetto ‘partito liquido’ – che se, oltre che un’idea politica squinternata, non fosse un’immagine idiota in se e soprattutto facilmente accostabile a determinate funzioni organiche, sarebbe anche buffa e invece è tragica; la deficitaria critica alla professionalità della politica, incredibilmente paragonabile alla sciocchezza anni ’70 della ‘musica ai non musicisti’ (se non che, la maggior parte di coloro che la pronunciavano aveva vent’anni e tutte le scusanti del mondo); l’appiattimento totale per quanto acefalo alle coordinate di mercato e badate bene di ricordare loro che Renzi è uno degli effetti, non la causa, di una simile sciagura.
Avete il diritto di chiedere conto, subito, non alla prossima campagna elettorale, delle privatizzazioni, dei costi umani e materiali dell’aver consegnato ai privati (i quali, anche operando onestamente, prima di tutto devono rendere conto agli azionisti e non ai cittadini) le chiavi di questo Paese, con la conseguenza, fra le altre, di avere, riguardo a energia, telefonia, internet, le tariffe grottescamente più alte in Europa.
Avete il diritto di prenderli uno per uno, rappresentanti sindacali inclusi – e, vorrei dire, per primi – una volta la giorno tutti i giorni della settimana e due volte alla domenica, anche per strada; avete il diritto di farlo anche mentre sono a pranzo o stanno facendo la spesa, perché per chi fa politica o si occupa di tutele sindacali non esiste il ‘fuori servizio’, privilegio riservato a chi lavora; e quando li disturbate, avete il diritto di rinfacciare loro tutte le scelte, fatte e mancate, avete il diritto di gettar loro addosso un quotidiano qualsiasi che parli di disoccupazione, giovanile e non, delle stragi sui luoghi di lavoro (e anche sulla via per andarci o da cui fare ritorno), dei disastri geologici, della metastasi criminalità organizzata, progredita in ogni ganglio statale, dell’ignoranza di ritorno, del predominio assoluto e incontrastato per quanto indiscusso e indiscutibile della pubblicità nelle vite di chiunque, dell’incapacità, reciproca, fra loro e le istituzioni europee, di quanto meno imbastire un dialogo e un’azione che possa degnamente chiamarsi politica e via discorrendo.
Avete, infine – tenendo a mente Rousseau quando sosteneva come i cittadini inglesi avessero una percezione errata della libertà di cui godevano o credevano di godere: la quale, in realtà, secondo lui si realizzava solamente per un giorno ogni quattro anni, quando si recavano alle urne per votare; il resto del tempo, fino alle elezioni successive, altro non era che delega, per lo più cieca e scarsamente interessata a cosa portasse – il diritto di rifiutarvi di votare, esercitando tale libertà anche in questo modo. Di manifestare la vostra protesta annullando la scheda, stracciandola davanti al seggio, cosa che qualifico come civilissimo modo di indignarsi, scrivendoci sopra quanto più riteniate politicamente opportuno, arrivando fino a pretendere legittimamente che non tanto l’astensione, quanto l’annullamento del voto sia conteggiato come manifestazione precisa e determinata del potere che il popolo, stando alla Costituzione esercita, proprio attraverso il sistema elettorale.
Di tutto questo, avete il diritto: e non pare poco, davvero.

Ma non avete il diritto di orientare il vostro voto a chi anche solo giustifica e propala – nel concreto ne fa pratica – il fascismo, la xenofobia, la discriminazione razziale e di genere, il terrore sociale, l’odio verso l’identità diversa, l’antisemitismo, il giustificazionismo, il revisionismo storico. E’ chiaro: ognuno parli e soprattutto ascolti la propria coscienza e quel barlume rimasto di legge morale che porta con sé; ma, a meno che non siate voi stessi, intimamente convinti di essere quello che sono e che mettono in atto quelli che avete votato – in questo caso, non solo avreste piena facoltà di votarli: vi spetterebbero, con pieno merito reciproco, aggiungerei – non avete il diritto di votarli.
Voi, specie nelle Regioni storicamente guidate da amministrazioni di sinistra o, comunque, progressiste e illuminate, che siete cresciuti nel progresso sociale, nella promozione e attuazione della cultura per chiunque, nell’emancipazione dalla povertà, nel dialogo, in una politica tesa fare uscire l’Italia dal provincialismo e dall’arretratezza, voi che da tutto questo avete avuto infinitamente più di quanto avevano i vostri e nostri padri e nonni (o che, per limiti culturali, non volevano o ritenevano di non averne bisogno), con in più la seconda o terza auto, il secondo o terzo abbattitore per il pesce, l’idromassaggio, il ventesimo cellulare, le doppie vacanze, la migliore sanità al mondo, ma anche se solo aveste fatto solo un passo in avanti – là dove, in altre realtà regionali, se mai di passi ne sono stati fatti indietro; voi che non potete sottrarvi all’obbligo di guardare cosa succede al di fuori del cortile di casa, qui in Italia e soprattutto nel mondo, non avete il diritto di votare il peggio, solo perché avete o credete di avere per strada un certo numero di esseri umani fuggiti dalla guerra e/o dalla fame, perché viene tassata l’auto in regalo al primogenito, perché le Procure, oltre che alla cosiddetta ‘casta’ (peraltro eletta e non al potere a seguito di un colpo di stato), hanno rivolto attenzioni e indagini verso qualche vostro amico o conoscente, dato che se c’è un corrotto – politico – ci sarà pure un corruttore – privato cittadino – o semplicemente perché qualcuno di sinistra (tantissimi, bisogna dirlo) dice stupidaggini.
Non ne avete il diritto, per il semplice motivo che le ragioni per cui l’avete fatto e, verosimilmente, lo farete ancora, sono indegne, vili, meschine, indecenti e, detto da agnostico, scarsamente empatiche e misericordiose, considerato che molti di voi alla domenica si recano alla santa messa; ragioni basate sul rancore, la rivalsa cieca e sorda, il risentimento, l’utilitarismo personale, l’egoismo, la totale mancanza di senso sociale e di solidarietà, l’attaccamento a privilegi fondati anche sullo sfruttamento di persone e risorse lontane e, infine, sulla vergognosa mancanza di memoria su come vivevano tanti prima di noi, costretti a migrare.
Avete il diritto – e, per il poco che possa valere, sono con voi – di voler mandare a casa tutti coloro che, pretendendo di essere di sinistra e in questo nome di governarvi, si manifestano inadeguati, pavidi, neghittosi, intimamente corrotti anche senza percepire denaro, ignoranti, mendaci.
Non avete, però, il diritto di sostituirli con gli altri. Con QUEGLI altri: quando va bene liberali a parole e in realtà profondamente assistenzialisti nel loro vacuo e ridicolo tentativo di identificarsi in quella che un tempo si chiamava ‘destra sociale’. Incapaci di essere una Destra seria o, meglio, per nulla interessati a diventarlo, dato che il consenso di cui godono è in gran parte frutto di disinformazione, sciacallaggio politico, puro e semplice sfogatoio di frustrazioni generalizzate.
Poi, come ripeteva Fortini, ognuno coltivi il proprio giardino e spazzi davanti alla porta di casa propria. Per legge si presume che, in quanto aventi diritto al voto, siate maggiorenni e adulti, sicché non v’è bisogno di ricordare, a ognuno di voi che in passato ha votato la propria e altrui promozione sociale, che a ogni azione corrisponde una conseguenza: più di una, talvolta.

Cesare Stradaioli