IL LIBRO DEL MESE DI NOVEMBRE consigliato dagli Amici di Filippo

E’ una storia ignobile, quella che ci racconta Roberto Curci in questo scritto, che più che un libro è una passeggiata in un museo di fantasmi. Ignobile e pure sbagliata, come suggerisce la seconda di copertina. Ignobile perché la delazione è, per definizione, infame, indegna, sporca ma di quello sporco che non può trovare giustificazione, tutt’al più qualche spiegazione. E sbagliata in quanto che sia un ebreo – ma sarà, poi, stato uno solo? Ci torneremo – a consegnare, in prima persona, altri ebrei alle SS che gestiscono quello che, una delle tante smemoratezze nostrane, è stato un campo di sterminio (non di concentramento, attenzione, non solo), anzi IL campo di sterminio italiano, cioè la Risiera di San Sabba a Trieste, concettualmente non può essere ‘giusto’, se le parole ancora hanno un senso.

Tutto comincia dal titolo, in via San Nicolò 30 nel cuore di Trieste, a due passi da Piazza Unità, dalle Rive e dal Viale (Viale XX Settembre è, per definizione, solo il Viale, tanto quanto Piazza Unità d’Italia è Piazza Unità e tanti basti), un incredibile incrocio storico che nel giro di pochi decenni ha visto vivere e lavorare James Joyce, nascere il primogenito Giorgio, Umberto Poli (poi Saba) nella sua libreria tutt’ora aperta e la sartoria della famiglia Samuele Grini.

Le famiglie Poli e Grini sono imparentate, nella comune radice ebraica e quasi tutti i nomi che si trovano in questa galleria delle tristezze sono ebraici. E tutti costoro, tutte queste persone scomparse, per lo più nei forni della Risiera o partite per i lager in 700 e tornate in poco più di venti, perfino i carnefici scomparsi – e, lo sappiamo, non sono pochi quelli poi riapparsi in Sudamerica o, peggio negli USA al soldo dell’anticomunismo – sono ricondotti a un nome, quello di Mauro Grini, il figlio della dinastia di sarti, il quale denunciò, perseguitò perfino in prima persona, fino a Venezia, fino a Milano, fino a Varese le famiglie di ebrei triestini ai quali promise la salvezza in cambio di denaro e che, per contro, quasi tutti mandò alla morte.

Tale fu l’infamia del Grini, che secondo i documenti ritrovati (“si sono accusati da soli” ebbe a dire nella requisitoria finale il Pubblico Ministero del processo di Norimberga, alludendo alla maniacale cura con la quale veniva registrato tutto), ebbe a denunciare perfino la famiglia; la quale, però, secondo testimonianze pressoché conformi, di fatto proseguì la propria attività all’interno della Risiera, cucendo divise per militari e detenuti e, probabilmente, agendo quasi da kapò, se è vero come è vero che tutti tornarono alla libertà. Tutti, forse, perché del Mauro Grini, condannato a morte in contumacia nel 1947 dalla Corte d’Assise di Trieste, rimasero solo i vestiti ammucchiati in uno stanzone, insieme a quelli degli altri morti, il che può significare due cose: o passò anche lui per il camino della Risiera, condotto a morte dagli stessi aguzzini (evidentemente anche loro odiavano i doppiogiochisti e non se ne fidavano, vista la mala parata), oppure il ritrovamento fu in realtà un abbandono, per dare a intendere una morte che non avvenne. Non in quel momento e non in quel luogo, comunque.

Ma, al di là della cupa vicenda umana di questa famiglia (che a guerra finita tornò in via San Nicolò, a riprendere l’attività di sartoria come se niente fosse stato), che getta non poche ombre sullo scrittore ebreo Umberto Poli – che, diventato Saba non tenne un profilo esattamente cristallino, ma ormai sono passati tanti anni – quello che rimane, che a libro chiuso lascia un senso di sgomento è constatare come, se la delazione è sempre esistita, è altrettanto vero che un tiranno, un macellaio, un programmatore di sterminio è UNO: c’è stato un solo Hitler, un solo Himmler, un solo Goring, un solo Goebbels. Di Grini, di spioni, di forcaioli antisemiti, di volenterosi carnefici di Hitler (dei quali ha scritto Daniel Goldhagen) ce ne sono stati migliaia, forse milioni e non è davvero un bel pensiero da fare, intorno all’umanità, aggettivo o sostantivo che si voglia intendere, quando la moltitudine abbrutita dalla propaganda diventa quella spaventosa bestia chiamata massa. Anche perché, in numero altrettanto uguale se non superiore, si contano coloro i quali alla fine di ogni conflitto (ma noi italiani siamo un po’ specializzati in questo) praticano il chi ha avuto ha avuto chi ha dato ha dato scurdammoce ‘l passato, nun ce penzamme ‘cchiù, miserabile e opprimente coperta che tutto nasconde, tutto sbiadisce, tutto dimentica.

Fino al massacro successivo.

 

 

Cesare Stradaioli

Roberto CurciVia San Nicolò 30, Traditori e traditi nella Trieste nazista – il Mulino, pagg. 160, €15