Alberto Andrioli in merito all’articolo di Elena Cattaneo – repubblica

Qualche considerazione sugli ogm in agricoltura

 

Per chi si occupa di agricoltura per lavoro, come il sottoscritto, la questione degli organismi geneticamente modificati, gli ogm, è pane quotidiano da circa 20 anni, ma la maggior parte dell’opinione pubblica questa parola ha cominciato a sentirla o leggerla solo da pochi anni, quasi sempre con una connotazione negativa e associata a locuzioni quali «cibo Frankenstein» o simili.

Il mondo politico, in particolare, si è distinto in questo campo, trasformando una questione che è innanzi tutto scientifica in esclusivamente ideologica.

Proprio per questo, prima di entrare nel discorso tecnico è meglio chiarire subito la mia posizione: non sono un fanatico degli ogm, che non sono certo la panacea di tutti i mali; ritengo che come qualunque ritrovato della scienza possa essere utile oppure no secondo i casi, ma ritengo pure che per parlarne bisognerebbe saperne qualcosa. Il che, purtroppo, non accade spesso.

Dal 1996, quando vennero piantate le prime varietà geneticamente modificate, la crescita di questo tipo di coltivazione è stata continua: nel 2014 si è arrivati a circa 181 milioni di ettari in 28 Paesi del mondo, Usa e Brasile in testa, e 18 milioni di agricoltori coinvolti.

In Europa è permessa la coltivazione solo del mais Bt e di una varietà di patata da amido, ma in pratica solo la Spagna ha numeri significativi, circa 130 mila ettari di mais.

Attualmente nel mondo sono ogm il 68% del cotone, l’82% della soia, il 30% del mais e il 25% del colza. (www.isaaa.org)

In Italia, attualmente, è vietata la coltivazione di ogm, così come la sperimentazione in campo aperto (vietata da Pecoraro Scanio nel 2000). Il discorso cambia quando si parla di consumo: la vendita di prodotti che contengono ogm non è vietata, ma la loro presenza deve essere indicata in etichetta se supera lo 0,9%. Se però un animale viene nutrito con mangimi che contengono ogm la cosa non viene indicata sull’etichetta di carne, latte, formaggi, prosciutti e altri derivati.

Poiché l’Italia importa la maggior parte di mais e soia destinata ai mangimi significa, in pratica, che da anni mangiamo cibi derivanti da ogm.

Fatti e bufale

Quelli esposti finora sono fatti. Poi ci sono le opinioni, tutte ovviamente lecite, se coltivare ogm sia utile oppure no. Tutte rispettabili purché non si fondino su falsità scientifiche o statistiche.

Di seguito elenco alcune delle bufale più gettonate.

° Gli ogm sono sterili per cui gli agricoltori sono costretti a ricomprare ogni anno i semi.

Qualunque seme ogm potrebbe essere riseminato ma, a parte i problemi di brevetto, questo non accade per diversi motivi. Per quanto riguarda il mais, per esempio, la spiegazione è semplice e riguarda anche il mais non ogm: al giorno d’ oggi qualunque agricoltore professionale usa semi ibridi, molto più produttivi, ma nessuno usa parte del raccolto per seminarlo l’anno successivo perché il risultato in campo sarebbe molto inferiore. Si perde infatti quello che viene chiamato «vigore ibrido». Per quanto riguarda i semi non ibridi, anche non ogm, spesso si preferisce comunque comprare sementi selezionate e certificate per avere la garanzia di una produzione migliore. Questo accade da decenni, ben prima della comparsa degli ogm: l’Ense (Ente nazionale sementi elette) è nata nel 1954.

Chi fa questa affermazione (ad esempio il M5S) cade poi anche in una contraddizione logica: se gli ogm fossero sterili non ci sarebbe ovviamente alcun pericolo di contaminazione in campo.

° I contadini indiani si suicidano per colpa degli ogm.

Questa è la balla preferita di Vandana Shiva (che, nonostante quello che spesso si legge non ha MAI VINTO IL PREMIO NOBEL). Peccato che sia smentita da tutte le statistiche ufficiali, le stesse da cui lei prende il dato che le fa comodo (15.000 suicidi l’anno) dimenticando di osservare che la percentuale era la stessa, anzi un po’ più alta, già a fine anni 90, quando il Governo indiano ha cominciato questo genere di rilevazione, mentre il cotone ogm hanno cominciato a coltivarlo nel 2002.

Del resto la stessa Panzana Shiva denunciava il fenomeno nel 1999 (Economic and Political Weekly March 6-13, 1999) e poi, cinicamente, ha cambiato versione per sostenere le sue tesi. Questa è solo una delle tante balle sulle quali la signora ha fondato le sue fortune mediatiche: una ciarlatana che, sull’ultimo Venerdì di Repubblica, Curzio Maltese (un altro che di questi argomenti non sa nulla…) definisce «una grande intellettuale».

° La fragola pesce.

Questa è la specialità di Mario Capanna e di Beppe Grillo. Quest’ultimo nei suoi spettacoli di qualche anno fa, visibili su youtube, impugnando sul palco un merluzzone andava urlando che 50 giovani sono morti perché, allergici al pesce, avevano mangiato fragole modificate geneticamente con un gene di merluzzo per resistere al freddo. Peccato che questa fragola non sia mai stata prodotta, né brevettata, né seminata, né tantomeno mangiata. E non più tardi di un mese fa, a un corso di aggiornamento per giornalisti, il «docente» (giornalista de La Stampa) l’ha spacciata per vera.

° Gli ogm ci rendono schiavi delle multinazionali.

Io ho sempre odiato le multinazionali però… Premesso che i brevetti scadono dopo 20 anni, la stragrande maggioranza dei semi che gli agricoltori comprano, ogm o no (parliamo di grandi colture ma anche di orticole) sono prodotti dalle multinazionali e d’altra parte se continuiamo a bloccare la ricerca italiana quale sarebbe l’alternativa? Prima di Pecoraro la ricerca pubblica italiana era all’avanguardia.

E perché nessuno chiede la messa al bando delle mele PinkLady (e altre varietà club), che non sono ogm ma sono però coperte da un brevetto molto più pesante?

Se nel mio campetto voglio seminare qualche vecchia varietà che rende un decimo di quelle recenti posso ovviamente farlo, ma se con quello che ricavo dai miei campi ci devo vivere la questione cambia.

Quando personaggi come Carlin Petrini, per molti versi stimabili, vagheggiano l’agricoltura di una volta, famigliare e atecnologica, come un eden da recuperare, parlano di un’epoca felice che non è mai esistita.

L’elenco potrebbe essere molto più lungo e, se a qualcuno interessa, il dibattito può continuare.