‘All’armi, siam modernizzatori!’

Qualche riflessione sulla legge cosiddetta di riforma della Pubblica Amministrazione, approvata ieri da quello che il Presidente del Consiglio ha definito “il Parlamento più produttivo dal 1948 a oggi.” Ora, è vero che siamo nel terzo millennio, che le chiacchiere vanno a un tanto al chilo e che esiste la libertà di espressione: qualcuno, però, come ripeteva Filippo Ottone, se ne approfitta.

A parte il fatto che le riforme si valutano e non si pesano e neppure si contano (affermazione condivisibilissima, sentita ieri sera da Rosy Bindi, una dc … doc … se è consentito il gioco di parole e per piacere guardate come siamo messi se dobbiamo rifarci alla Bindi), a parte il fatto che anche De Gasperi avrebbe prodotto leggi a nastro se avesse avuto un partito di sinistra compiacente e supino – e non aveva la maggioranza parlamentare di Renzi – credo sia indispensabile uno studio attento della riforma. Ovviamente la cosa richiederà tempo e collaborazione, ma fin d’ora si possono fare due riflessioni, una stringata e una un po’ più articolata.

Quella stringata concerne l’abolizione del corpo delle Guardie Forestali i cui appartenenti confluiranno, a quanto sembra, nell’Arma dei Carabinieri. Cioè a dire che un certo numero di dipendenti statali, civili, saranno inquadrati all’interno del Ministero della Difesa, con tutto quanto ne consegue a livello disciplinare e gerarchico. C’è da chiedersi se i brillanti promotori e sostenitori di questa riforma abbiano valutato con attenzione e consapevolezza le ricadute di un simile cambiamento. Se la cosa vi pare di poco conto, e per di più da decidere il 4 di agosto…

La seconda riflessione riguarda il famoso e famigerato silenzio-assenso: uno dei tanti argomenti che, all’interno del Diritto Amministrativo, avvelenavano la vita degli studenti di Giurisprudenza che si apprestavano a sostenere l’omonimo esame. La vulgata – tipicamente renziano-marinettiana – è sempre la stessa: morte alla burocrazia, l’Italia risorge, fine dei lacci e laccetti, più libertà per il cittadino e le aziende, il Paese riparte, abbasso i disfattisti, i vecchi, quelli con la digestione laboriosissima. Mancano l’odore della benzina e la Nike di Samotracia e poi la saldatura è completa.

E’ noto come per determinate persone – il sottoscritto è una di queste – il solo sentire nominare la parola ‘libertà’ provochi reazioni alle volte sconsiderate, a dispetto delle rispettive età non più giovanissime: non è colpa nostra se il termine è stato, nei decenni, sputtanato dai peggiori mascalzoni che hanno ammorbato la vita, l’economia e la politica del nostro Paese e in genere dell’Occidente, ma tant’è. Tutto bello. Il cittadino o l’azienda si rivolge alla P.A. e nel giro di 90 giorni o questa risponde oppure c’è il semaforo verde. E sta proprio qui il problema, perché il silenzio assenso varrà per materie di importanza fondamentale quali la cultura o il paesaggio.

Perché il sospetto – e in Italia abbiamo non il diritto, IL DOVERE di essere sospettosi – è che questo sia un via libera per ulteriori, più gravi e definitivi scempi. Bastano 90 giorni per verificare se dietro quell’azienda che intende edificare un centro di dialisi, o potenziare un centro multiospedaliero tramite la costruzioni di nuovi reparti, vi siano delle brave persone oppure delle teste di legno della criminalità organizzata? Bastano 90 giorni per controllare se quel megafinanziamento al Colosseo o alla Torre di Pisa siano congrui e opportuni oppure se dietro non ci siano interessi multilaterali di dubbia moralità?

Le domande sono, evidentemente, retoriche: certo che no.

Ma il punto è che gli italiani per decenni sono stati afflitti dalla burocrazia in maniera talmente profonda e prolungata che qualsiasi provvedimento dia anche solo l’impressione di sveltire e modernizzare la vita del Paese viene accolta come benefica. E c’è chi si approfitta di questo malessere, come della libertà di espressione, e ne fa uso particolare, che finisce con l’essere privato e non pubblico.

E’ chiaro che la burocrazia esiste; chi non vorrebbe un’amministrazione più agile, produttiva, maggiormente al servizio del cittadino e dello Stato – e meno corrotta, aggiungerei, visto che di corruzione la compagine esecutiva non parla neanche se gli si pinzano le parti intime con degli elettrodi?

Il sospetto è che lo stato in cui è ridotta la P.A. non consentirà pressoché mai di operare verifiche, se fatte con criterio e professionalità e che, di conseguenza, una valanga di progetti andranno in porto senza il dovuto vaglio che una seria ed efficiente amministrazione ha il dovere istituzionale di compiere. E il tutto, questa è la cosa peggiore, in nome della modernizzazione.

Il sospetto – e la finiamo qui, per ora, ma la riprendiamo – è che sotto l’usbergo della sburocratizzazione (come sotto quello della libertà) si celino interessi direttamente attinenti al vero centro di potere politico ed economico del nostro Paese, la criminalità organizzata, che si serve di ignari portavoce (diamo loro il beneficio dell’onestà, sia pure sotto condizionale) quali il ministro Guidi, il ministro Poletti e altri – il ministro Madia neanche lo menzioniamo essendo, come il Ministro Orlando, una pura entità ipotetica, considerato il peso politico e personale – per perseguire specifici e criminali fini, cavalcando il malcontento e la stanchezza di milioni di persone che la Storia ci insegna, sistematicamente ma a quanto sembra nessuno impara, essere il carburante politico delle peggiori svolte epocali.

Cesare Stradaioli