COSA INTENDEVO DIRE – risposta in forma di precisazione

Ho pensato di non essermi spiegato, nel mio ultimo post e quindi sono andato a rileggermelo, pure dopo averlo letto e riletto in precedenza, come faccio di solito, prima di mettere qualcosa sul sito. Come deve fare chiunque si rivolga pubblicamente a un indeterminato numero di persone.
Ebbene, dopo avere riesaminato, parola per parola quando ho scritto, dico che non mi pare di avere lanciato un allarme sul fascismo dietro l’angolo. E questo per il semplice motivo che, concordo in pieno, per quello che è stato e cosa abbia rappresentato fino al 1943, il fascismo è morto e sepolto.
D’altra parte, solo uno sciocco potrebbe pensare, 75 anni dopo, di intravvedere una qualsiasi forma politica, dotata di una certa base elettorale nonché di una notevole – chiamiamola pure così – forza persuasiva, che presentasse le medesime forme e coordinate del regime che prese il potere nel 1922: quelle forme, quelle coordinate sarebbero oggi improponibili, quanto meno in Europa, dove sarebbe impensabile anche un golpe dei colonnelli come accadde in Grecia nel 1967, con dittatura annessa e connessa.
Ho prospettato e proposto, nel mio intervento, un modo del tutto diverso di porsi nei confronti di quello che ho chiamato problema di igiene pubblica; per ricorrere al termine che ho usato, ‘liquame’, posso affermare senza tema di smentita che, al momento attuale, il trattamento e lo smaltimento delle acque cosiddette ‘scure’, non costituisca una emergenza: non di meno, ritengo di non incorrere neanche qui in alcuna smentita, se affermo che dialogare con la merda sia a) insensato, b) inutile e c) degradante per chi lo fa e, dunque, che non sia il caso di conferire dignità e rispetto a quella specifica materia organica. 
Peraltro, quanto al fatto che, in forme diverse, si prospetti una serissima problematica sociopolitica che, su questo dissento in maniera totale, non si presenta riservata a pochi pazzoidi facinorosi (allo stesso modo in cui il fenomeno della violenza negli stadi e fuori dagli stessi non sia certo un problema di quattro delinquenti che con lo sport non hanno nulla a che vedere, come ripetono scelleratamente presidenti di società e molti giornalisti), penso che sia il caso di fare ampie e approfondite riflessioni.

Certo che esistono i pazzoidi facinorosi: anzitutto, che in Europa non costituiscano un problema, io non andrei a dirlo alle 68 famiglie norvegesi i cui figli sono stati sterminati nel 2010 da un personaggetto più volte dichiaratosi nazista e, a sentirlo, tutt’altro che privo di intelletto e cultura. In secondo luogo, con retroterra ben più solido (e, per questo, molto ma molto più preoccupante di quattro bufali ignoranti, che probabilmente non hanno letto un libro in vita loro e, dunque, non sanno a cosa inneggiano quando inneggiano al fascismo), ci sono personalità anche accademiche, insegnanti, giornalisti e, sì, diversi politici che, per dirne qualcuna, si ostinano a negare l’esistenza della Shoah, che risollevano la testa a proposito delle cose buone che ha fatto il fascismo, che è ora di finirla col 25 aprile, come se fosse qualcosa capitato, per sbaglio, nel Mesozoico e cose del genere.
Ricordo, a titolo esemplificativo di quanto vado dicendo, come Gianfranco Fini, già presidente della Camera e dopo la scissione da Forza Italia addirittura ritenuto politico di ampie vedute e di sicura fede democratica, ebbe a definire Mussolini come il più grande politico italiano di sempre: correva il 1994, ieri l’altro.
In questo mazzo metto anche tutti coloro che, per sbadataggine, per conformismo, per ignoranza o volutamente, ogni qual volta scrivono e parlano sui mass media di Mussolini, fanno precedere al cognome il titolo onorifico di ‘duce’, spesso anche maiuscolo. Tutto fa brodo, tutto fa propaganda, tutto fa consenso elettorale.
A chi non ne fosse convinto, suggerirei caldamente di leggere ‘M’ di Antonio Scurati: è un testo di una certa lunghezza, ma a leggerlo ci si mette molto tempo non tanto per il numero delle pagine, quanto per le pause che quasi si è obbligati a prendere di continuo, riflettendo a quanto venga spontaneo paragonare, certo nomi e situazioni sono differenti, determinate situazioni di allora a quelle di adesso: Europa cinica e bara, odio verso gli stranieri, povertà, risentimento diffuso e indiscriminato, disuguaglianze economiche, coesione sociale in liquefazione, demagoghi tonanti e cose di questo tipo.
A tale proposito, vorrei chiedere a ciascuno di coloro che mi leggono, se per caso a scuola, abbiano avuto la fortuna di studiare a fondo il fascismo oppure (come è capitato a me e, ne sono convinto, a quasi tutti) se i programmi ministeriali di Storia di fermassero drasticamente al 4 novembre 1918. 
D’altronde, quella di non vedere alcuna traccia di fascismo, neppure rimodernato, suona sinistramente simile alla principale critica che Giuliano Ferrara muoveva alla magistratura e a una certa stampa quando, a proposito di Mafia Capitale, sosteneva di non vedere per le strade di Roma morti ammazzati o autobombe. Non li vedevo neanche io: purtroppo, la distonia stava nel fatto che fosse lui a voler vedere la mafia come quella che si presentava 30-40 anni fa e sbagliava di grosso la sua analisi. Succede, a essere faziosi. Cose del genere non succedono più e a parte il fatto che quando, a proposito di mafia o camorra, non si sente più parlare di stragi, regolamenti di conti e attentati a magistrati e forze dell’ordine, di solito ciò costituisce un bruttissimo segno, vale a dire che gli affari stanno andando alla grande, in ogni caso l’aggravante mafiosa è stata riconosciuta se non a carico di Massimo Carminati e la sua banda, a quella di Ostia.
Stiamo ancora aspettando un minimo sindacale di autocritica, da parte di Ferrara e dei suoi corifei.

Il senso è che non si sta certo presentando QUEL fascismo, QUEL regime, del tutto irrealizzabili in Italia oggi; in Ungheria e Polonia, non ci metterei proprio tutte le dieci dita delle mani, ma insomma non era quello che intendevo quando ho scritto l’intervento, bensì l’idea di dare un senso più pieno non solo alla semplice ricorrenza del 25 aprile (che molti non fascisti come Ignazio La Russa vorrebbero togliere alla Resistenza e intitolare ai caduti di tutte le guerre e non è neanche la peggiore cosa che si sente abitualmente dire in simili occasioni), ma a una mobilitazione culturale che formasse una seria opposizione a qualcosa che probabilmente ancora non c’è, ma che sarebbe da idioti aspettare che tornasse di nuovo, cento anni dopo, sotto altre spoglie, prima di dire “Oh madonnasantissima, come sarà potuto succedere?”. E’ una questione di precauzione, di prevenzione, sì di igiene pubblica: “E’ già successo, può succedere di nuovo” rispondeva Primo Levi a chi gli manifestava perplessità sulle suo pessimismo e penso di poter chiudere qui l’argomento.

[Non capisco, neanche alla ennesima rilettura, cosa c’entrino con il mio intervento le foibe – sulle quali, peraltro, ho già scritto poche settimane or sono – il dittatore coreano e i non meglio precisati ‘eredi di Fidel’, che poi sarebbero quelli che nel corso dei decenni hanno mandato centinaia di medici, studenti e laureati in scuole e università pubbliche e gratuite, in giro per il mondo a dare una mano – la chiamano solidarietà: io aggiungerei internazionalismo socialista – anche a New Orleans dopo Katrina e in Italia in queste settimane]

Cesare Stradaioli