GLI 11 SETTEMBRE SONO TUTTI UGUALI, MA QUALCUNO E’ PIU’ UGUALE DEGLI ALTRI

Lo so bene.
A fronte del mio sdegno nel vedere e sentire una parata celebrativa, con tanto di inno americano, al cospetto di un mausoleo dotato di due sbarre di ferro facenti parte di una delle due torri del WTC (improvvidamente acquistate anni or sono dalla municipalità della città in cui vivo abitualmente), sdegno che stava per indurmi ad avvicinarmi e gridare dove e quando avremmo avuto un mausoleo anche per l’altro 11 settembre, incomparabilmente più grave e nefasto di quello newyorchese – dove migliaia di persone persero la vita e altrettante famiglie l’ebbero irreparabilmente compromessa, mentre a Santiago si consumava una tragedia di portata storica che di vite e di famiglie distrutte e di ideali (e non solo in Cile) ne avrebbe contate a decine di milioni – un eminente storico comunista quale Luciano Canfora mi avrebbe dato dell’imbecille.
(Non ho la fortuna di conoscerlo di persona, ma dai gesti e dalla voce che gli vedo e sento in televisione e alla radio, mi dà l’idea di persona pacata e fredda, non di meno capace di sanguinose offese, quando necessario)
E mi avrebbe verosimilmente detto che lamentarsi di quanto storicamente inevitabile accade – necessario, l’avrebbe definito il barbuto di Treviri: Wim Wenders diceva, per bocca di un suo attore, che gli americani ci hanno colonizzato il subconscio – equivale a prendersela col temporale che manda in malora una giornata al mare da tempo programmata e che, invece di sbraitare come un italiano fazioso, sarebbe stato maggiormente meritevole felicitarmi per il quarantesimo compleanno, che cade nello stesso giorno, di un calciatore fra i miei preferiti – Dejan Stankovic, tanto per non fare nomi.
E avrebbe avuto ragione.
Tuttavia, affermo senza discussione, che invece di lanciare un paio di imprecazioni ben assestate contro il maltempo, si debba pure accogliere con gioia la piogga che tutto guasta, incluso l’umore, da me come da altri nessuno abbia diritto di pretenderlo.
Neanche Luciano Canfora.

Cesare Stradaioli